Integrazione totale nell’universo Google. Dimensioni maxi, prezzo maxi. E una fotocamera posteriore rimarchevole. Com’è lo smartphone di Mountain View
A qualcuno piace Vanilla: ovvero Android puro, come Google comanda. Per loro a Mountain View erano nati i Nexus, telefoni essenziali nel prezzo e nella dotazione capaci però di regalare tante emozioni (positive). Poi i Nexus sono finiti in soffitta e sono arrivati i Pixel: sempre smartphone con Android puro, ma che invece puntano alla fascia alta del mercato. Dallo scorso anno i Pixel si possono comprare anche in Italia, e quest’anno abbiamo messo alla prova il Pixel 3XL: per capire dove e come lo sviluppo di Google nel campo degli smartphone sta andando.
La voglia di distinguersi
Tutti vanno sul lucido per le finiture? Google punta al satinato. Tutti mettono due, tre, o persino quattro fotocamere sul posteriore? Google ne mette una sola, perché tanto basta e avanza (almeno così la pensano a Mountain View). L’intelligenza artificiale la fa da padrone? Big G qui ha parecchi assi nella manica da giocare, visto che gestisce tra i più grandi datacenter al mondo ed è decisamente al passo con lo sviluppo dell’AI.
Poi però ci sono anche dei compromessi: per esempio quest’anno anche il Pixel 3XL cede al notch, alla tacca nella parte alta dello schermo, ed è anche una delle più grosse in circolazione. A parziale consolazione va detto che contiene ben due fotocamere frontali, di cui una grandangolare. Lo schermo è maxi, OLED (ed è decisamente migliore di quello dello scorso anno), e supera abbondantemente i 6,3 pollici come da tendenza generale. Quello su cui non si fanno compromessi qui è l’audio: il Pixel 3XL suona proprio bene, ha uno degli altoparlanti (doppi) migliori su piazza.
Tra le altre novità da segnalare, senz’altro la ricarica wireless: Google ha scelto la tecnologia Qi e segue il protocollo da 15W, quindi ricarica rapida anche senza fili, e in particolare funziona molto bene il Pixel Stand. Si tratta di una base di ricarica che per estetica ricorda le linee del Pixel, che è compatibile con qualsiasi smartphone dotato di ricarica wireless ma che solo con il Pixel 3 fa qualcosa in più.
Di fatto lo Stand trasforma lo smartphone in un oggetto più smart, una sorta di Google Home con lo schermo che può arricchire l’esperienza d’uso per esempio piazzandolo sul comodino come fosse una radiosveglia di nuova generazione. Per esempio al mattino può riattivarci con lentezza grazie a una sorta di alba artificiale, lo schermo che si illumina di giallo sempre più chiaro a mano a mano che si avvicina l’ora della sveglia. Oppure ci si può far coccolare alla sera, dopo aver dato la buonanotte all’Assistente, con rumori della natura in sottofondo e una routine che può comprendere le previsioni meteo e altre informazioni utili prima di farsi conciliare il sonno.
L’AI e l’effetto WOW
Ci sono alcune funzioni davvero succulente che questo Pixel tiene in caldo per stupire l’utente. La prima è la possibilità di richiamare l’Assistente Google semplicemente “strizzando” lo smartphone: quanta forza applicare lo decide il proprietario del telefono, però è divertente ed anche pratico da usare. Purtroppo però è anche l’unica gesture a bordo: con un maxi-schermo così ci sarebbe stato bene qualcosa per l’utilizzo a una mano.
Stesso discorso per la funzione di riconoscimento della musica: si chiama “Now Playing”, lavora invisibile per rivelare sullo schermo spento (in modalità always on) il titolo della canzone che lo smartphone sente nell’aria. E in più ora snocciola la lista di quanto è arrivato alle orecchie del Pixel in una comodissima app-widget, utile per risalire a quella canzone lì che abbiamo sentito 3 giorni fa mentre eravamo al bar.
Come funziona l’assistente vocale, se avete già in casa un Google Home o lo usate su un altro smartphone Android, lo sapete già. Siamo ancora molto lontani dall’assistente tuttofare che abbiamo visto al cinema, il JARVIS di Iron Man per capirci, ma sta migliorando: gli si possono chiedere informazioni sullo sport, sul meteo, sul traffico, e c’è anche un principio di conversazione semantica in cui non c’è necessità di ripetere ogni volta il soggetto della conservazione.
Ci sono ancora dei limiti, ma la parte migliore di questo aspetto è che qui tutto viene erogato a mezzo cloud: quindi l’Assistente Google si evolve e si evolverà col tempo senza necessità di cambiare telefono. E lo stesso vale per altre funzioni: lo schermo che regola la luminosità in modo “intelligente”, la batteria con consumi ottimizzati in base all’utilizzo che si fa del telefono, tutti dettagli che migliorano l’esperienza d’uso e che progrediscono al progredire dell’utilizzo. C’è anche l’attenzione al benessere e all’equilibrio nella vita digitale, con una nuova funzione (di Android 9) che consente di comprendere dove e come impieghiamo il nostro tempo a schermo acceso.
Come fa le foto il Pixel 3?
Una sola fotocamera posteriore: praticamente è una mosca bianca questo Pixel 3, l’unico a seguire ancora questa strada. In realtà da parte di Google la questione è tutta filosofica: non c’è niente, secondo Mountain View, che non si possa fare con due camere e che non possa essere fatto anche con una soltanto. Macro e ritratti con sfocatura dello sfondo? Non c’è problema. Foto notturne? Nessun problema. Realtà aumentata? Eccola servita! Messa a fuoco senza laser? Certo, anche se va detto che in questo caso il risultato è meno efficace che sul Pixel 2 (e sulla concorrenza).
Qui bisogna comprendere fino in fondo che idee ha in testa Google riguardo gli smartphone: non è questione di hardware (che pure è di buon livello: Snapdragon 845 con 4GB di RAM, risoluzione QHD per lo schermo), ma di come lo si usa. E Android Pie è una chiave di volta per ciò che attiene le performance, ma anche per l’autonomia e soprattutto per le foto che si possono scattare col Pixel 3.
Quindi non c’è la lente dedicata allo zoom, ma Google ne fa a meno implementando un sistema digitale che unisce le peculiarità di avere un sensore stabilizzato otticamente con un processore capace di elaborare un gran numero di immagini in pochi attimi. Il risultato è sorprendente, ma attenzione: non aspettatevi miracoli, funziona ma non è certo possibile andare oltre i limiti fisici (per capirci: i telefoni con lente dedicata fanno meglio). Stesso discorso per il grandangolo: la fotocamera posteriore da 12 megapixel è molto buona, le foto tra le più belle in circolazione per bilanciamento tra colori e dettagli, ma il campo di ripresa resta di 76 grandi (nella media) e non c’è modo di allargarlo se non con lenti aggiuntive.
Migliorate in modo sensibile le foto in notturna: erano la parte più debole del 2, nel 3 sono molto belle. Poi c’è la modalità notturna: funziona in maniera molto simile a quella di Huawei, tanto per capirci, quindi somma assieme una serie di immagini per produrre un risultato finale notevole. Attenzione, non è HDR (quello c’è, ma è altra cosa e si può tenere attivo in automatico): è qualcosa di più, e con un minimo di mano ferma si possono portare a casa scatti notevoli. Resta migliore la modalità notturna del P20 Pro, ma fa piacere trovare questa novità sul Pixel.
Infine, spendiamo due parole per la fotocamera anteriore doppia. Due sensori da 8 megapixel, uno con lente grandangolare da 107 gradi di campo di ripresa. Il salto in avanti rispetto alla generazione precedente è notevole, anche e soprattutto nella capacità di “scontornare” il soggetto e sfocare lo sfondo. L’unione della seconda fotocamera grandangolare rende più semplice lo scatto dei selfie di gruppo (NB: le due fotocamere sono alternative, non funzionano mai contemporaneamente), e chi è patito di autoscatti si divertirà parecchio.
Nota conclusiva sui video: la stabilizzazione è ottima, la qualità dei video pure. Da sottolineare come il Pixel sia uno dei pochi smartphone a prevedere nativamente la possibilità di usare un microfono esterno per registrare l’audio dei video: manca il jack audio, quindi bisogna organizzarsi con adattatori per USB-C, ma vista la qualità raggiunta dai sensori a bordo è un dettaglio non da poco per i videomaker.
Cosa ci è piaciuto (e cosa non ci è piaciuto) di Pixel 3
Proviamo a tirare le somme per comprendere se, davvero, il Pixel 3XL che abbiamo provato se la batte alla pari con il resto della concorrenza nella fascia sopra i 1.000 euro. La risposta breve a questa domanda è: dipende. Ma, attenzione, non è una risposta da liquidare come cerchiobottismo a buon mercato: ciascuno degli smartphone di fascia alta ha pregi e qualche difetto, si tratta di trovare quello che più si addice alle vostre esigenze.
Diciamo subito, la singola fotocamera posteriore non fa rimpiangere troppo le proposte multiple della concorrenza. Gli manca il grandangolo e lo zoom, che altri hanno, ma fa comunque un’ottima figura ed è tranquillamente tra le 5 migliori fotocamera da smartphone in circolazione. Molto bene i video, molto bene i selfie.
Il design: il Pixel 3, e in particolare la versione XL, resta tra i più grossi smartphone in circolazione. Non è brutto a vedersi (notch a parte), e gli spigoli sono stati decisamente arrotondati per farcelo impugnare più comodamente. Però è più largo e pesante della media, complici i bordi dello schermo un po’ più spessi e tanti altri particolari. Diciamo che, rispetto al modello precedente, questo è più raffinato nel complesso: impugnandolo si ha l’impressione di impugnare un telefono di fascia alta. Stona quel lettore di impronte posteriore, Google avrebbe potuto osare e cercare di integrarlo sotto lo schermo come hanno fatto altrove.
Ed eccoci arrivati al punto cruciale, ovvero l’esperienza d’uso. Google punta forte sul software per fare la differenza, e oggettivamente il Pixel 3 è veloce e reattivo in tutte le condizioni: l’interfaccia pura di Android è gradevole, il tentativo di fare definitivamente a meno di tasti fisici riuscito, e il machine learning gioca un ruolo decisivo nel prolungare l’autonomia (ottima) e la velocità di caricamento delle app più usate. Ma l’interfaccia di Android Pie è perfetta? Non ancora. Il notch è ancora un punto dolente per quanto attiene estetica e sfruttamento di quello spazio, si sente la mancanza di scorciatoie grafiche per usare il telefono con una mano soltanto. Di buono c’è che, di nuovo, Pixel è parte dell’ecosistema Google: quindi si evolve e si evolverà, auspicabilmente in tempi accettabili, con nuovi accorgimenti adatti a rendere il tutto più funzionale.
Chi deve spendere 999 euro per un Pixel 3XL? Oppure 899 per il modello da 5,5 pollici? Chi è in cerca di una casa, durevole, nell’universo Android: per due anni mette in cassaforte gli aggiornamenti tempestivi per sicurezza e funzionalità legati alle evoluzioni del sistema operativo, come dimostra la funzione per le foto notturne che arriverà anche su Pixel 2XL. Magari mettete in preventivo anche i 79 euro per Pixel Stand: sarebbe un peccato farne a meno. Ma basta tutto questo? Come dicevamo, dipende.
Il Pixel 3 è una ammiraglia degna di questo nome, ma nel bilancio di Google non riveste la stessa importanza che hanno iPhone per Apple o il Galaxy S per Samsung. Il Pixel è uno strumento pensato per mostrare al pubblico e agli altri produttori qual è lo stato dell’arte parlando di Android: riesce perfettamente in questo compito, ed è anche un gran bel telefono di corollario.