Tutti gli attori dell’argomento del momento, dai leader del settore, alle startup, fino ai casi di eccellenza, come Burberry
Quando un giorno, tra 50 anni, gli studiosi ripercorreranno le tappe dell’intelligenza artificiale non potranno fare a meno di citare due dichiarazioni. La prima sarà quella di un politico russo, Vladmir Putin, il quale nel settembre del 2017 ha affermato: «Il Paese che sarà leader nell’intelligenza artificiale dominerà il mondo». La seconda sarà un tweet di un imprenditore visionario, Elon Musk, secondo cui: «La competizione per la superiorità in materia di AI sarà la causa più probabile della terza guerra mondiale».
Sperando che nessuna delle profezie si avveri – tra desiderio di dominio e un conflitto pronto a scuotere il mondo – quello che è certo è che l’intelligenza artificiale è l’argomento del momento. Basta googlare la parola per imbattersi in un’infinità di articoli che raccontano tutto e il contrario di tutto. Abbiamo provato a mettere ordine nel mare di informazioni sul campo e raccontare quello che c’è di reale oggi, al di là di allarmismi e scenari apocalittici. Quali sono i principali attori (tra aziende consolidate e startup) e cosa stanno facendo.
C’è chi la usa in modo sorprendente: il caso Burberry
Di Amazon e dei magazzini hitech gestiti interamente da robot (Kiva) si sono già scritti fiumi di inchiostro. Grazie a questa tecnologia, l’azienda di Bezos risparmia circa 22 milioni di dollari in costi di logistica. Famoso anche il caso della General Electric che usa l’intelligenza artificiale per controllare e prevedere eventuali avarie dei motori: quindici anni fa gli operai facevano la stessa operazione, ascoltando lo sferragliare e il ronzare delle macchine. Meno conosciuta invece l’esperienza di un’azienda che è diventata in questi anni un’eccellenza nel campo: Burberry. Il celebre marchio di lusso britannico ha ideato un sistema ingegnoso di raccolta dei dati dei suoi clienti, attraverso programmi fedeltà e buoni sconto. Le informazioni sono poi unite allo storico degli acquisti di ogni consumatore e ad altri dati provenienti dalle sue attività sui social media. Quando un cliente entra all’interno di uno store, i commessi (ma sarebbe riduttivo chiamarli così perché diventano veri e propri analisti dei dati) hanno un tablet con le informazioni sul consumatore e possono proporgli prodotti sempre più ad hoc. Esempio: se Burberry sa che chi entra nel negozio ha appena comprato un particolare tipo di cappotto, gli verrà mostrata una borsa in abbinamento.
I vantaggi per le vendite
Inoltre, i prodotti del marchio nei circa 500 negozi sparsi in 50 Paesi nel mondo sono dotati di un RFID tags, un sistema che permette ai vestiti o accessori di comunicare con i cellulari dei consumatori e offrire informazioni su come sono stati prodotti e consigli su come possono essere indossati e usati. Infine, il brand, che è uno dei più contraffati al mondo, sta usando una tecnologia di AI che si chiama Entrupy, un sistema di riconoscimento di immagini capace di capire, da una fotografia di una piccola sezione di un oggetto, se è autentico o meno. I risultati di questi investimenti? Il 50 per cento in più di consumatori che acquistano un capo una seconda volta e il 100 per cento di vendite in più dei prodotti che utilizzano i RFID tags. Malgrado i risultati incredibili di chi usa l’AI nel business, l’adozione nelle aziende di queste tecnologie procede ancora a rilento: gli investimenti totali vanno dai 26 ai 39 miliardi di dollari (dati 2016). Ma si aspetta un incremento nel 2025 quando il mercato sfiorerà i 60 miliardi, secondo gli analisti.
Otto settori dell’AI
Forbes stila la classifica dei campi in cui sono presenti le maggiori opportunità per le startup. Vediamo insieme quali sono secondo la rivista.
Generazione automatica di frasi in linguaggio naturale: riguarda tutti i processi che permettono di produrre testi in automatico attraverso i dati raccolti dai computer. La tecnologia è oggi usata nel customer service e nella generazione di report. Una startup che ha saputo distinguersi nel campo è Attivio: ha raccolto oltre 100 milioni di dollari di finanziamento (fonte Crunchbase).
Riconoscimento del linguaggio: raggruppa tutte quelle tecnologie che trascrivono e trasformano il linguaggio umano in codice per applicazioni e programmi. NICE, OpenText e Verint System, tutte quotate in Borsa, mostrano come sia alto l’interesse nel settore.
Agenti virtuali: dai chatbot a sistemi più avanzati che possono interagire con gli esseri umani. Gli agenti virtuali vengono usati nel customer service e nella domotica. Amazon, Google, IBM, Microsoft, e la stessa Apple, dominano questo settore con le loro soluzioni.
Machine learning: algoritmi, API e tool che imparano dai dati che catturano e cambiano comportamento a seconda di questi. Oggi le tecnologie che nascono dal machine learning si prestano a una varietà di usi, ma sono adoperate soprattutto per fare analisi predittive. Anche qui sono i big a regnare: su tutti Amazon, Google e Microsoft. Ma ci sono nomi anche meno conosciuti al grande pubblico che hanno saputo conquistare una nicchia di mercato, come l’indiana Fractal Analytics.
Deep learning: è uno speciale tipo di machine learning che si serve di “reti neurali profonde”. In altre parole, modelli computazionali ispirati al funzionamento del cervello umano. Le tecnologie di deep learning sono usate, soprattutto, per il riconoscimento di oggetti o volti attraverso immagini e video, e nel campo della sicurezza informatica. Tra i leader del settore c’è Deep Instinct che ha recentemente ottenuto un round B di 32 milioni di dollari.
Biometrica: mette insieme software che favoriscono interazioni tra macchine e esseri umani, attraverso riconoscimenti facciali, della voce, delle impronte digitali o di altre parti del corpo. 3V3 è una delle aziende leader nell’applicazione della biometria nella cybersecurity.
Robotic Process Automation: include tutti quei software e hardware che si sostituiscono all’uomo nelle incombenze ripetitive dei processi amministrativi, come l’inserimento di dati o i controlli di macchine o sistemi. Tra i leader del settore troviamo la multinazionale britannica Blue Prism.
Tre startup leader (c’è anche un italiana)
CbInsight si occupa invece di stilare la classifica delle 100 startup più interessanti del settore. Abbiamo selezionato due startup straniere e una italiana che offrono sul mercato soluzioni originali.
Finanziata con 121 milioni da Soft Bank e Balderton Capital, Banjo usa l’intelligenza artificiale per raccogliere dati attraverso i social media su eventi che avvengono nel mondo, geolocalizzarli, e trasmetterli così a brand e media, aiutandoli a prendere le decisioni migliori.
È il nuovo progetto di Dag Kittlaus, uno dei fondatori di Siri. Come si distingue dal primo assistente virtuale della storia per mobile? Per capirci la differenza tra Viv e Siri è quella che passa tra “Mostrami le pizzerie della zona”, cosa che Siri permette di fare. E ordinarle direttamente e farsele recapitare, cosa che Viv consente. L’algoritmo è stato acquistato da Samsung nel 2016.
Leggi anche la storia del papà di Siri.
È un algoritmo creato da due italiani, Simone Bronzin e sua moglie Federica Gregogir, che permette di interpretare immagini in movimento e capire quando in un video ci sono dei nudi, scene di sesso o di violenza. La startup ha recentemente vinto il bando di Bricoman e Digital Magics.