La tecnologia è uno strumento cruciale per il futuro delle persone affette da disabilità. Ma c’è bisogno dell’impegno di tutti, dalla politica alla società civile.
Andare all’ufficio postale, chiacchierare con gli amici, leggere un giornale. Sono azioni che compiamo quotidianamente. Per noi è “normale”, fanno parte della nostra vita. Non è così però per oltre un miliardo di persone nel mondo, 3 milioni solo in Italia secondo stime Istat. Sono uomini e donne con disabilità sensoriali, motorie e cognitive. La tecnologia è uno strumento cruciale per il futuro di queste persone. Perché può migliorare la qualità della loro vita e favorirne il processo di inclusione sociale. Regalare loro dunque una vita il più possibile autonoma, in cui sia “normale” camminare, leggere e comunicare con gli altri.
Tecnologie per un futuro accessibile
Attualmente esistono numerose applicazioni in campo medico-assistenziale che permettono alle persone affette da handicap di avere una vita del tutto simile a quella delle persone normodotate. Già oggi, ad esempio, una persona priva dell’uso delle mani può scrivere un testo semplicemente parlando al computer, mentre chi è affetto da gravi forme di afasia può comunicare attraverso un tablet. Ma al di là delle applicazioni su device, esistono numerose tecnologie che aiutano persone colpite da disabilità di vario genere.
Tutti ormai conosciamo l’eye tracking, come Dinavox Eyemax, noto ai più grazie allo scienziato Stephen Hawking che, pur affetto da sclerosi laterale amiotrofica, riesce a comunicare con il mondo che lo circonda grazie ai propri occhi. E chiunque di noi ha visto almeno una volta in tv atleti con arti amputati gareggiare grazie a protesi in carbonio. Tra i più famosi, il velocista australiano Pistorius – tristemente noto alle cronache nere degli ultimi anni – e l’italiana Giusy Versace.
Nel settore degli arti artificiali la tecnologia continua a fare passi da gigante. Nascono protesi che, captando l’impulso del cervello attraverso dei recettori, possono indurre l’arto al movimento. É il caso del cosiddetto Deka Arm, un braccio cibernetico controllato attraverso elettrodi elettromiografici. I sensori catturano gli stimoli della muscolatura superiore del braccio, un computer ne codifica il significato e ordina alla protesi di agire secondo la volontà dell’utilizzatore.
Tecnologia che diventa sempre più estensione del corpo umano. Non come in una visione distopica cronenbergeriana, ma anzi disegnando un’utopia possibile, quella di un mondo accessibile a tutti.
Arti meccanici, robot e autisti virtuali. No, non è un film di fantascienza
Accade sempre più spesso di vedere realizzato ciò che fino a poco tempo fa potevamo tranquillamente definire fantascientifico. Sono conquiste importanti per individui con problematicità fisiche, che hanno la possibilità di migliorare drasticamente la propria vita. Ma c’è di più. L’implementazione di nuove tecnologie in ambito sensoriale sarà in grado di ridurre l’incidenza di disturbi come l’autismo o condizioni come il sordomutismo e la cecità. Già oggi esistono impianti cocleari per i non udenti, nuove implementazioni per il linguaggio Braille come il Braille sense mini e software dedicati alle persone con difficoltà di percezione sensoriale.
Quello delle tecnologie indossabili è uno dei campi che promette gli sviluppi più interessanti. Gli esoscheletri sono una realtà. Anche in Italia abbiamo visto persone paraplegiche camminare con l’ausilio di esoscheletri robotici. Come al San Raffaele di Roma, uno dei primi centri in Italia e primo nel Lazio ad utilizzare l’esoscheletro bionico EKSO, progettato negli Stati Uniti per il training riabilitativo di pazienti affetti da patologie neurologiche come lesioni midollari, ictus, sclerosi multipla e lesioni cerebrali traumatiche. Si indossa come una tuta e, attraverso i sensori applicati sul corpo, trasforma le intenzioni del paziente in movimenti delle gambe.
Le start up italiane della salute alla conquista del mondo
È tutto italiano invece il progetto del guanto per sordociechi dbGlove. Il dispositivo ideato dalla startup pugliese Intact Healthcare è stato selezionato tra le migliori tecnologie indossabili dall’agenzia governativa britannica Innovate Uk. DbGlove è appunto un guanto indossabile che permette, per dirla con le parole del suo ideatore Nicholas Caporusso, di “democratizzare l’accesso alle informazioni delle persone cieche e sordocieche”. Nello specifico, traduce l’alfabeto Malossi – alternativo al Braille – attraverso vibrazioni tattili. Così le persone sordocieche possono comunicare tra loro attraverso le diverse vibrazioni del guanto, collegato via bluetooth a pc, tablet o smartphone.
Sempre per i non vedenti, ma stavolta in tema di mobilità, è in fase di studio un veicolo da vero film di fantascienza. Ricordate quando nel 1990 in “Total Recall” (“Atto di Forza” in Italia) un giovane Arnold Schwarzenegger, salendo su un futuristico taxi, si ritrova a dialogare con un tassista robot? Parliamo proprio di questo. Una vettura senza guidatore o meglio con un conducente virtuale. La prima a lanciarsi in questa scommessa è stata Google. Obiettivo: realizzare un prodotto potenzialmente utile ai non vedenti e a tutti coloro che per vari motivi sono impossibilitati alla guida. Il tutto grazie ad un sistema composto da un computer di bordo, sensori e telecamere che monitorano l’ambiente esterno.
Soggetti per eccellenza dell’immaginario fantascientifico sono i robot. E a “comandare una piccola flotta di robot nella lotta contro i mali dei nostri giorni” ci sono le menti di Behaviour Labs, innovativa startup siciliana. Non si tratta di disabilità motorie. Con il progetto TREAT (Therapeutic Robot in Experimental Autism Therapy) infatti, si cerca di giungere alla realizzazione di una nuova terapia per l’autismo. Non una cura, ma la possibilità di migliorare la vita dei bambini – aiutarli ad imparare attraverso il gioco e sviluppare la loro comunicazione sociale e verbale – grazie a dei robot umanoidi opportunamente programmati con l’innovativo software Robomate. Oltreoceano sembrano molto interessati perché negli Usa l’autismo colpisce ben un bambino su 60. Tanto che ora il progetto fa parte della gamma dei prodotti della RoboKind, azienda di Dallas e leader mondiale per la fabbricazione di automi con espressioni facciali.
Qualità della vita e partecipazione sociale
Non solo dunque, una miglior qualità della vita. La tecnologia è fondamentale per realizzare la piena ed equa partecipazione delle persone disabili nella società. Indispensabile, in questo senso, l’implementazione di “tecnologie assistive” come quelle finora descritte, ma anche l’ideazione di dispositivi ed ambienti accessibili ed utilizzabili dal maggior numero possibile di utenti.
D’altra parte la disabilità, secondo la definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, non sta ad indicare soltanto un handicap dell’individuo, ma è un fenomeno complesso, che riflette l’interazione fra il corpo della persona e la realtà in cui essa vive. “C’è vero progresso solo quando i vantaggi di una nuova tecnologia diventano per tutti”, sosteneva Henry Ford. E c’è davvero bisogno dell’impegno di tutti – dai ricercatori ai progettisti, dalla politica alla società civile – per abbattere le barriere esistenti – fisiche, sociali e culturali – che ancora ostacolano il percorso verso la piena integrazione delle persone con disabilità.
@antcar83