Una tavola rotonda per lanciare l’iniziativa e discutere di eccellenze e carenze del tech italiano in patria e all’estero
Far conoscere e crescere le imprese tech italiane all’estero. Una sfida raccolta dai protagonisti di Tech Italy Advocates Launch, l’evento-lancio del gruppo internazionale di imprenditori, aziende, startup ed investitori che mirano a creare un ecosistema globale delle aziende tech italiane. Grazie alla partnership strategica con Cariplo Factory e growITup, insieme ai partner Makeitapp, StartupItalia! e House264, Enrico Noseda e Anders Nilsson, fondatori di Tech Italy Advocates Launch, hanno dato vita ad un’interessante tavola rotonda in Cariplo Factory con tanti protagonisti del tech, che hanno evidenziato pregi e difetti di questo settore nel processo di internazionalizzazione.
“Da 20 anni sono immerso in questo mondo. Iniziai in Italia, poi mi sono trasferito a Londra dove sono rimasto 10 anni in Skype”, racconta Enrico Noseda. Il leader delle chiamate gratuite (quando Whatsapp non era neppure in fase di concepimento) Noseda l’ha, davvero, visto crescere: “Abbiamo raggiunto un miliardo di utenti registrati in brevissimo tempo, non ci sembrava vero ed io non avevo idea di quanto questo strumento avrebbe rivoluzionato il mondo delle comunicazioni” spiega, parlando di un impressionante cambiamento continuo con cambi di visione e strategie organizzative, in contemporanea all’acquisizione del software da parte prima di eBay, poi di Private Equity Silver Lake, per arrivare infine a Microsoft. Proprio in quegli anni Noseda ha imparato l’importanza di un ecosistema globale, indispensabile per la crescita di ogni grande realtà.
I punti di forza del tech italiano
Non sono voluti partire dai punti di debolezza ma dalle key strenght, i tanti partecipanti alla tavola rotonda. Ad introdurli Anders Nilsson e Russ Shaw, fondatore di Tech London Advocates & Global Tech Advocates, che hanno descritto le imprese italiane come eccellenti in quanto a idee, investitori, startup ed acceleratori. In particolare Shaw ha sottolineato come a Londra, proprio grazie ad un network creatosi da un semplice “passaparola”, oggi Tech Italy Advocates conti ben 6.000 iscritti. “Come abbiamo fatto? Bella domanda! Erano le persone che venivano da noi a chiederci di poter fare questo e quest’altro. Internazionalizzare significa, soprattutto, creare engagment, coinvolgere gli attori e le parti in campo: ed è accaduto proprio questo” spiega Shaw, confessando di riporre, negli italiani, grandissime aspettative. “Un paese di grandi talenti. Voglio dirlo a tutto il mondo” afferma.
Betta Maggio, CEO di U-earth Biotechnologies, pone l’accento sull’eccellenza della manifattura e del design made in Italy anche se, nota, l’instabile situazione governativa non facilita gli investimenti. Gioca in casa Cariplo Factory, tra i più importanti contributor italiani in fatto di ecosistemi. A rappresentare l’azienda Riccardo Porro, direttore operativo: “Siamo orgogliosi del nostro lavoro, in favore della contaminazione tra startup, e del supporto che ogni giorno garantiamo affinché venga assicurato un parametro fondamentale: l’equità”, afferma.
I punti di debolezza
“Affinchè possa crescere il mercato, in Italia, tra capitale e startup è necessario dare priorità al capitale. E’ questo che attrae i talenti che vantiamo sul territorio, altrimenti gli innovatori sceglieranno l’estero. Abbiamo chance di essere competitivi a livello globale mantenendo le operation e l’r&d in Italia, ma, spesso il front end strategico commerciale deve andare fuori per premettere alle nostre scaleup di essere più competitive e attraenti”, spiega Lorenzo Franchini, founding partner di ScaleIT Capital. Poca cooperazione ed aiuto reciproco sono le falle individuate da Anna Gervasoni, general manager di AIFI.
Molto critico verso l’attuale situazione italiana è Davide Dattoli, CEO di Talent Garden, che pone l’accento su diverse mancanze: prima tra tutte, il non saper parlare inglese. “In una logica di globalizzazione ed ecosistema internazionale questa carenza generale è estremamente penalizzante”, e sottolinea la mancanza di eventi in lingua, oltre ad un problema di “mindset” italiano. “Pensiamo in piccolo, dobbiamo pensare in grande, non autolimitarci. Questo ci danneggia tantissimo. Growing faster, think bigger”, conclude. “Più comunicazione tra aziende e più spazi dedicati all’innovation hub farebbero di Milano e Roma due poli mondiali del tech”, conclude Michele Barberi, responsabile delle vendite di Copernico Holding.