Da oggi su StartupItalia! una nuova rubrica dedicata all’economia digitale degli Artigeni. L’esordio con le storie che reinventano i mestieri della terra, digitalizzandoli. Nuovi prodotti, nuovi servizi, nuovi luoghi di lavoro green
I buoni maestri ce li abbiamo spesso in casa, anche se non sappiamo di averli. Anche i cattivi, ma questa è tutta un’altra storia e direi di non affrontarla in questo momento. Torniamo alle buone notizie. Che poi sono le buone imprese italiane che scalano interesse e fatturato e che sono destinate a raccontare al meglio il made in Italy, come una firma d’autore. Per scovare queste eccellenze non bisogna andare tanto lontano. Basta sbirciare nelle botteghe dei piccoli paesi, nella forza propulsiva della ricerca, nelle competenze che affondano le radici nella tradizione, ma anche in quel pensiero laterale che riscrive il passato con le leve del futuro, puntando su innovazione, tecnologie, digitale, social media, e-commerce.
Di questo scriverò su questa rubrica, raccontando le storie degli Artigeni d’Italia che ho iniziato a declinare nel libro “Sei Un Genio!” edito da Hoepli. Il senso di questa rubrica sta nel gioco di squadra e nello scambio di competenze: perché penso che possa esistere un’alleanza felice tra chi mastica innovazione nelle nuove imprese definite ancora startup e tutto il bacino delle PMI e imprese artigiane disseminate sul territorio.
I numeri degli Artigeni dal cuore verde
Partiamo dai numeri delle imprese verdi. E giovani. Oggi sono oltre 53mila le realtà agricole gestite dai generazioni sotto i quarant’anni, con una creazione del PIL pari al 9% nell’ultimo trimestre 2017. E la crescita è costante: ogni giorno la filiera registra 300 nuove realtà e un +30% all’anno.
A crescere però è anche il segmento delle startup agritech nel mondo: nel 2017 hanno raccolto 283 milioni di dollari di finanziamento, con un +34.7% rispetto all’anno precedente, secondo i dati di CB Insights. Un incremento registrato anche dall’osservatorio Smart Agrifood del Politecnico di Milano, che ha mappato nel 2017 addirittura 481 food startup nel mondo: nel 45% dei casi si tratta di realtà accelerata da investimenti, l’11% sono storie del made in Italy.
Nuove professioni green: arrivano gli ortolani dello chef
Sono armati di zappa e computer. Connessi alla rete, ma anche alla terra. La nuova vita di Lorena Turrini e Davide Rizzi, entrambi modenesi, coppia nella vita e soci in affari, riparte dai prodotti dell’orto e lambisce le nuove tecnologie. I due si sono inventati un nuovo lavoro che coniuga ricerca, sperimentazione, impegno, sudore. E sono diventati così culinary gardeners, che tradotto in italiano significa giardinieri culinari. Di fatto si sono trasformati in ortolani personali dello chef e le loro imprese sono navigabili su Culinarygardeners.com.
«Siamo consulenti e produttori di essenze vegetali per gli chef di cucina. Coltiviamo fiori ed erbe aromatiche, produciamo ortaggi e frutti ad alto valore nutrizionale: ortaggi, tuberi, radici, erbe officinali, piccoli frutti per reinventare luoghi dove riscoprire quei legami sottili ed invisibili che magicamente congiungono la terra con il cibo e la cucina», racconta Lorena, 52enne con un’infanzia passata tra verdi vallate e fitti boschi di pini nell’appennino modenese. «La nostra professione valorizza l’orticoltura e restituisce onore al cibo sulle tavole dei ristoranti».
Lorena e Davide si ispirano alla filosofia del “farm to table”, un movimento sociale nato in California e che promuove la produzione e la commercializzazione di prodotti locali nei ristoranti e nelle scuole, preferibilmente tramite acquisizione diretta. Un lavoro itinerante, nomade per scelta. «Nell’ultimo orto abbiamo coltivato più di duecento qualità di verdure, prodotti di alta qualità». Ecco quindi la lezione numero 1: colmare bisogni emergenti con nuovi servizi.
Nuovi prodotti green: dall’Abruzzo il sale del futuro
Uno speciale sale a spray aromatizzato è nato nell’entroterra abruzzese. Si tratta di un distillato liquido salato che viene ottenuto attraverso un processo di estrazione di vegetali. Permette di salare e aromatizzare. «Il prodotto è incredibilmente iposodico: siano riusciti ad avere lo stesso sale marino ma usandone il 70% in meno. Di fatto si tratta di un maggioratore della sensazione di salinità in bocca e permette di armonizzare il piatto.
E poi è assolutamente nutraceutico perché ricco di molecole anti-ossidanti», racconta Emanuele Grima, 41enne di Chieti, in tasca una laurea in economia ma da quasi quindici anni impegnato nel settore chimico-alimentare. È lui a capo di Geoessence, impresa agricola con una squadra di chimici specializzati, poche settimane fa salita sul podio dell’Oscar Green, il premio promosso da Coldiretti Giovani Impresa. Il centro nevralgico è a Tollo, quattromila anime nelle colline teatine. E la campagna è un vero e proprio laboratorio scientifico di alambicchi e vapori, dove le erbe aromatiche diventano olii essenziali.
L’attività di ricerca è interna all’azienda, millequattrocento metri quadrati con una zona di produzione e una di estrazione. E poi ci sono due ettari di terreno con agrumeti e altri ettari per le coltivazioni di erbe. «Abbiamo sei impianti di distillazione, ognuno adibito per specifiche attività come per esempio l’estrazione da vegetali. Poi abbiamo impianti di distillazione per l’alcool prodotto con 100% di materie prime ottenute dai nostri vigneti». E siamo alla lezione numero 2: scommettere sulla “nicchia” con prodotti di valore.
I medici che “salvano” piante e raccolti
Innamorati della terra e dei suoi frutti, olio in testa. E appassionati di tecnologie, quelle che migliorano la vita di tutti i giorni. Due giovani amici under 25 stanno pensando alla salute degli ulivi di tutto il mondo grazie alle nuove tecnologie. Di fatto lavorano sulla precision farming, ovvero sull’agricoltura di precisione. Perché con l’aggregazione dei dati riescono a monitorare lo stato di salute delle piante.
«Abbiamo costruito uno strumento per facilitare la vita del produttore nel settore olivicolo. Grazie ad una stazione metereologica dal campo il dispositivo va a rilevare i dati, che invia poi col wi-fi al nostro sistema. Così sappiamo quando si presenta una malattia e riusciamo a migliorare il lavoro dei produttori», precisa Giovanni Di Mambro, romano e studente di economia all’università La Sapienza di Roma, co-fondatore della startup Elaisian insieme a Damiano Angelici, produttore agricolo. La loro impresa consiste in un dispositivo elettronico con sensori che vanno a rilevare diversi dati agro-meteo: si va dal livello di umidità al tasso di pioggia, fino alla temperatura.
Tutto in tempo reale. I dati vengono poi processati per diventare uno strumento utile per orientare il lavoro del produttore. Ecco l’agricoltura di precisione, che ottimizza le produzioni attraverso le nuove tecnologie. «Il nostro obiettivo è salvaguardare la cultura olivifica. D’altronde l’Italia è il secondo Paese al mondo per produzione di olio. E peraltro il nostro olio è un made in Italy con un marchio riconosciuto ovunque». Ultima lezione di oggi, la lezione numero 3: usare la tecnologia per digitalizzare, processi, servizi, monitoraggi.