Quando era adolescente Sean Swarner è sopravvissuto due volte al cancro. A 16 anni gli avevano prospettato appena 14 giorni di vita. Nel 2002 ha scalato l’Everest per portare speranza e ispirare altre persone. Da lì non si è più fermato conquistando le vette di tutto il mondo.
Scalare la montagna più alta del mondo con un solo polmone. Piantare la bandiera sulla cima per inspirare persone che soffrono come hai sofferto tu. Soprattutto se sei sopravvissuto a due forme di cancro e a una prospettiva di vita di appena 14 giorni. Con una pazzesca voglia di non mollare. Mai, per nessuna ragione al mondo. Questa è la storia di un ragazzo americano, Sean Swarner, classe 1975, che nel 2002 ha conquistato la vetta dell’Everest per dare speranza a chi non ce l’ha più. E da allora non ha più smesso di farlo.
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La differenza tra essere in vita e vivere
Ho incontrato Sean tra le pagine di un libro e mi sono innamorato della sua storia e della sua filosofia: «Quando ti diagnosticano un cancro, e ti dicono che ti rimangono solo due settimane, inizi ad apprezzare ogni momento che ti resta. Ti svegli cercando di fare del tuo meglio e comprendi per davvero la differenza che esiste tra l’essere in vita e vivere»
In particolare quando i guai iniziano presto. Precisamente a 13 anni quando a Sean viene diagnosticata la malattia di Hodgkin, una forma tumorale che colpisce le ghiandole linfatiche. Gli danno tre mesi di vita ma Sean sopravvive. Nel 1990 arriva la seconda, terribile, notizia: stavolta si tratta di sarcoma, una delle forme di cancro più mortali. Non c’è nulla da fare ed è solo questione di tempo. Per la precisione 14 giorni. Sean ha solo 16 anni. Per un anno resta praticamente in uno stato di coma farmaceutico. Poi le cure fanno effetto. Di nuovo.
Ma quella che sembrava la fine è soltanto un nuovo incredibile inizio.
Donare la speranza a tutti (urlandola)
Nel 1992, Sean sconfigge definitivamente il cancro. Dieci anni dopo decide che è arrivato il tempo di dare qualcosa in cambio. Restituire il regalo ricevuto: «Sentivo il bisogno di fare qualcosa di grande, qualcosa di veramente incredibile. Volevo dare alla gente qualcosa che io non ho mai avuto: la speranza. E volevo usare il monte Everest per urlarla».
E non importa se le persone intorno a te ti dicono che non ce la puoi fare e che un polmone solo non basta per un’impresa del genere. Sono quasi 9mila metri. Una follia. Ma Sean ha imparato che nulla al mondo è impossibile. Così, alla preparazione fisica, alla passione e allo studio, unisce un’immensa forza di volontà: «Ogni volta che mi dicevano che non ce avrei fatta non facevano altro che gettare benzina sul fuoco». La bandiera è stata piantata. Il primo passo di un nuovo cammino.
Un’associazione speciale: The Cancer Clinker
Insieme al fratello minore, Seth, ha fondato un’associazione per aiutare i malati attraverso le sue imprese. Sì, perché dopo l’Everest non si è più fermato. Ha completato quella che gli alpinisti professionisti chiamano the “7 Summits”. Ovvero scalare alcune tra le più alte montagne del mondo. E Sean lo ha fatto: il Kilimanjaro in Africa e l’Elbrus in Europa nel 2003; l’Aconcagua nelle Ande dell’Argentina nel 2005; il Monte Kosciusko in Australia nel 2006; il Massiccio Vinson in Antartide e il Monte Denali in Alaska nel 2007. E ogni volta ha piantato la sua bandiera: «Ci sono scritti alcuni nomi di persone che stanno lottando contro la malattia. Porto un messaggio per loro con me».
Ma non è l’unica impresa portata a termine da Sean. Ad esempio ha completato l’Ironman World Championship alle isole Hawaii, la competizione che, recentemente, è stata affrontata da un altro super uomo: Alex Zanardi.
Guardare sempre avanti, aiutando gli altri
Oggi, oltre ad avere scritto due libri, Sean gira il mondo per ispirare le persone. Ha tenuto lezioni nelle più grandi università del pianeta, ha fatto il testimonial per campagne benefiche o per grandi aziende e partecipato a moltissimi festival: «Ho pensato alle persone che avevano un cancro e mi sono detto che se avessi mollato avrei mollato anche loro. Non sarei stato utile».
In montagna, come ricorda Sean, c’è sempre la possibilità di arrendersi e tornare indietro. Ma nella vita questo non lo si può fare. Bisogna sempre andare avanti, nonostante tutto: «Ora non voglio smettere di combattere per aiutare gli altri e lo farò finché non emetterò il mio ultimo respiro». La missione più bella del mondo.
Alessandro Frau
@ilmercurio85