L’irrigazione delle colture è una pratica fondamentale che tuttavia è poco smart. Grazie a sensori IoT e all’uso dell’Intelligenza artificiale Ploovium affianca l’agricoltore nella decisione di come e quando irrigare
Quasi tutte le colture vengono irrigate e l‘acqua è oggi una risorsa strategica sempre più scarsa. Nella maggior parte dei casi gli agricoltori irrigano a calendario, a intervalli regolari. Oppure quando hanno l’acqua a disposizione, e cioè quando il consorzio locale che gestisce le infrastrutture di distribuzione assegna il turno irriguo.
Questo comporta una sostanziale inefficienza della pratica per cui alle piante viene somministrata l’acqua non seguendone i bisogni effettivi. Per questo Soonapse, una startup romana, ha lanciato Ploovium, “una soluzione cloud IoT per l’ottimizzazione predittiva dell’uso dell’acqua in agricoltura”, ci spiega Marco Ciarletti, founder and ceo di Soonapse.
L’intervista
Come nasce l’idea di un DSS (sistema di supporto alle decisioni) per l’irrigazione?
Da un precedente progetto di ricerca che diressi qualche anno fa. Il focus era la costruzione di piattaforma IoT su base semantica, scelsi il tema irrigazione, che consideravo cruciale, come ‘use case’ e questo monopolizzò l’interesse di tutti coloro cui presentai il sistema. Da lì capii che dovevamo lavorare su questo fronte per portare l’innovazione anche ai piccoli agricoltori.
Come funziona Ploovium?
Ploovium predice il comportamento idrico di ogni suolo e coltura nell’arco di 5 giorni, e definisce la migliore strategia per l’ottimizzazione dell’acqua e dei costi generali di irrigazione, definendo quando e quanto irrigare ogni singola zona.
Quali sono le fonti dei dati che elaborate?
Le previsioni meteo geo-localizzate, i dati ambientali che ci arrivano della stazione meteo installata in azienda, il Soil Water Potential misurato da sensori a due diverse profondità, l’ontologia agronomica caricata sul sistema.
Qual è l’accuratezza delle vostre stime/prescrizioni?
Di media superiamo il 99% a 5 giorni, su questo basiamo i calcoli dei piani irrigui. Un’errata previsione meteo può far scendere di 2 o 3 punti questo livello, ma rielaboriamo i calcoli ogni giorno prendendo sempre le previsioni meteo più aggiornate, e se lo scostamento è significativo (confrontiamo i dati ogni ora) rielaboriamo automaticamente il calcolo e avvisiamo il cliente.
In quale modo Ploovium è differente rispetto agli altri sistemi per l’irrigazione di precisione?
La nostra AI crea un modello per ogni singola zona, una specie di ‘impronta digitale’ di quel suolo, con quella coltura in quella fase. Dopo sole 2 settimane di raccolta dati Ploovium inizia a fornire le predizioni, già con il livello di precisione che lo contraddistingue.
Il comando delle valvole è automatizzato o Ploovium genera ‘soltanto’ la ricetta irrigua?
Ad oggi tutti gli agricoltori italiani che ci hanno contattato hanno apprezzato il nostro sistema ma ci hanno comprensibilmente chiesto di mantenere il controllo sugli impianti di irrigazione. Stiamo comunque sviluppando la parte che serve per l’automazione, perché dall’estero invece ci stanno arrivando i primi segnali di interesse anche in questo senso.
Ploovium è già sul mercato?
Si, da quest’estate.
Per quali colture è disponibile?
La nostra conoscenza-base comprende attualmente 25 colture, le più diffuse in Italia e in Europa, ma per richieste particolari (come per il ricino da biocarburanti, ad esempio) facciamo preparare l’ontologia relativa alla una nuova coltura avvalendoci o del nostro agronomo o di esperti esterni.
Chi sono i clienti a cui vi rivolgete?
Aziende agricole in particolare di piccole e medie dimensioni. Coloro che finora non hanno potuto godere dei vantaggi dell’innovazione 4.0. Abbiamo fatto scelte specifiche, tecnologiche e commerciali, proprio per consentire l’accesso all’innovazione anche a loro.
Chi sono le aziende con cui state già lavorando?
Aziende evolute, come Arnaldo Caprai, uno dei più prestigiosi produttori vinicoli italiano. Sembra un controsenso rispetto al target che vogliamo raggiungere, ma non lo è. Le aziende grandi fanno da apripista per poi dare alle piccole e medie la sicurezza che il sistema funziona.
Come pensate di farvi conoscere tra gli agricoltori?
Per raggiungere i piccoli agricoltori e per far conoscere questa innovazione servono importanti investimenti nel marketing, stiamo cercando investitori che credano nel progetto e vogliano crescere con noi. Il 94% delle aziende agricole europee è costituito da piccole e medie realtà che per forza di cose dovranno molto presto dotarsi di tecnologia per essere più sostenibili e più competitivi. La nostra soluzione plug&play è la risposta per questo mercato.
Gli agricoltori sono piuttosto scettici nei confronti dell’innovazione digitale, come pensate di superare questa barriera?
È vero, almeno in parte. Molti esitano ad affidarsi alla tecnologia perché temono che non funzioni e non vogliono rischiare. Per questo serve il volano dei grandi imprenditori e gli enti di ricerca, coloro che hanno i mezzi e la possibilità di sperimentare soluzioni tecnologiche pronte per il mercato, alla portata dei piccoli agricoltori. È ciò che stiamo facendo noi.
Come sta andando?
Non è semplice ma vediamo già i primi segni di apertura, soprattutto dai giovani agricoltori che hanno capito che adottare certe innovazioni consente loro di ridurre enormemente rischi, danni e sprechi, e al tempo stesso aumentare la qualità del prodotto per essere più competitivi.
Gli agricoltori a fine anno devono avere i conti ‘in nero’. Qual è il ritorno economico dell’investimento in Ploovium?
In media, una piccola azienda italiana con 20 ettari irrigui paga, solo per l’acqua, 15.000 euro all’anno. Poi ci sono i costi generali di elettricità, manodopera, ecc., che moltiplicano il costo dell’irrigazione. Ploovium abbatte i costi fino al 50%. L’azienda agricola con Ploovium risparmia considerevolmente già dal primo anno, nonostante i costi iniziali dei dispositivi, e dal secondo anno il guadagno è oltre 10 volte il costo del nostro servizio.
State lavorando a nuovi progetti/soluzioni?
Sì. Stiamo lavorando per l’applicazione del nostro modello predittivo in zone aride, semi-aride e a rischio di intrusione salina, ovunque ci sia un problema importante di salinizzazione di suoli ed acque. Parliamo del 40% delle terre coltivate a livello mondiale (dati FAO), con molti casi critici anche qui in Italia.
In quale modo vi siete finanziati?
Con aumenti di capitale finanziati da nuovi soci (l’ultimo, il mese scorso) di tipo Corporate e con un piccolo ma importante co-finanziamento pubblico da Sardegna Ricerche.
L’obiettivo è una exit o strutturarvi in una azienda?
Sono entrambe prospettive allettanti a patto di continuare a lavorare con soddisfazione per lo sviluppo e la tutela dei piccoli agricoltori. Siamo consapevoli di poterlo fare come impresa, ma sappiamo altrettanto bene che se venissimo acquisiti da una grande realtà di questo settore potremmo raggiungere questo obiettivo più velocemente.
Secondo lei l’Italia è un buon paese per avviare una startup?
Non è affatto semplice fare innovazione in Italia, e più andiamo su palcoscenici internazionali più riceviamo ‘suggerimenti’ a posizionarci altrove. Per ora resistiamo, ci dispiacerebbe portare la nostra forza all’estero, ma vedremo.
Perchè?
Non è ancora compreso il concetto di startup e che differenza c’è con un’impresa classica. Immaginiamo la startup è una come una Ferrari nuova di zecca. Serve comunque il carburante per vederla in azione, cioè servono investimenti. Oggi la propensione al rischio da parte di molti investitori è ridotta al minimo, sono molto attratti dalla proposta ma non sono in grado di valutare il rischio quindi non se lo assumono, e in un settore emergente come quello AgTech bisogna avere una vision potente per farlo. Per quanto dettagliato e realistico possa essere il progetto, molti investitori aspettano che la startup sia già ben posizionata nel mercato per investire. Un controsenso. Ma siamo fiduciosi: la Ferrari intanto c’è.