L’altro giorno, durante una gita in un rifugio sul Lago Maggiore, ci siamo ritrovati solamente in due gruppi di persone: io con i miei amici e un gruppo di ragazzi che sembravano simpaticissimi. Normalmente si sarebbe creato un gruppo unico di persone che condividono il pasto, scherzi, battute e si conosce. Purtroppo però noi non conoscevamo la LIS, Lingua Italiana dei Segni e per quei ragazzi era più facile e veloce comunicare fra loro che non cercare di far capire a noi cosa stessero dicendo. I ragazzi erano sordi o sordomuti.
Questo è solo un piccolo spaccato di vita privata, mi sono però chiesto: come può una persona sorda scambiare con uno sconosciuto per strada quelle battute veloci, quelle cose semplici che ti scaturiscono un sorriso? O peggio, come fa a svolgere una commissione quotidiana in maniera semplice e veloce con un commesso, un barista o un impiegato di uffici pubblici?
Le stesse domande se le è poste, 9 anni fa, Francesco Pezzuoli, oggi 28enne ricercatore all’Università di Camerino e CEO e CoFounder di LiMiX, uno spin off accademico che ha sviluppato e registrato il brevetto di Talking Hands, un guanto che traduce in voce, attraverso una app per smartphone, i gesti della mano e dell’avambraccio.
Francesco, appassionato di elettronica che a cinque anni già smontava e rimontava computer, partecipa nel 2011 a un contest internazionale lanciato da MYO, azienda americana che oggi vende su Amazon un braccialetto con sensori elettromiografici e una IMU che comprende il movimento del polso e lo traduce in comandi per i videogiochi. Nel 2011 però, la stessa azienda non sapeva ancora come utilizzare questa tecnologia. Da qui, il contest a cui ha partecipato Francesco. Meglio utilizzarlo per attività artistico-ludiche come suonare il pianoforte o per aiutare qualcuno? Francesco ebbe l’intuizione di provare ad utilizzarlo per tradurre i gesti delle persone non udenti. La proposta piacque molto all’azienda americana, che però rigettò la proposta, con la motivazione che la tecnologia sapeva “leggere” esclusivamente i movimenti dell’avambraccio, escludendo tutti i movimenti della mano.
Da un “No” però, Francesco e Dario hanno deciso di sviluppare meglio la proposta che fecero al Contest e mentre continuavano gli studi, trovarono il modo per ampliare il raggio d’azione del braccialetto includendo i movimenti delle dita della mano. Identificarono poi la tecnologia per tradurre questi impulsi in voce attraverso il bluetooth e una app per smartphone. Nel 2014 presentarono l’idea al locale StartUp Weekend di Ascoli Piceno. Arrivarono secondi, ma l’idea ebbe una buona risonanza locale, tanto che una Professoressa di Matematica Applicata dell’Università di Camerino propose ai due giovani ricercatori di affidargli tutto il programma di Spin Off universitario, di modo che potessero dedicarsi completamente alla creazione del guanto Talking Hands.
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E’ così che ad inizio 2015 viene costituita la LiMiX srl, di proprietà di Francesco e Dario, altri soci privati, l’Università di Camerino e EOS Holding SpA. L’Università fornisce spazi e strumentazione e a metà 2015 viene registrato il brevetto. A inizio 2016 si ha il primo prototipo di guanto che fu possibile realizzare grazie alla vincita di diversi contest come lo StartCup Marche e E-Capital. Nonostante queste vincite però, i fondi non bastavano per procedere ulteriormente, tanto che Francesco e Dario avviano dialoghi con un venture capital per vendergli la società insieme al brevetto. Arrivano però i ben più sostanziosi €100.000 di premio dal Maker Faire di Roma, che permettono alla società di lavorare per presentare la loro proposta al Bando Regionale Marche per lo sviluppo di soluzioni utili a comunità locali per abbattere ostacoli nell’ambito della salute.
Vinto il Bando è stato possibile affinare il primo prototipo e svilupparne altri 20, utili per testare il prodotto e individuare le modifiche da effettuare. Il software è stato tutto sviluppato interamente da LiMix e i suoi ricercatori, mentre per l’hardware si sono affidati prima alla ACME Lab di Ascoli Piceno e poi alla Egicon di Modena. Il dispositivo è stato testato da una decina di ragazzi dell’ISISS – Istituto Superiore per Sordi di Roma. Era il 2018 e Talking Hands iniziava il percorso di coprogettazione con il target finale.
“Siamo stati quasi più contenti di ricevere le critiche che non i complimenti” Ricorda Francesco, “Sapevamo che Talking Hands poteva essere di aiuto, ma effettivamente non avevamo conoscenza diretta del linguaggio dei segni. E’ grazie ai ragazzi che abbiamo capito che Talking Hands non può e non vuole essere visto come un “traduttore simultaneo” della LIS – Lingua Italiana dei Segni. La LIS è una vera e propria lingua che al posto dei fonemi utilizza i Cheremi, che in tutto sono otto: quattro manuali e quattro non manuali. Se Talking Hands può interpretare i primi quattro, gli altri sono esclusi, perché si basano su Sguardo, Espressione facciale, Labializzazione e postura del busto. Sono elementi importantissimi, come per noi lo sono il volume e/o il tono della voce. Quello che si propone quindi Talking Heads è di essere un facilitatore, in determinate occasioni quotidiane, di accorciare le distanze comunicative fra persone non udenti e normoudenti. Come per svolgere le commissioni quotidiane, fare la fila all’ufficio delle poste o all’anagrafe, chiedere dove si trova la fermata più vicina di un mezzo pubblico”.
Non è un interprete della LIS
Francesco ci tiene molto a sottolineare che Talking Hands non può proprio essere considerato come l’interprete della LIS, ha imparato in questi anni che sarebbe riduttivo per tutta la comunità dei sordi far passare questo messaggio perché la cultura e la lingua di questa comunità hanno un’identità e una dignità chiara, definita e storica.
“Ogni utente può caricare il gesto che preferisce associandolo a una parola e creare il suo dizionario o vocabolario dei gesti. Noi forniamo già dei dizionari o vocabolari di base, ma ogni utente può modificarli come preferisce. Mi ricordo un ragazzo che quando lo ha usato per la prima volta all’ISISS di Roma, svolgeva i suoi gesti e poi sentiva vibrare il braccio e non capiva cosa stesse succedendo, si stava anche un po’ spazientendo. Poi la Professoressa gli spiegò che la vibrazione lo stava informando che il suo gesto, in quello stesso momento, era stato tradotto in suono dall’app sul telefono. E’ stato il momento più emozionante di tutta questa avventura, perché il ragazzo è diventato tutto rosso e gli sono venute le lacrime agli occhi. Ci ha chiesto di non mollare assolutamente mai, perché questo strumento avrebbe potuto velocizzare tantissime situazioni quotidiane con le persone udenti che non conoscono la LIS.”
Il team di LiMiX ha ricevuto centinaia di feedback dai ragazzi dell’ISISS di Roma e il primo passo è stato quello di lavorare sul device: il guanto, infatti, era scomodo e pesava. Al momento, la maggior parte delle risorse sono destinate a questo scopo: un team di designer industriali sta progettando un guanto più “user friendly”.
Nel frattempo l’Associazione dei Genitori di Bambini Autistici non verbali viene a conoscenza del dispositivo e contatta direttamente LiMiX.
“Non ci avevamo pensato, ma Talking Hands si è rivelato uno strumento di aiuto anche per un’altra community. I genitori di bambini affetti da queste tipologie di autismo ci hanno chiesto di testare il prodotto. Lo abbiamo fatto e sono stati condotti degli studi di ricerca, poi pubblicati, che dimostrano che Talking Hands ha insegnato a questi bambini a prendere confidenza con la comunicazione verbale e hanno imparato ad emettere le prime parole”.
Al momento i 20 Talking Hands esistenti sono utilizzati da alcuni di questi bambini per continuare le ricerche cliniche sugli effetti del device nell’agevolazione della Comunicazione Aumentativa Alternativa (AAC), mentre i designer stanno lavorando per migliorare il prodotto e il team di LiMiX sta effettuando uno scouting continuativo per trovare i fondi necessari per passare dal prototipo al prodotto pre industriale. Servono circa €1,1 milioni, che al momento LiMiX non ha, ma sta facendo richiesta di fondi a un bando europeo.
“La verità è che queste competition e i bandi hanno permesso a LiMiX di sopravvivere nel tempo, ma l’high tech ha bisogno di test, studi, ricerche, certificazioni e tutto questo richiedere tempo e risorse finanziarie di un certo tipo. I bandi ci aiutano ma hanno i loro tempi. La chiave di volta per noi sarebbe l’interesse di un attore privato già attivo nella distribuzione sul mercato di servizi e device per migliorare l’udito o fondazioni nazionali e internazionali che hanno a cuore la causa della comunicazione per ogni minoranza e dell’integrazione delle persone sorde o autistiche”.
Talking Hands è solo un primo passo per abbattere le barriere fra persone sorde o con autismo comunicativo e le cosiddette “normoudenti”. Molto potrà essere sviluppato in futuro ma è necessario concludere lo step 1 di un processo che potrebbe portare a risultati ad oggi inimmaginabili. Le persone sorde sono circa 70.000 in Italia a cui si aggiungono 5 milioni di audiolesi più o meno gravi.
Talking Hands può tradurre i gesti degli utenti non solo in italiano, ma anche in altre lingue come francese, inglese e spagnolo e qualsiasi altra lingua può essere aggiunta in futuro, cosa che rende Talking Hands un prodotto che risponde alle esigenze delle persone sorde di tutto il mondo e non solo italiane. Un mercato potenziale di circa 360 milioni di utenti a cui si aggiungono altri 12 milioni di persone nello spettro autistico.