La quinta generazione finalmente è una realtà. Che si fa strada nell’ecosistema tecnologico, in attesa che le promesse di una nuova generazione di app e servizi diventi pienamente realtà
Per il 5G i lavori sono in corso: secondo i dati che snocciola Huawei nel corso della sua conferenza annuale a Londra, in cui presenta a operatori e addetti ai lavori lo stato dell’arte della sua tecnologia per l’infrastruttura di rete, il numero di nazioni in cui è attiva una connessione di nuova generazione ormai ha raggiunto e superato la soglia di 50. Ma quello che si attende l’azienda cinese, da questo 2020, è che le aspettative relative a tutto quanto fa parte della promessa del 5G si concretizzino: intelligenza artificiale, Internet of Things, big data fanno tutti parte di una nuova equazione. Che ora, finalmente, può iniziare a produrre risultati.
Non è (solo) questione di velocità
I nuovi apparati 5G hanno promesse impegnative da mantenere, soprattutto per quanto riguarda la velocità di connessione: promesse fin qui mantenute solo in parte, anche alla luce di una serie di questioni tecniche che non possono essere ignorate. Siamo in attesa, in altre parole, di vedere le cosiddette reti SA (stand alone) prendere vita: saranno quelle che permetteranno di fare il grande salto in termini di performance sia per banda passante (quindi velocità massima di trasferimento dati), sia sopratutto per quanto attiene la latenza. Con una latenza inferiore ai 10ms inizieremo a fare sul serio su temi come l’automazione industriale, la guida autonoma, la creazione di servizi per il gaming e l’education che permetteranno la fornitura di contenuti a distanza che tanto risulterebbero utili in quest’epoca di smartworking.
Proprio questo è il tema cruciale da affrontare: 5G non significa andare più veloci, non solo, ma soprattutto significa avere a disposizione finalmente una rete mobile capace di operare su più frequenze e con funzioni un tempo solo immaginate. Lo slicing, ad esempio, significa “comprare” una fetta di una rete mobile su cui far transitare servizi cruciali per un’azienda con una garanzia di performance e sicurezza (con buona pace del cosiddetto best effort). Oppure le possibilità offerte dal 5G per i media: costruire un contenuto in diretta, magari una notizia raccontata dal luogo stesso in cui nasce, in altissima definizione e senza ritardi di trasmissione. O ancora, la possibilità di raccogliere informazioni sullo stato di una manifattura direttamente in fabbrica, elaborando le informazioni direttamente nell’orlo della rete stessa (edge) e riportando all’intelligenza centrale solo i dati indispensabili: digital transformation, eccoci.
Tutto questo ha cessato di essere aspirazione, inizia a diventare realtà: Huawei ha mostrato quanto realizzato nelle fabbriche cinesi di Haier, connesse in 5G e ora in grado di monitorare lo stato delle lavorazioni senza l’aggravio di cavi che vanno sostituiti per usura ogni 4 settimane, ma applicazioni simili ci sono già per l’agricoltura in Svizzera, o ancora complessi portuali e siti minerari in Cina. Oppure la trasformazione dei classici “zainetti” 4G che oggi indossano i cameraman delle TV impegnati in remoto per una diretta, diventati apparati tascabili che offrono maggiore qualità in una frazione del peso e dell’ingombro. L’espressione forse più calzante utilizzata per descrivere questo nuovo universo è la seguente: se per suonare una sinfonia serve un’orchestra, per dare vita al potenziale del 5G serve un intero ecosistema che oggi è in via di costruzione. Nessuno può permettersi di restare indietro: le opportunità da cogliere sono enormi e parliamo di un orizzonte che durerà per i prossimi 10 anni.
Antenne tutto in uno
La soluzione più significativa mostrata quest’anno da Huawei è probabilmente quella denominata BladeAUU: è un’antenna, lunga appena 2 metri ed equivalente a molte altre che già siamo abituati vedere in circolazione sui tralicci e sulla cima di palazzi, ma fa più che in passato. In quei due metri c’è tutto quanto serve per gestire le reti 2G, 3G, 4G e ora anche 5G, e per aggregare fino a 400MHz di frequenze nello spettro cosiddetto Sub6 (per ora la cinese si è concentrata su questo, lasciando il campo del mmWave a sviluppi successivi) così da riuscire a garantire piena operatività alle telco che offrono già servizi in tutte le tecnologie disponibili, ma che devono confrontarsi con l’annosa frammentazione dello spettro che complica parecchio i giochi in Europa.
Per dare un’idea di cosa stiamo parlando, l’offerta di Huawei è la seguente: con questi dispositivi, oggi, si può investire in una prospettiva di crescita della rete e dei servizi con una prospettiva a 5 anni e oltre. In altre parole: unendo una BladeAUU a un apparato Huawei SingleRAN (con le nuove base station che pesano poco più di 24Kg per meno di 500W di consumo a piena potenza erogano connessioni MiMo 64×64) è possibile costruire già da oggi una rete che in prospettiva sarà SA ma che oggi è inevitabilmente nSA (non Stand Alone), in grado di costruire un ponte tra “vecchio” e “nuovo”. Inoltre, al contrario che in passato i nuovi apparati sono pensati da subito in prospettiva di sostenibilità: consumano esattamente quanto consumavano i precedenti, in futuro ci si attende le inevitabili ottimizzazioni del caso, e ciò costituisce un vantaggio sia per la logistica (l’upgrade richiede poche settimane, invece di mesi) che per l’ambiente.
Altro aspetto importante di cui tenere conto sono gli impieghi consumer della rete, che si intrecciano in un certo senso con quelli B2B: i primi casi analizzati nei Paesi più avanti sul piano dell’adozione del 5G, Corea in testa, mostrano che il consumo da parte degli utenti cresce di pari passo con la diffusione della nuova tecnologia. L’efficienza di questi nuovi apparati permette però di offrire di più allo stesso prezzo, e anche – qui Huawei ha lavorato di concerto con gli operatori – di sviluppare la possibilità del 5G di fornire servizi diversi a consumatori diversi. Ciascun servizio avrà un impatto diverso sulla rete (chi ha bisogno di giocare, chi di guardare film, chi di navigare semplicemente), ciascun servizio avrà un costo differente e una fatturazione ad-hoc: la gestione deterministica delle risorse permetterà di rendere più efficiente e mirato lo sfruttamento dell’hardware e delle frequenze.
Senza dimenticare, infine, il paradigma dell’ecosistema completo: che va dai device consumer, gli smartphone e non solo, su fino all’infrastruttura di rete dei campus (palazzi, fabbriche, università: ovunque ci sia bisogno di connettività diffusa), l’infrastruttura di una rete nazionale e poi ancora più su fino alla connessione tra nazioni. Ci sono i nuovi protocolli WTTx, quelli che usano il 5G per portare la banda larga nelle zone dove la fibra non c’è, su cui Huawei scommette per convincere gli operatori delle zone rurali e fidarsi ancora di lei (si parla di 500 milioni di consumatori interessati, non proprio bruscolini): e poi ci sono i progetti per connettere il mondo che ancora connesso non è, come il progetto RuralStar che contiene in 100W il consumo di un’intera stazione 5G che si alimenta con i pannelli fotovoltaici e porta la connessione veloce in località remote.
Avamposto Europa
Tracciare un quadro complessivo di dove siamo, oggi, con l’introduzione del 5G nella nostra infrastruttura è complesso: in Cina sono già oltre 15mila i siti di nuova generazione installati e attivi, ci saranno 200 milioni di utenti connessi al 5G entro quest’anno. In Corea e in Finlandia assistiamo allo stesso tipo di tendenza: offrire ai consumatori una connessione 5G superiore per qualità e velocità assicura genera un maggiore consumo da parte dei clienti, che pagano volentieri un paio di euro in più ogni mese per usufruire di queste novità. L’obiettivo da qui in avanti, naturalmente, è iniziare a costruire un’offerta che sia molto diversa da quella attuale: non più tanti euro al mese per tanti gigabyte, bensì un prodotto su misura delle esigenze del consumatore.
Costruire il 5G significa allargare la platea di soggetti coinvolti nella costruzione della rete: gli operatori devono camminare di pari passo con i fornitori di servizi, che oggi iniziano a testare le performance e le possibilità della tecnologia per costruire rapidamente un’offerta differente. Parliamo di TV e giochi on demand, ad alta risoluzione, sullo schermo della TV di casa o del proprio cellulare; di reti private che connettono complessi produttivi, sedi remote, cittadini e istituzioni; telemedicina, realtà aumentata, realtà virtuale, con queste ultime declinate sia per scopi consumer che industriali.
L’Europa gioca un ruolo importante in questa partita: l’Asia e il Medioriente sono partiti in anticipo, ma subito dopo ci siamo noi e possiamo essere un crocevia importante tra Oriente e Occidente. Huawei crede in questa possibilità: ha annunciato l’intenzione di costruire persino una fabbrica in Francia, destinata alla costruzione di apparati 5G, in cui intende investire non meno di 200 milioni, che si sommano alle cifre già promesse in Italia e nel resto del Vecchio Continente (solo in Italia saranno 3 miliardi di euro). Il 5G assicura “nuovo valore”: così ha esordito Ryan Ding, Executive Director e Presidente di Huawei Carrier BG, e non si riferiva solo ai conti della sua azienda.