Una struttura di stampa tridimensionale cardiaca vascolarizzata farà da modello per sviluppare nel futuro altri prototipi di organi e tessuti, utili a testare terapie personalizzate e sempre più precise
Organi modello in vitro, creati grazie a una bio stampa 3D per sperimentare terapie ‘personalizzate’ al posto dei test farmacologici sugli animali e senza ricorrere a indagini invasive su pazienti affetti da mutazioni genetiche. A metterli a punto sono i ricercatori dell’Istituto di biologia cellulare e neurobiologia del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr – Ibcn), del Campus biomedico di Roma e della Fondazione Giovanni Paolo II di Campobasso. La ricerca è stata pubblicata su ‘Scientific Report’.
La rivoluzione della 3D Bio printing
Fino a non molti anni fa una rivoluzione di questo tipo era solo immaginata. Oggi la 3D Bio printing (la bio stampa tridimensionale) permette di raggiungere risultati che porteranno a una medicina sempre più personalizzata e precisa, migliorando l’accesso alle cure. Fu Charles Hull negli anni Ottanta ad avere l’idea di costruire una macchina che stampasse oggetti. Probabilmente negli anni passati le persone avrebbero pensato a una sorta di scherzo o a una visione da film da fantascienza, sentendo parlare qualcuno in merito alla possibilità di stampare oggetti. Invece, l’ingegnere ci credette con tutte le sue forze. E nel 1986, il brevetto. L’invenzione di Hull ha portato a un ripensamento in vari campi, dalla cultura alla medicina. Oggi con la tecnica a 3D si può davvero realizzare di tutto. Ecco allora che anche nella ricerca scientifica e medica, la bio stampa tridimensionale sta permettendo di rivoluzionare il concetto stesso di ‘health’. Tecnologia e sanità, insomma, sembrano darsi la mano. La ricerca del Cnr Ibcn costituisce un altro tassello da inserire sul quadro della rivoluzione in atto.
La sperimentazione, tra innovazione e limiti
“Fino a oggi”, spiega Roberto Rizzi, ricercatore Cnr-Ibcn e coordinatore dei lavori, “la sperimentazione animale ha generato la maggior parte delle informazioni sulla validità di un prodotto farmaceutico, considerando, innanzitutto, la diversità specie-specifica del target finale e solo successivamente la causalità dell’insorgenza della patologia nel paziente”. I test sugli animali hanno da sempre creato dibattito dal punto di vista etico, tra chi sostiene la liceità delle sperimentazioni per trovare terapie sempre più precise e chi invece le condanna. Ma c’è anche un altro punto che qui è ben sottolineato e cioè il fatto che ancora manca una specificità individuale per quanto riguarda le sperimentazioni sui farmaci e di conseguenza la certezza che quei farmaci siano realmente efficaci.
Prototipi di organi per terapie personalizzate
L’obiettivo di questo lavoro è appunto sviluppare tessuti umani specifici per testare i farmaci e arrivare a ridurre così il ricorso a terapie non sempre necessarie e adatte al paziente. “Su questa linea”, afferma Fabio Maiullari, ricercatore della Fondazione Giovanni Paolo II, “è stata realizzata per la prima volta con questa tecnologia, una struttura di stampa tridimensionale cardiaca vascolarizzata, utilizzando cellule multi-specie, sia murine (riprogrammate) sia umane, partendo da differenti geometrie di stampa”. Si partirà da questo modello per sviluppare nel futuro altri prototipi di organi e tessuti, per esempio la giunzione neuromuscolare, cervello, cervelletto, pancreas, cute, microambienti tumorali, vasi sanguigni, etc., da cellule staminali pluripotenti indotte, utili a testare terapie su misura per curare patologie neurodegenerative ma anche oncologiche.
La nuova sfida del sistema sanitario
Il lavoro rientra nel progetto SATISFY ‘Generazione di tessuti umani individuo-specifici per test di efficacia di nuovi farmaci’, coordinato dal Cnr, in collaborazione con il Dipartimento di scienze e biotecnologie medico-chirurgiche dell’Università la Sapienza di Roma e finanziato dal programma di LAZIOINNOVA (2018) ‘Progetto gruppi di ricerca- Conoscenza e cooperazione per un nuovo modello di sviluppo’. Claudia Bearzi, ricercatrice Ibcn Cnr, sottolinea l’importanza di creare terapie personalizzate per migliorare la qualità della vita e dare nuove possibilità di cure ad hoc. “Sviluppare terapie mirate e su misura potrebbe rappresentare una vera e propria rivoluzione nell’assistenza sanitaria, mutuata da una visione clinica paziente-centrica. Attuarla appieno significherebbe fornire la giusta terapia al giusto paziente al momento giusto, evitando così un’esposizione a farmaci potenzialmente inefficaci se non tossici per l’organismo”. I risultati potrebbero essere consultabili su una piattaforma open data. “La medicina personalizzata”, conclude Roberto Rizzi, “rappresenta la frontiera di diagnosi e trattamento di numerose patologie, verso le quali a oggi molti farmaci non si rivelano efficaci quanto dovrebbero. Si tratta di una sfida a cui il sistema sanitario è chiamato a trovare una risposta in termini di incremento della qualità, sicurezza della cura e ottimizzazione dei costi di assistenza. I vantaggi evidenziati dai progressi della ricerca sono tali da spingere le aziende farmaceutiche ad affiancare linee di sperimentazione che prevedono l’uso di strumenti di analisi e test di diagnostica molecolare, con l’obiettivo di prescrivere farmaci sempre più cuciti su misura”.