Nato in collaborazione tra la Stanford University e l’Ateneo Saudita Kaust, OceanOne è un robot umanoide che promette di rivoluzionare il mondo delle esplorazioni subacquee. Soprattutto per recuperare preziosi reperti e curare ambienti delicati come le barriere coralline.
Grazie a OceanOne il mondo delle esplorazioni subacquee non sarà più lo stesso. Questo robot umanoide è capace, infatti, di perlustrare le profondità marine e riportare in superficie reperti preziosi o campioni naturali dal grande valore scientifico. A differenza di altri prototipi è un esemplare molto avanzato, ricco di sensori su braccia e mani per avvertire il peso degli oggetti e proteggerli una volta che sono stati individuati e recuperati.
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Chi ha creato OceanOne
Il robot è nato da una collaborazione tra la Stanford University e la King Abdullah University of Science and Technology, in Arabia Saudita. Il progetto iniziale mirava a creare una macchina, non particolarmente complessa, che fosse in grado di aiutare scienziati ed esploratori a conoscere in maniera più approfondita i segreti del Mar Rosso. Ma per realizzarla c’era il bisogno di affidarsi a chi già avesse sviluppato competenze ed esperienze nel settore della robotica, come l’Università americana.
Così, pian piano, il progetto si è ingrandito, aprendosi a nuove possibilità e raggiungendo nuovi traguardi.
Le caratteristiche del robot
La prima cosa che colpisce è la somiglianza di OceanOne con l’essere umano. Gli arti superiori possono compiere azioni complicate essendo dotati di sensori di forza che informano il pilota sul peso degli oggetti. Ma quello che stupisce è la quantità di dati che OceanOne può analizzare, in pochissimo tempo. Dati che utilizza per muoversi correttamente e completare la missione senza danneggiare reperti di inestimabile valore. La sua presa, infatti, è salda ma anche delicata, i suoi movimenti decisi ma non avventati. Pochi rischi, insomma, e una certa affidabilità.
Il robot viene controllato da remoto tramite una coppia di joystick sofisticati. Il pilota, grazie a particolari sistemi, può sentire ciò che robot tocca e trattiene tra le mani. OceanOne possiede un cervello artificiale per lavorare in modo il più possibile autonomo. Non particolarmente alto, appena 150 centimetri, possiede anche diverse batterie, un computer e otto propulsori multi-direzionali.
I casi di emergenza e pericolo
La navigazione subacquea del robot è governata da telecamere e sensori che misurano tutto quello che accade nelle profondità oceaniche: dalle correnti alle turbolenze, dagli ostacoli agli “ospiti”. Quando il sistema si accorge che qualcosa non va il robot, automaticamente, si predispone per mantenere una posizione stabile e sicura. Questo vale anche per le emergenze: se il tutto non andasse a buon fine entrano in gioco alcuni motori per tenere ferme almeno le braccia e salvaguardare il materiale ripescato. E se l’impatto è inevitabile, l’umanoide attutisce il colpo con le braccia, minimizzando le conseguenze.
Una delicatezza che gli permetterà anche di lavorare tra le fragili barriere coralline
La prima missione, in Francia
Per testare l’efficacia di OceanOne si è deciso di affidargli una spedizione relativamente facile. La missione riguardava una nave appartenuta alla flotta di Re Luigi XIV, La Lune, affondata nelle coste meridionali della Francia, nel 1664. Il robot è stato in grado di individuare e recuperare un vaso del 18° secolo che oggi è affidato all’Università di Marsiglia. E vista la riuscita dell’operazione, l’Ateneo ha già identificato altri relitti da esplorare, tutti tra i 400 e i 1000 metri di profondità. Missioni complicate per l’uomo ma non per OceanOne.