Primi prodotti realizzati con il nuovo processore M1 disegnato a Cupertino. Si piazzano alla base dell’offerta di casa, in attesa di vedere che cos’altro avrà in serbo la Mela per il 2021
Tim Cook fa qualcosa di coraggioso: riprende la campagna che aveva fatto grande (di nuovo) il Mac, quella lanciata da Steve Jobs con i volti di grandi menti del presente e del passato, e la rivoluziona per trasportala ai giorni nostri. L’occasione lo impone, è il lancio della nuova linea di Mac basati su architettura Apple: è il sogno dell’autarchia totale di Steve Jobs (farsi l’hardware e il software in casa) che prende finalmente vita. Ed ecco che in meno di un’ora prende corpo questa rivoluzione: che significa più indipendenza nel disegnare le roadmap dei prodotti, e anche più margini su cui lavorare per rendere di volta in volta più appetitosa o più remunerativa la propria offerta.
Nuovo processore vuole nuovo sistema operativo
E allora che cos’è la nuova generazione dei Mac? È il risultato di una decina d’anni, più o meno, di vita e di esperienza maturata nel mondo del mobile che viene traslato nel mondo dei PC. E il cuore di tutto è il nuovo processore M1: quello che Apple definisce un prodotto capace di offrire prestazioni allo stato dell’arte ma garantendo un consumo ridotto rispetto alla concorrenza. L’idea di fondo è che si sfrutti il concetto di SOC, System On Chip: CPU, GPU, controllo delle memorie, è tutto integrato nello stesso componente che così accelera la comunicazione tra le parti e con la memoria di sistema.
16 miliardi di transistor, costruito a 5 nanometri, 8 core (con schema diviso in 4 core di potenza e 4 di efficienza, 12MB di cache L2 per i primi più altri 4MB per i secondi): secondo Apple, la sola parte di efficienza di M1 è già potente abbastanza da eguagliare un processore Intel Core dual-core come quello montato fin qui nel modello base dei MacBook Air, a cui però poi sommare tutto il resto. Il punto è migliorare l’efficienza, usare il 25% della energia per fare lo stesso di quanto si fa con i cari, vecchi processori x86.
Anche la GPU è tutta studiata in casa, per fare scopa con la CPU: secondo Apple, la grafica integrata (sempre un 8-core) con le sue 128 execution unit è in grado di doppiare la grafica integrata di qualsiasi altra CPU in circolazione usando solo il 33 per cento dell’energia. Poi c’è un neural engine 16-core, una secure enclave e pure la compatibilità con tecnologie come la Thunderbolt di Intel e con la nuova USB4: significa tanto, significa gettare un ponte con il mondo dei PC ma andando per la propria strada, significa che Apple ha studiato nel dettaglio ogni aspetto di questo passaggio per non complicarsi la vita e non complicare la vita ai propri clienti e costringerli a cambiare ancora una volta tutti gli accessori.
Per sfruttare tutto questo c’è bisogno del nuovo sistema operativo, ovvero Big Sur: anche noto come MacOS 11 (esce giovedì, 12 novembre). Big Sur permette di creare quelle che Apple chiama, senza molta fantasia, Universal App: applicazioni che sono progettate per funzionare su processori M1 e processori Intel. Per chi non si è ancora aggiornato, come invece ha già fatto ad esempio Adobe, c’è Rosetta 2: è il sistema di emulazione messo in pista da Apple, che c’è da augurarsi che funzioni meglio della prima versione. Infine, ma questo è scontato, se avete un processore M1 a bordo potrete usare pure le vostre app per iPad o iPhone.
Ecco i nuovi Mac
Il primo prodotto a montare il nuovo processore M1 è ovviamente il MacBook Air: è la scelta più ovvia, perché l’autonomia, la leggerezza e le performance di questo segmento sono il perfetto compromesso per far brillare le capacità del nuovo hardware. Senz’altro, se le performance promesse da Apple saranno confermate, significa avere un processore decisamente più potente di quanto visto fin qui su questa classe di laptop (oltre 3 volte più potente, e con una grafica 5 volte più potente): e questo significa poter lavorare a un video 4K su una macchina che fin qui non avresti mai pensato di usare per fare montaggio, e lo stesso vale per la grafica e persino per i giochi (ovviamente senza arrivare ai titoli tripla-A).
L’altra faccia della medaglia è ovviamente la questione efficienza: niente ventola nel nuovo Air, e 15 ore di autonomia nel web-browsing, 18 ore guardando video, facile affermare che si starà tutta una giornata (e forse pure di più) lontano dalla presa. Migliorata la webcam, era ora!, grazie sempre al chip M1 e migliorato lo schermo da 13 pollici (ora spazio colore P3 wide): si parte da 1.159 ero, un prezzo interessante considerato che nella stessa fascia di mercato non ci sono poi molti concorrenti con lo stesso tipo di caratteristiche. Occhio solo che il modello “base” dell’Air monta una GPU da 7-core invece degli 8 canonici: differenza non eccezionale, ma tenetene conto.
Poi c’è il nuovo Mac Mini, una macchina che non ha mai goduto un ritmo di aggiornamenti al pari dei suoi fratelli: certo, ora con il nuovo Apple Silicon tutto questo potrebbe cambiare. Con questo nuovo processore M1 anche questo prodotto potrebbe vivere una seconda vita e catturare l’attenzione di un nuovo tipo di utente: è compatto, è potente il giusto (sicuramente più della media dei super-compatti desktop). Attenzione, monta una ventola: questo significa probabilmente che in questo prodotto il processore M1 è più spinto che sull’Air, segno che con il suo silicio Apple può gestirsi al meglio. Si parte da 819 euro, anche qui niente male.
E poi, finalmente, prende vita il nuovo MacBook Pro 13 pollici: le somiglianze lato hardware sono maggiori con il Mac Mini che con l’Air, le specifiche sembrano le stesse ma Apple si guarda bene da offrire benchmark analitici limitandosi a citare una grafica integrata 5 volte superiore a un PC con CPU x86 della stessa classe. Ma poi c’è spazio per una batteria più grande, per microfoni e una webcam migliori che in passato, il tutto per 1.479 euro: è davvero un prezzo concorrenziale se le promesse saranno mantenute. La scelta di puntare su questi tre modelli è stata probabilmente anche dettata dall’intenzione di offrire un approccio intrigante alla nuova architettura sotto questo punto di vista: non resta che metterli alla prova.
E poi, one more thing: alla fine di tutto un easter egg eccezionale, il ritorno di un mito. Non si vedeva dalla WWDC del 2009, John Hodgam, su uno schermo Apple: era il PC della celeberrima campagna “Get a Mac”, ed è un occhio strizzato agli affezionati. Bel colpo Tim, molto ben giocata.