L’appello del colosso giapponese: “Sviluppiamo videogiochi assieme”
Narra la leggenda (non di Zelda), che tanti anni fa, ai tempi del NES e dello SNES, quando la software house nipponica Nintendo era ancora guidata da Hiroshi Yamauchi – l’ultimo rampollo della famiglia che la fondò nel lontano 1889 -, chi voleva sviluppare sulle sue console dovesse soddisfare criteri particolarmente esosi e, soprattutto, pagare royalties piuttosto salate. Da allora i tempi sono cambiati parecchio se Nintendo oggi sta andando a caccia di studi indipendenti. Una ghiotta opportunità di crescita e visibilità per le startup italiane del settore.
Nintendo incontra le startup a Milano
Si è svolto ieri l’incontro tra la filiale italiana della software house con sede a Kyoto e le startup del videoludo. In sala, per Nintendo Italia, Dario Cavallone, il quale ha rimarcato l’esigenza della software house giapponese di puntare su giovani talenti per crescere: “Grazie agli indie – ha affermato Cavallone – stiamo crescendo parecchio sul mercato del digitale, territorio finora inesplorato per Nintendo”. Dall’altro lato del tavolo, Roberto Semprebene di Storm in a Teacup, Simone Perseo e Mattia Frigerio di Forge Reply (realtà afferente alla quotata Reply), Francesco Centazzo di Tiny Bull Studios e Alberto Belli di Gamera Interactive.
Ciascuno di questi studi di sviluppo vanta almeno una pubblicazione sullo store digitale Nintendo eShop di Switch. “Portare il nostro videogioco horror, Close to the Sun (in arrivo su Nintendo il 29 ottobre prossimo) su Switch ha presentato una sfida nella sfida”, ha detto Semprebene di Storm in a Teacup. “È infatti una console particolare, ibrida, sia da salotto sia portatile e adattarlo alla modalità handheld è stata una avventura”. A Close to the Sun hanno lavorato una quindicina di persone per due anni.
“L’utenza Nintendo è sempre stata particolare – gli ha fatto eco Simone Perseo di Forge Reply – vale a dire molto autoreferenziale. Focalizzata insomma sulle avventure di Super Mario e le leggende di Zelda. Sfruttare quella vetrina ci ha permesso di raggiungerla: ne siamo davvero felici”.
“Il porting di Joe Dever’s Lone Wolf ha impiegato tre persone per circa tre mesi, il gioco in origine aveva invece richiesto il lavoro di 15 figure”, ha aggiunto Frigerio. Gamera Interactive ha deciso di sfoderare un platform old school proprio nel sancta sanctorum del genere, dove ha avuto i natali Super Mario: Unity 4.
“Le vendite ci stanno soddisfacendo. Attualmente in studio siamo in dieci ma puntiamo a raddoppiare”, ha spiegato Alberto Belli. “Il nostro obiettivo – ha poi aggiunto – è far uscire un videogame ogni due mesi, anche in co-produzione o come publisher”. “Per noi Nintendo Switch è stato non solo un punto di arrivo ma speriamo anche di partenza”, ha invece detto Centazzo di Tiny Bull Studios, software house che ha debuttato sull’eShop con Omen Exitio Plague, un librogame sulla falsariga del genere che andava forte negli Anni ’80.
“Attualmente – ha illustrato – siamo uno studio di sviluppo con base a Torino di 20 persone, nel 2013 eravamo solo in due. In pochi anni abbiamo raggiunto con i nostri titoli una nicchia di pubblico inattesa: un nostro fan russo per esempio ha tradotto sua sponte un nostro videogioco”.
Come sta il comparto italiano?
Data la presenza di AESVI – la “Confindustria del mondo dei videogame italiani” – all’evento, l’appuntamento organizzato da Nintendo è stato anche l’occasione per capire come va il mercato e quanto è vitale il comparto italiano. “Nel nostro Paese attualmente ci sono 127 studi di sviluppo e il 57% ha sede al Nord”, è stata la fotografia resa da Giorgio Catania dell’Associazione Editori Sviluppatori Videogiochi Italiani . “Si tratta – ha aggiunto – di un settore che impiega circa 1100 persone. Negli ultimi anni il numero di imprese non è cresciuto ma quelle esistenti si stanno consolidando: sempre più realtà riescono a sviluppare videogame che escono dai confini nazionali e vengono apprezzate dal pubblico e dalla critica di tutti i continenti”.
Mario + Rabbids Kingdom Battle è stato sviluppato interamente in Italia, da Ubisoft Milan
Cosa chiedono le startup dei videogiochi al governo
E lo Stato cosa fa? Dà una mano a questi giovani talenti? Sul finire del 2016 aveva fatto capolino la “legge cinema” voluta dall’allora ministro dei Beni Culturali, Dario Franceschini, che estendeva contributi e sgravi fiscali anche agli studi di sviluppo. L’intera normativa era però rimasta lettera morta in quanto impiccata a decreti attuativi che non sono mai stati promulgati.
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Ora il caso vuole che dopo tre anni sia tornato a quel dicastero proprio Franceschini. “Un’ottima occasione – ha detto Catania – per chiudere finalmente quei decreti. In così poco tempo abbiamo cambiato molti esecutivi, non è stato facile per noi di AESVI continuare a tenere i contatti con il ministero dei Beni culturali e con quello dello Sviluppo economico, ma il dialogo non si è mai interrotto. In Francia – ha concluso – le software house vengono agevolate perché lo Stato riconosce che, oltre a generare profitti, creano prodotti culturali: avremmo bisogno anche noi di un analogo trattamento. Da solo il capitale privato non permette alle nostre realtà di affrontare mercati strutturati e agguerriti come quelli europei, americani e giapponesi”.