Connettere gli abitanti dello stesso quartiere per renderlo “più sicuro e più felice”: l’Ad Nirav Tolia racconta l’obiettivo dell’app che nel nostro paese ha già 30 mila iscritti
Rendere migliore il proprio quartiere “è un bisogno umano di base”: c’è questa intuizione all’origine di Nextdoor, il social network dedicato alle comunità di vicinato da poco sbarcato anche in Italia, che dopo alcuni mesi di fase beta in cui ha raccolto che più di 30 mila iscritti, è stato presentato ufficialmente a Milano.
Ad illustrarlo, il suo ideatore e amministratore delegato Nirav Tolia, texano con alle spalle una lunga carriera nella Silicon Valley che lo ha fondato nel 2011, ispirato dalla teoria di uno dei più celebri politologi e sociologi contemporanei, Robert Putnam, secondo cui “il vicinato è l’esempio perfetto di rete sociale”.
L’Italia fonte di ispirazione
“La nostra ambizione quando abbiamo fondato la società” ha raccontato Tolia a Startupitalia!, “era di usare la tecnologia per migliorare la vita delle persone vicine di casa. Siamo arrivati in Italia dopo un lungo tirocinio prima negli Stati Uniti – dove oggi siamo presenti nel 90 per cento dei quartieri – e poi in altri paesi europei: Regno Unito, Olanda, Germania, Francia. Ma il vostro paese è sempre stata per noi una fonte di ispirazione, per il forte senso di comunità che si percepisce”.
Anche perché, come dicono i dati di una ricerca del Pew Research Center, gli italiani danno grande importanza ai rapporti con i vicini: il 67 per cento afferma di avere con essi buoni rapporti, mentre il 22% sostiene che siano addirittura ottimi. E l’82 per cento ha il desiderio di migliorarli. “L’Italia è molto avanti da questo punto di vista”, ha detto Tolia: “Basta pensare che negli Stati Uniti, quando abbiamo iniziato, il 30 per cento degli americani diceva di non conoscere neanche uno dei suoi vicini”.
Il social di quartiere
Il principio su cui fa leva Nextdoor, quindi, è “rendere i quartieri più sicuri e più felici” facilitando la nascita di legami di comunità tra persone che vivono vicine e che in molti casi, pur magari desiderandolo, non hanno ancora avuto l’occasione di conoscersi. Le possibilità di interazione sono numerose: dalle segnalazioni di eventi oppure di presenze sospette nel quartiere alle richieste prestito di oggetti (ad esempio attrezzi da giardino o per lavori in casa), dalla richiesta di assistenza agli anziani o di baby sitting all’organizzazione di occasioni di incontro o iniziative per migliorare la zona in cui si vive. Come il concerto benefico organizzato da un iscritto al social in piazza Gambara, a Milano, per raccogliere fondi per una bambina affetta da una malattia rara.
Tutte notizie che scorrono in una bacheca, affiancata a un servizio di messaggistica interno, che riunisce i membri del proprio circondario – e soltanto loro. L’iscrizione infatti è legata al proprio indirizzo, che Nextdoor verifica grazie alla localizzazione dello smartphone o all’invio via posta di una cartolina, e che però, ha detto Tolia, saranno gli utenti a decidere se rendere pubblico o no. Il servizio, ha spiegato poi l’ad, è destinato a rimanere sempre gratuito, ma in futuro può darsi che vengano introdotti dei piccoli banner pubblicitari, tarati sul pubblico locale: ad esempio annunci relativi ad attività del circondario. Un piano che comunque potrebbe richiedere tempi lunghi: nella versione statunitense gli annunci sono arrivati solo di recente, cioè quasi sette anni dopo il lancio. “Una volta Jeff Bezos disse una frase fantastica”, ha spiegato Tolia, “cioè che le aziende vincenti non sono quelle business-focused, ma quelle customer-focused”, quelle che più si preoccupano dei loro clienti: “È questo il modo in cui vogliamo lavorare”.
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Oggi Nextdoor – che ha circa 200 dipendenti ed è arrivato in Europa due anni fa – copre più di 200 mila quartieri dei paesi in cui è presente e più di 350 in Italia, “e siamo convinti che la nostra posizione di leadership globale ci darà la spinta per diventarlo anche in Italia”, ha detto il direttore italiano della società, Amedeo Galano. “Più forti sono i legami di vicinato esistenti, più velocemente Nextdoor avrà facilità a inserirsi e affermarsi, perché le persone capiscono il suo valore e iniziano a usarlo”, ha concluso Tolia: “Per questo sull’Italia siamo ottimisti: il nostro obiettivo da qui a un anno è essere presenti nel 50 per cento dei quartieri, anche delle città più piccole.”