Nella facoltà di Scienze Forensi dell’Università dello Staffordshire stanno applicando le tecnologie di scansione laser per fare indagini sulla scena del crimine
Tracce di sangue, impronte digitali, serrature forzate. Per chi non è del settore, la scena di un crimine è una giungla di particolari spesso invisibili e difficili da interpretare. C’è chi si occupa di raccogliere tutti gli indizi, catalogarli e infine ordinarli. Nell’atto finale di un’indagine, in tribunale, ciò che la giuria riceve per decretare il verdetto sono foto, filmati e le testimonianze verbali di chi ha visto o sentito qualcosa di significativo. Decine di frammenti che servono a ricreare quel momento di ombre e istinti. Ma si tratta pur sempre di un puzzle, dove immancabilmente restano vuoti di storia tra un pezzo e l’altro. Vuoti di cui è difficile stimare l’importanza, e la profondità.
Portare la giuria sulla scena del crimine
Allora perché non portare i giurati direttamente sul posto? Più o meno, è proprio quello che hanno pensato di fare dei ricercatori della Facoltà di Archeologia e di Scienze Forensi dell’Università dello Staffordshire, in Inghilterra. Grazie alla realtà virtuale puntano a ricreare fedelmente la scena del crimine in tutti i suoi dettagli in modo da fornire alla giuria una visita immersiva sul luogo del delitto. Il puzzle di particolari da analizzare diventa un video interattivo consultabile mediante visori VR (al momento sono stati testati gli HTC Vive). L’analisi diventa esperienza, lo studio diventa viaggio digitale in un frammento di vita fedelmente ricreato per l’udienza in tribunale.
Scenografia forense
Per realizzare questa “scenografia forense”, i ricercatori inglesi guidati dalla Dott.ssa Caroline Sturdy Colls hanno impiegato tecnologie di scansione laser grazie alla Advanced Laser Imaging ma anche droni nel caso di terreni all’aperto. I dati raccolti sono stati poi riuniti al computer e arricchiti usando tecniche di modellazione digitale come quando gli archeologi ricreano antiche rovine del passato. Anche se il progetto ha già ricevuto il premio Marie Sklodowska-Curie di 182 mila euro offerto dall’Unione Europea, questo nuovo approccio è al momento in fase di test con degli ostacoli ancora da superare, e i primi non sono logistici. E’ vero, sarà necessario fare un investimento per fornire alle sedi giuridiche i visori VR come anche finanziare le metodiche avanzate di raccolta dati. Ma la sfida più importante è burocratica, se non culturale.
Si tratta di un nuovo modo di fare indagini e proporre i risultati. Il sopralluogo viene virtualizzato e sarà necessario stabilire delle ferree linee guida per assicurare la fedeltà delle scene digitali elaborate in 3D. Immergere i giurati nella scena del crimine significa anche coinvolgerli maggiormente dal punto di vista emotivo, come accade in tutte le esperienze VR. Per quanto si tratti di una semplice scenografia, non bisogna mai dimenticare l’effetto cinematografico che ne deriva. E qualcosa che passa sotto il nome di manipolazione.