Comprendere e osservare gli impatti sugli esseri umani e sulle società significa affrontare il secondo pezzo della nostra problematica frase: l’idea di “miglioramento”.
L’affermazione “la tecnologia migliora il futuro” è molto interessante. Ogni sua parola è, infatti, un rompicapo.
Ci potremmo chiedere cos’è la tecnologia. Se è qualche cosa di diverso o distinto dall’essere umano, di situabile in un certo contesto o entro un qualche confine.
Ci potremmo domandare cosa possa voler dire che la tecnologia “migliora il futuro”. Migliora. Da quale punto di vista? Chi decide? Con quale obiettivo? E, ancora: c’è un singolo obiettivo, o piuttosto una miriade di obiettivi diversi?
E poi il futuro. Cosa è? È qualcosa che avviene? Che si crea? Che si costruisce? Chi lo costruisce? È singolo, plurale, alternativo, omogeneo, disomogeneo? O cosa.
Questi sono, ovviamente, solo alcuni dei dubbi e delle domande che potremmo iniziare a porci.
Qualcuno (magari esperto di filosofia, di linguistica o di psicologia) potrebbe farci notare che siamo partiti con un problema: la nostra affermazione contiene già le risposte desiderate.
Che fare? Mettiamo ordine e isoliamo i singoli elementi della nostra frase.
[2] “Migliora”
Dobbiamo, a questo punto, capire come comprendere e osservare gli impatti della tecnologia sugli individui e sulle società umane.
E ciò significa affrontare il secondo pezzo della nostra problematica frase: l’idea di “miglioramento”.
Per ogni singola persona, più o meno consapevole dei propri desideri, delle strategie e tattiche per raggiungerli (caso non comunissimo), questo potrebbe sembrare semplice e scontato. Ma non lo è, ovviamente. La nostra idea di “miglioramento” è impregnata di concetti che non dipendono dai nostri desideri e dalle nostre aspettative, ma anche dalla definizione socialmente accettata (almeno nel nostro gruppo sociale di riferimento) di cosa vuol dire “miglioramento”. Sono più soldi? Una vita più lunga? Più oggetti? Meno stress? Più tempo “libero”? Meno guerre? Più panini al prosciutto? Cosa? È questo un tema che affligge filosofi di ogni tipo, dalle discussioni sul Libero Arbitrio, al Senso della Vita, al Consumismo, alla Comunicazione.
Le cose si complicano ancor di più se si aumentano i punti di vista.
L’idea di avere un lavoro, se si è disoccupati, potrebbe sembrare un miglioramento per alcuni. Per altri, potrebbe esserlo continuare a non averlo e beneficiare di un reddito garantito. Altri desiderano la scomparsa del lavoro dalla faccia del pianeta. Altri ancora potrebbero pensare cose diverse. Tutte sono lecite. Come si fa? Su quale si investe? Su tutte? Su nessuna? Alcuni investono su certe, altri su altre? Sono tutte possibili simultaneamente?
Parlando di tecnologia, inoltre, entra in gioco anche l’evoluzione dell’identità e della soggettività post-umana. Siamo circondati da soggetti “non umani”, quali aziende, corporation, organizzazioni, ed altre entità: persone a tutti gli effetti (sono persone giuridiche) che esprimono desideri e strategie; emozioni (“il mercato ha paura!”); si assumono responsabilità; fanno azioni.
Cosa succede in un mondo in cui coesistono esseri umani e non-umani e gli umani potrebbero non essere più la specie dominante?
Facciamo un esempio. Per una corporation “X” che si occupa di trasporti marittimi, lo scioglimento della calotta polare sarebbe un miglioramento: potrebbe infatti trasportare merci in Cina “passando da sopra”, invece di fare tutto il giro del continente. Quindi si mette in testa di sviluppare tecnologie, comunicare, educare, fare lobbying per convincere anche gli altri (umani e non-umani) della bontà del suo piano, e rendere sostenibile l’idea.
Se vi sembra assurda quest’idea (e non lo è), si pensi agli scenari che si stanno aprendo con l’intelligenza artificiale: non c’è nessuna garanzia che l’intelligenza artificiale ragioni secondo la nostra logica, o che abbia a cuore la nostra sopravvivenza.
Inoltre, ci sono molte considerazioni che potremmo fare quando parliamo di “miglioramento”, di sviluppo.
Differenti culture hanno diverse percezioni di benessere, di miglioramento, di sviluppo. Diversi tempi e modi. Diversi livelli di dipendenza o libertà da beni di consumo e servizi. Diversi modelli relazionali, tradizionalmente presenti o acquisiti nel contemporaneo e/o tramite le tecnologie.
Ad esempio, sotto un certo punto di vista, avere dei robot che si prendano cura degli anziani potrebbe essere una cosa che migliora estremamente la nostra vita. Da un altro punto di vista potrebbe essere orribile: una società che non comprende l’importanza di avere a disposizione tempo e risorse per i propri “vecchi”. Ancora da un altro punto di vista (e questo vale anche per i bambini, ad esempio), i “vecchi” potrebbero essere “di tutti”, nel senso che se ci fosse una sensibilità mutualistica, le persone anziane non costituirebbero un fardello solo per i loro parenti, ma sarebbero un patrimonio dell’intera società, che se ne occuperebbe all’unisono, in maniera naturalmente attiva e collaborativa.
Anzi, in questo senso, i robot di cui sopra si rendono veramente necessari nell’ipotesi che stiamo attivamente creando attorno a noi un mondo in cui le persone si riproducono sempre meno, la vita si allunga, e quindi la società si trova sempre più composta di anziani. Tutto questo avviene, ovviamente, “grazie” alla tecnologia, che modifica gli esseri umani che influiscono a loro volta sulla tecnologia (servono i robot), eccetera, di nuovo nel ciclo di feedback dei cibernetici.
Salvatore Iaconesi e Oriana Persico [2/3] – continua