Intervista al massimo esperto italiano di nuovi mondi immersivi, autore del libro “Noi e il Web 3.0”. “Tra due anni chi non avrà un VR sarà fuori dal metaverso. Nel Web 3.0 con gli NFT si può creare un’economia reale”
Nel metaverso tutto è concesso? Come cambiano i rapporti interpersonali nel Web 3.0? E, in particolar modo, la formazione e la didattica che tipo di evoluzione vivranno? Domande sulle quali si è interrogato Lorenzo Montagna, scrittore, ex ad di Altavista, ViaMichelin e Yahoo!, presidente di VRARA, senior advisor di PwC ed esperto italiano di nuovi mondi immersivi. Se dare una definizione di “metaverso” non è per niente semplice, non lo è neppure descrivere le logiche e le potenzialità che si nascondono dietro a questo nuovo mondo. In un’intervista, a margine della presentazione del suo nuovo libro “Metaverso – Noi e il Web 3.0”, edito da Mondadori, abbiamo fatto il punto sul futuro che ci aspetta e sulle evoluzioni che, in particolar modo, il mondo della didattica e della formazione vivranno nel metaverso.
Cosa è, per lei, il metaverso?
Non è facile dare una definizione di metaverso; non è un videogioco, come molti pensano, ma sono una serie di ambienti. “Metaverso” è il termine più cercato su Google negli ultimi tempi ma quasi nessuno sa darne una definizione. E’ un mondo che tende ad andare oltre lo schermo, in una dimensione impersonale all’interno di uno spazio virtuale aumentato, decentralizzato e persistente. Si sta andando verso la definizione di una nuova era, dove la realtà aumentata predomina rispetto a quella virtuale. Un mondo in cui, grazie alla tecnologia, si riuscirà a fare quello che non si riesce a fare nella realtà e dove gli NFT acquisiscono un senso. La molla che spinge, infatti, a entrare nel metaverso, è quella che scatta quando ti rendi conto che in questo nuovo mondo puoi fare qualcosa che non potresti fare altrimenti. In questo senso, esistono due tipi di metaversi: aperti, che sono quelli che spingono alla decentralizzazione, e chiusi, dove si rimane sempre su una stessa piattaforma.
Quali sono, secondo lei, le sfide a cui il metaverso deve rispondere?
Sicuramente, la possibilità di poter coinvolgere anche altri sensi, come il tatto, su cui si sta studiando molto. Altra sfida importante è quella delle traduzioni simultanee, non solo di parole ma anche di immagini.
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Quale è la portata innovativa del metaverso?
Ci si deve rendere conto che, tra le tante possibilità che offre questo nuovo mondo, c’è anche quella di creare un’economia reale che passa per gli NFT. In questo senso, l’ad di Gucci ha dichiarato che il metaverso è l’unico ponte per riprendersi una generazione persa. C’è da chiedersi, quindi, se gli NFT possano, in qualche modo, dare vita a un mondo solo per ricchi. Oggi possiamo dire che il metaverso è l’evoluzione di Internet e che la virtual reality sarà sempre più centrale. Chi non avrà modo di accedere a queste nuove tecnologie tra due anni sarà fuori dal Web 3.0.
“Chi non avrà modo di accedere a queste nuove tecnologie tra due anni sarà fuori dal Web 3.0”
In questo nuovo mare magnum, il tema della proprietà dei dati come viene affrontato?
Il metaverso è un manuale di sociologia aperto. Dall’osservazione, ad esempio, del mio comportamento all’interno della realtà virtuale, questo nuovo mondo impara tantissime cose di me e delle interazioni che intrattengo con coloro che mi circondano. Il tema della proprietà dei dati è un capitolo interessante che, sicuramente, merita di essere approfondito e che potrebbe essere tutelato, ad esempio, con la blockchain. Un’altra questione spinosa è quella relativa alle riscossioni fiscali perché nel metaverso non esistono tasse da pagare.
“Nel metaverso non esistono tasse da pagare”
Veniamo al tema della formazione. Come cambia, questa, nel metaverso?
Gli ambienti immersivi in 3D hanno la capacità di avvolgere l’individuo, isolandolo da stimoli esterni. Di conseguenza, qualsiasi tipo di comunicazione, così come quella sensoriale, risulta ancora più efficace rispetto a quella che può avvenire in un luogo fisico. In questo senso, il futuro è nella VR. Venendo al tema della formazione, sono state condotte diverse ricerche. Tra queste, “L’efficacia della formazione sulle competenze trasversali della realtà virtuale nell’impresa”, redatta da PwC, dalla quale emerge che la formazione veicolata attraverso ambienti e contesti virtuali si distingue per una maggiore efficacia rispetto a un’aula scolastica. Questo avviene in termini di coinvolgimento emotivo; attenzione cognitiva; maggiore efficienza, che riduce i tempi medi della formazione e migliora la velocità di apprendimento, e di una più alta attenzione, data dalla quasi impossibilità di distrarsi nella realtà aumentata. In termini di coinvolgimento emotivo e cognitivo, con la VR ci si può muovere nel tempo e nello spazio anche in contesti molto differenti.
Come utilizzare questo tipo di tecnologia, dunque, a fini formativi?
Le tecnologie immersive possono essere implementate in modo diverso a seconda del fine che si vuole raggiungere. Se stiamo parlando di education, saranno focalizzate sulla trasmissione e sull’acquisizione di conoscenze di tipo scolastico o culturale; se si tratta di training professionale, invece, il focus sarà sullo sviluppo di competenze verticali e specifiche in ambito lavorativo, relativamente alle hard e soft skills. La realtà immersiva si configura come una palestra in cui gli utenti possono misurare le proprie capacità. Questo avviene anche all’interno delle piattaforme di gamification e nel metaverso, dove l’intelligenza artificiale si integra con la virtual reality e le neuroscienze, a supporto dell’apprendimento e per lo sviluppo di competenze, con la tendenza a configurarsi come tailor-made, basate sulle esigenze del singolo.