Jacque Fresco ha 100 anni e ha dedicato la sua vita a immaginare e costruire un futuro diverso, utopico, migliore. Il suo centro di ricerca, The Venus Project, si trova nel centro-sud della Florida, in mezzo al nulla. Storia di un incredibile visionario.
Ci sono persone che decidono di dedicare la loro intera vita al benessere collettivo. A ripensare l’economia, a progettare un futuro diverso, a inventarsi un sistema nuovo per eliminare differenze e povertà. Ho incontrato Jacque Fresco per caso, girovagando su internet. In questi mesi il suo nome campeggia su molti giornali americani per un motivo: a marzo ha compiuto 100 anni. Classe 1916. Ma sono gli occhielli, i sommari, i virgolettati di quegli articoli ad aver attratto la mia attenzione: “Il centenario che vive nel futuro”; “L’uomo che ha ideato il Progetto Venus”; “L’idealista che ha immaginato un mondo senza egoismi e denaro”. Ho cercato, scavato. Io che amo le utopie, i sogni impossibili. E sono rimasto affascinato dalla sua storia. A partire dalla sua voce:
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Il Venus Project research Center
Jacque Fresco ha 100 anni e vive nel mezzo del nulla. Il suo centro di ricerca si trova nel centro-sud della Florida, lontano dai centri abitati e immerso nella natura. Bisogna percorrere strade sterrate, bianche come la sabbia, per arrivarci. E nel tragitto s’incontrano pochi altri esseri umani. Il centro è costituito da una serie di cupole, fiancheggiate da alberi tropicali e un paesaggio da paradiso terrestre.
Con lui c’è Roxanne Meadows, 67 anni, da lungo tempo sua stretta collaboratrice e compagna di vita.
È un luogo magico, perduto nel tempo. Sembra quasi di stare dentro a un universo parallelo. E per certi versi, è davvero così: «Oggi, in tutte le economie del mondo, al di là del sistema sociale che rivendicano, il denaro è perseguito per fare altro denaro e nient’altro. La realtà, invece, è che l’interesse per l’incentivo monetario è completamente scollegato dall’interesse per la vita ed il benessere collettivo» .
Molti dei seguaci di Fresco, e del Progetto Venus, credono davvero che quello sia, in scala, la ricostruzione del miglior mondo possibile: una città del futuro, senza soldi, un luogo in cui tutte le esigenze e le necessità umane sono soddisfatte dalla tecnologia. Un mondo che, in futuro, non sarà gestito dalla politica e dall’amministrazione pubblica ma da un grande computer centrale. Efficiente e super intelligente. Come nei migliori film di fantascienza. Del resto, come ricorda Fresco: «Una macchina così sofisticata non ha emozioni e quindi non è corruttibile».
Chi è Jacque Fresco
Figlio di emigrati, suo padre arrivò in America da Istanbul e sua madre da Gerusalemme, nasce a Brooklyn ma vi resta solo per 14 anni. La più grande crisi economica del ventesimo secolo lo costringe ad abbandonare New York e a cercare fortuna altrove, in autostop. La miseria, la disperazione, i suicidi di quel tempo, rimarranno impressi nella sua memoria per molto tempo: «Sono sempre stato interessato al futuro, fin da quando riesco a ricordare. Ci fu un film, si chiamava Metropolis. Era strano e catturò la mia attenzione. Rappresentava il futuro come un sistema irregimentato, totalmente inaccettabile. Ma era la prima volta che i miei occhi incontrarono qualcuno che immaginava qualcosa di diverso».
Arrivato in California, negli anni ’30, dopo un periodo passato a Tahiti, si distinse come uno dei più importanti ingegneri aeronautici del suo tempo. Portò avanti delle vere rivoluzioni con le sue idee. Molte delle quali erano ritenute infattibili, tecnologicamente troppo avanzate per quegli anni. Si racconta che durante la seconda guerra mondiale, assegnato al reparto di progettazione e sviluppo per le United States Army Air Forces, consegnasse oltre 40 progetti al giorno: «Sognavo nuove tecnologie e nuove infrastrutture, auto di forma ovale senza conducente, città galleggianti, grattacieli con piattaforme per l’atterraggio».
La sua era una mente talmente fertile che, a Princeton, anche Albert Einstein volle incontrarlo e conoscere la sua visione. “Ma parlava troppo di matematica. Io volevo altro”.
La Trend Home (e le altre invenzioni)
La “Trend Home” fu commissionata nel 1947 da uno dei più importanti “business man” del tempo, Earl Muntz, con una richiesta precisa: doveva essere un abitazione funzionale, a basso costo e composta di materiali disponibili. Fresco ovviamente ci riuscì. La casa venne costruita in alluminio e vetro e furono necessarie 10 persone e 8 ore per completarla: «Nel 1948 venne presentata alla Warner Bros e c’erano moltissime persone in coda tutto intorno allo studio. Volevano vedere quella che poteva essere l’abitazione del futuro. Ebbe così tanto successo che ricordo le scritte in cielo “Visitate la Trend Home agli studi della Warner Bros” e le pubblicità sui giornali».
Da quel momento in poi divenne un inventore richiesto e ambito. Creò di tutto, da apparecchiature medicali e per dentisti a sistemi di produzione per film in 3D: «Mi guardavo intorno e volevo migliorare ogni cosa. ma i brevetti costavano molto e io archiviavo molte delle cose che facevo. Non avevo i soldi per portarle avanti e registrarle a mio nome. Ma non importa. Spendevo i miei risparmi, tutto quello che guadagnavo, per le attrezzature di cui avevo bisogno. E se stavo lavorando su una gamba artificiale, ed ero in arretrato di 200 dollari, prendevo i miei ultimi soldi, e continuavo a lavorarci. Risolvevo quel problema. Ma poi c’era da pagare l’affitto e le bollette dell’elettricità. E non potevo pagarle perché non avevo più u centesimo. Cosi mi mandavano gli ufficiali giudiziari per vendere all’asta tutto quello che c’era nel mio laboratorio».
Poi ad un certo punto, Fresci decide che tutto quello non poteva più bastargli: «Ho trascorso così tanti anni a costruire oggetti, a pensare a come migliorare le cose… Poi mi sono chiesto: – Perché non riprogettare la società?-. Sarebbe stato molto più utile per le generazioni future».
La socio-cyber-ingegneria
«La socio-cyber-ingegneria è una forma di organizzazione che, usando le più sofisticate forme di scienza e tecnologia, permette di recuperare l’ambiente che abbiamo rovinato nel corso degli anni e costruire un modo di vivere che sia degno dell’uomo». Una sorta di ristrutturazione della società mettendo al centro la persona e l’innovazione. La sua missione, secondo Fresco, era quella di costruire un centro di ricerca residenziale sviluppando, con dimostrazioni ed esperimenti, nuove tecnologie e concetti sociali innovativi.
Così è nato il Progetto Venus.
Su una superfice di circa dieci ettari, sono stati costruiti dieci edifici. Ogni struttura utilizza concetti di design, costruzione e stile di vita integrati per sviluppare un modello funzionante di armonia e alta produttività, unendo natura e tecnologia: «Quando le persone vengono qui, rimangono stupite nel sentire che questo luogo, prima del nostro arrivo, era solo un terreno piatto in cui si coltivavano pomodori. Abbiamo scavato corsi d’acqua e piccoli laghi, piantato centinaia di palme e di alberi. Abbiamo fatto tutto questo per dare l’esempio, per mostrare come potrebbero cambiare le periferie delle città».
Jacque e Roxanne hanno lavorato alla costruzione del Venus Project dalla fine degli anni ’70. Per tutto questo tempo vi è stato un constante processo di sviluppo e implementazione di nuove idee: «Tutto inizia con un disegno. Poi si procede con un modello in scala. Infine, questo modello viene filmato e registrato per dimostrare la bontà del concetto che esprime e l’idea che porta con sé».
L’abbondanza globale (e un’economia basata sulle risorse)
Abbondanza di risorse per tutti. È questo quello che otterremmo se prendessimo delle decisioni per preservare e condividere le risorse del pianeta. Abbondanza globale, non solo per pochi ma per l’intera civiltà umana: «Ricordate quando eravamo bambini? Eravamo pieni di vita ed interessati ad imparare cose nuove ogni giorno, creare ed esplorare. Con il tempo, il sistema ci ha spinti a concentrarci su come fare soldi, limitandoci, rendendoci ruote di un ingranaggio, che manda tutti i frutti all’1% che comanda. La gente non è di fatto motivata da una ricompensa monetaria quando si tratta di ingegnosità e di creare. La creazione stessa è la ricompensa. Il denaro serve da incentivo solo per azioni ripetitive e banali; quando si tratta di innovare, ovvero fare l’uso giusto della mente umana, l’incentivo monetario è un provato intralcio, che interferisce e distrae dal pensiero creativo».
Il denaro è un falso incentivo e causa cento volte più distorsione che contributo
E secondo Fresco questo cambiamento culturale sarebbe applicabile in poco tempo: «Il Progetto Venus non è né utopico, né orwelliano, non riflette sogni idealisti impraticabili ma presenta obiettivi raggiungibili, che richiedono solo l’applicazione intelligente di quello che già sappiamo. Le uniche limitazioni sono quelle che ci imponiamo noi stessi. Tutte le tecnologie presentate nel Progetto Venus si possono costruire con quello che sappiamo oggi. Ci vorrebbero circa dieci anni per cambiare la faccia della terra, per rifare nel mondo un secondo Giardino dell’Eden. La scelta sta a voi. Ho paura di vivere nella società in cui viviamo oggi, il capitalismo era una gran cosa circa 70 anni fa, quella era la fine della sua utilità. Ora dobbiamo cambiare il modo di pensare o moriremo».
Per fare ciò è necessario, secondo i dettami di questa visione, superare il concetto di Governi (locali, nazionali o sovranazionali) come mezzo di gestione sociale; incoraggiare la creatività come stimolo per uno sforzo costruttivo; superare il nazionalismo, il fanatismo ed il pregiudizio; eliminare l’elitarismo; condividere l’applicazione di nuove tecnologie a beneficio di tutte le nazioni. Utopia, forse. Ma terribilmente affascinante.
Il ruolo della scienza (e della tecnologia)
Fresco racconta quanto sia difficile far cambiare visione alle persone: «Mi chiedono sempre: – Quanto costerà costruire queste nuove città? – Ma è la domanda sbagliata. L’unica cosa che dovremmo chiederci è: – Abbiamo le risorse per farlo? – Questa è la vera sfida. La prima è la vecchia domanda da sistema monetario. Il denaro è un’invenzione di convenienza per acquistare merci e servizi in un ambiente di scarsità. Se non ci fosse questa scarsità non ci sarebbe bisogno del denaro».
E tutto può mutare grazie alla tecnologia e al progresso che potrebbe garantire: «La tecnologia non vale niente se non migliora la vita delle persone. Oggi, le persone hanno paura della scienza e della tecnologia. Ma l’unica cosa che dovremo temere e l’abuso e il cattivo uso che se ne fa. Puoi prendere un razzo e lanciarlo nello spazio per esplorarlo o puoi prenderlo e usarlo come una bomba per distruggere un altro paese. È un oggetto inanimato in realtà. È nelle nostre mani e dipende dall’uso che ne facciamo».
Tutte le meraviglie e le innovazioni che la tecnologia crea sono inutili se non vengono utilizzate per la giusta missione: «La scienza è l’abilità nel prevedere il futuro più probabile. Questo è il vero significato e il motivo per cui ogni giorno conduciamo migliaia e migliaia di esperimenti».
Il futuro di Jacque Fresco
Jacque ha cento anni. Vive nel suo remoto, distaccato, utopico mondo. Ogni giorno continua a inventare, a progettare, a creare. Perché nonostante ogni visione, ogni pensiero, ogni ardito desiderio, ciò che lo guida è un infinito entusiasmo e un’immensa, inestinguibile, curiosità. Ogni anno, il Progetto Venus pubblica video, film, articoli, saggi. Continua a diffondere il pensiero del suo fondatore sperando di smuovere la società ad abbandonare i propri ciechi obiettivi e riflettere di più sul bene comune.
Perché si può essere sognatori anche sapendo di vedere cose che gli altri non riescono neanche a immaginare.
«Non ho l’ambizione di istituire una società perfetta. Non so cosa significa. So però che possiamo fare molto meglio di quello che stiamo facendo e avere più di quello che abbiamo. Non sono un utopista. Non sono un umanista che vorrebbe vedere tutti vivere con calore e in armonia. M so che non siamo ancora civilizzati. Lo saremo quando avremo finito con sistemi militari, prigioni, torture, fame, povertà, privazioni. Quando tutto questo sarà sparito,quello sarà l’inizio del mondo civilizzato. Ma non ci siamo ancora arrivati».
Alessandro Frau
@ilmercurio85