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L’incontro “Digital Natives Epic Failures” ha fornito una guida pratica per ridurre i margini di rischio
“Epic failure” o “epic transformation”? Quanto è conosciuta (e importante) la “cultura del fallimento” nelle aziende italiane? E quanto abbiamo imparato, sinora, dalle storie di riscatto? In questi casi le prove empiriche aprono scenari interessanti e utili. A parlare della propria esperienza è stato Marco Petrucci, Deputy CTO di YOOX NET-A-PORTER Group durante l’evento “Digital Natives Epic Failures” organizzato da Google Cloud, Talent Garden e CTO Mastermind , presso la sede di Talent Garden Calabiana di Milano. Il primo incontro di una serie di appuntamenti dedicati alle startup e aziende native digitali. Meetups progettati per aziende scaleup e digital native che vogliono ottenere vantaggi competitivi attraverso l’utilizzo della tecnologia cloud. La seconda tappa si terrà il 3 maggio presso il centro OGR a Torino.
Fallire per crescere: “cadi sette volte, rialzati otto”
Nel nostro Paese, la retorica dell’ottimismo costringe a non parlare quasi mai delle startup o delle aziende che non ce l’hanno fatta. Manca, in sostanza, una vera cultura diffusa dell’importanza del fallimento. Ma la caduta può innescare effetti positivi in termini di crescita e analisi SWOT, per individuare, esplicitare, comprendere e condividere i fattori positivi e negativi di un percorso. Il fallimento dovuto all’uso incompleto della tecnologia cloud può costituire persino la miglior premessa possibile per raggiungere gli obiettivi prefissati. Un trampolino di lancio verso nuovi business.
Spesso bisogna fare un passo indietro per imparare a farne due in avanti, specialmente quando si parla di implementazioni tecniche complesse come l’adozione del cloud, in grandi aziende.
La storia di YNAP – azienda leader nel lusso e nella moda online – raccontata da Marco Petrucci è molto utile perché ci spinge ad ampliare la visione, superando l’approccio cosiddetto a silos, dei ragionamenti limitati e di breve periodo.
“Cadi sette volte, rialzati otto”, recita un proverbio giapponese ed è esattamente l’approccio da seguire durante la migrazione sul cloud di uno store online che gestisce milioni di ordini. Ma servono diversi ingredienti: un mindset da software engineering, una roadmap chiara per raggiungere l’obiettivo. Ma soprattutto due ingredienti non possono mai mancare: Competenza (tanta) e consapevolezza che solo sbagliando si può arrivare a destinazione, perché ogni migrazione sul cloud prevede specifiche situazioni, tutte diverse per ogni azienda.
I vantaggi del cloud sono noti e numerosi, trattandosi di una soluzione praticamente indispensabile per restare competitivi sul mercato: maggiore efficienza, migliore produttività, ottimizzazione dei costi, resilienza dell’infrastruttura. In caso di picchi di capacità elaborativa o rapido incremento/decremento di risorse, il cloud permette di non incorrere in dannose interruzioni del servizio offrendo la più alta scalabilità possibile. Diverse modalità di erogazione dei servizi – PaaS, SaaS e IaaS – disponibili all’utente finale. Ma la sua adozione, sia per startup neonate che per aziende più strutturate, non è un tema banale, richiedendo forti competenze a livello infrastrutturale e applicativo, asset solidi e costanti aggiornamenti.
La cultura aziendale del fallimento e la curva di apprendimento
Durante il “Digital Natives Epic Failures” le storie condivise hanno trasmesso indicazioni molto chiare: si passa attraverso l’insuccesso per raggiungere il successo. Il fallimento è necessario per evitare di sbagliare nuovamente. Per adottare soluzioni cloud va pianificato un percorso guidato, una strategia solida Il pragmatismo deve orientare tutte le scelte, i dubbi si superano condividendoli con tutti i team coinvolti , gruppi di persone dove mettere a fattor comune i feedback, per estrarne valore e conoscenza.
La via del successo segue una curva di apprendimento che va sempre messa in conto, non esiste un manuale di istruzioni uguale per tutti, ogni complessità ha una sua specifica chiave di lettura per essere tradotta.
Il controllo dei processi di adozione deve essere sistematico e programmato, la mancanza di una supervisione ordinata e pianificata genera il fallimento dei progetti sul cloud.
Quali sono i fattori abilitanti alla cloud migration? La digital transformation deve fare convintamente parte della cultura aziendale. Il piano di migrazione non deve in nessun modo confliggere con gli obiettivi aziendali, inserendosi nel percorso strategico pianificato, nel corso tempo. Da queste due premesse non si può prescindere, ma non basta: governance, processi operativi e infrastruttura vanno riadattati, e per farlo servono tempo da dedicare all’apprendimento.
Trovare il modello strategico giusto richiede un’attenta analisi da parte dei team coinvolti perciò è essenziale capire, se e come, le aziende e le startup sono preparate a gestire processi di innovazione tecnologica così articolati. E soprattutto quanto sono pronte a gestire il fallimento. Per questo motivo quando si parla di cloud, bisogna parlare anche di cultura aziendale, razionalità e visione di lungo periodo. Non può esserci una migrazione di successo, se alle technicality non si aggiunge un mindset robusto, facendo tesoro delle esperienze (e dei fallimenti). In sostanza imparare a fallire per ripartire è una skill fondamentale.
L’approccio di Google Cloud
Per Google Cloud non esiste una business strategy se non c’è una cloud strategy. Quando si parla di cloud alcuni vantaggi sono consolidati come la scalabilità; ma altre proprietà tipiche del cloud non sono così chiare a tutti, come quello della cybersecurity, ad esempio. La migrazione oggi è un investimento; l’architettura e le decisioni strategiche devono essere pensate in un orizzonte di 5 o 10 anni.
Anche il tema della sostenibilità rimane un elemento importante da considerare nei processi trasformativi delle aziende. Un punto distintivo e imprescindibile per Google Cloud, considerando l’impegno a diventare carbon free al 100%, 24/7, tramite l’utilizzo di fonti di energie rinnovabili entro il 2030.
Le aziende digital native che fondano il loro business sulla piattaforma Google Cloud hanno innumerevoli possibilità di collaborazione con un intero ecosistema di partner. Google Cloud si impegna a favorire l’open-source, il multi-cloud e il cloud ibrido, consentendo di utilizzare dati ed eseguire applicativi su diverse tecnologie. In questo modo le aziende non sono costrette a scegliere un’unica soluzione.
Infine, le skills condivise svolgono un ruolo fondamentale: utilizzando risorse tecniche e l’esperienza dei partner si può ridurre il rischio e accelerare l’ottimizzazione dei processi di migrazione.
Nuove storie di fallimento e successi, il 3 maggio a Torino
Lo scambio di esperienze e la discussione sul fallimento come abilitatore della crescita soprattutto per le startup, proseguirà a Torino il 3 maggio presso lo spazio OGR.
Il secondo incontro “Digital Natives Epic Failures” si inserisce all’interno di una serie di iniziative promosse da Google Cloud volte ad abilitare le aziende del territorio piemontese desiderose di sfruttare i benefici offerti dalla disponibilità della nuova region Google Cloud a Torino. I partecipanti avranno l’occasione di confrontarsi direttamente con esperti del settore e di dare visibilità al loro progetto innovativo, eventualmente instaurando collaborazioni con gli enti organizzatori.