Stan Larkin, 25 anni, soffriva di una malattia genetica rara, la cardiomiopatia familiare, trasmessa dai parenti di primo grado. Ha battuto il “record” sopravvivendo con il suo cuore artificiale per 17 mesi, portato dentro uno zaino. Poi il trapianto di successo.
Per più di un anno aveva vissuto senza cuore, tenuto in vita solo da un cuore artificiale, che portava sempre con sé nello zaino.
Se vi sembra l’inizio di un romanzo, allora probabilmente non avete mai sentito parlare di Stan Larkin, e di come è sopravvissuto in attesa di un cuore nuovo in un periodo storico in cui le patologie cardiache aumentano, ma i donatori rimangono scarsi. Larkin, 25 anni, soffriva di una malattia genetica rara, la cardiomiopatia familiare, che colpisce il muscolo del cuore, il miocardio, e viene trasmessa dai parenti di primo grado. Può essere asintomatica ma anche progredire fino a compromettere la qualità della vita, affliggendo persone all’apparenza perfettamente sane. Il fratello più grande di Stan, Dominique, ha infatti affrontato lo stesso percorso medico e ha ricevuto un cuore “nuovo” da un donatore nel 2015.
La resistenza di Stan
Stavolta era il turno di Stan, che ha battuto il “record” sopravvivendo con il suo cuore artificiale per 17 mesi fino a quando c’è stato un donatore. Le linee guida per questi dispositivi, normalmente, sconsigliano di usarli per più di due anni.
Ho ricevuto il trapianto da due settimane e mi sento come se già potessi andare a correre
La scelta di ricorrere a un trapianto viene fatta solo una volta esclusa la possibilità di intervenire per via medica, o chirurgica, e quando l’aspettativa di vita del paziente è di uno o due anni. Dopo il trapianto, se la ripresa avviene normalmente e sono state scongiurate infezioni e rigetto del cuore, la qualità della vita ritorna lentamente quella di prima della patologia.
Uno zainetto speciale (che contiene un cuore)
«Entrambi erano molto, molto malati quando li ho incontrati per la prima volta nel nostro reparto di terapia intensiva», ricorda Haft, professore associato di chirurgia cardiaca che ha seguito sia Stan che Dominique nel loro percorso. «Volevamo garantire a entrambi un trapianto di cuore ma non pensavamo ci fosse il tempo necessario. C’è qualcosa nella loro situazione anatomica, unica, che avrebbe impedito alle altre tecnologie di funzionare».
Così la scelta è caduta sul “cuore nello zainetto”
SynCardia, un organo al 100% artificiale che viene usato quando sia la parte destra che la sinistra del cuore non sono più in grado di funzionare. Ovvero quando l’insufficienza cardiaca è ormai al suo ultimo stadio e il cuore non pompa la quantità di sangue sufficiente attraverso il corpo. Per i pazienti che ricevono un SynCardia portatile, infatti, i device più comuni utilizzati in ambito cardiaco non sarebbero sufficienti.
Così Stan ha passato 17 mesi con sei chilogrammi di cuore sulle spalle, una scelta impegnativa ma l’unica alternativa al rimanere confinato in ospedale. Il cuore portatile “soffia” aria compressa nei ventricoli del cuore, ovviando a qualsiasi disfunzione impedisca a loro o alle valvole cardiache di funzionare correttamente. È alimentato da due batterie agli ioni di litio, facili da ricaricare durante il sonno o durante le normali attività quotidiane, ad esempio sfruttando l’accendisigari dell’automobile.
I numeri della patologia
E alla fine il SynCardia ha fatto il suo dovere, perché l’ha tenuto in vita fino a quando è stato disponibile un donatore. Stan è estremamente grato a lui e alla sua famiglia che, dice, un giorno vorrebbe incontrare se lo vorranno anche loro. Haft ha invitato i due fratelli a raccontare la loro esperienza all’università, durante il suo corso, come “testimonial” di quanto possa fare la tecnologia di supporto circolatorio per chi soffre di insufficienza cardiaca all’ultimo stadio. Solo negli Stati Uniti oggi ci sono quasi sei milioni di persone che soffrono di questa condizione, 10% delle quali in stadio avanzato.