Il Team Digitale e Nois3 hanno organizzato una design jam a Roma. Ecco chi sono i vincitori. Ma a casa ci siamo portati soprattutto l’impressione che siamo sulla strada giusta
È l’anno 2030: l’Italia ha tappato le buche sulle strade, ricostruito ponti e soprattutto ha creato tutte le fondamenta indispensabili per una infrastruttura tecnologica pubblica su cui costruire servizi digitali per i cittadini. Tutti hanno SPID, tutti pagano le tasse con PagoPA, tutto funziona. E ora? Ora ci pensano i service designer, quelli che hanno dato vita alla seconda digita jam organizzata dal Team per la Trasformazione Digitale guidato dal commissario Luca Attias, insieme a Nois3 e con il supporto di Digital Entity. Il risultato sono state 36 ore di lavoro in un’aula della Link Campus University di Roma: The Future of Citizens il tema scelto. Con alla fine un vincitore, ma soprattutto con la possibilità di toccare con mano che c’è una community di volenterosi che guardano al lavoro del Team con attenzione. E che ha in mente un’Italia (e un’Europa) diversa da quella di oggi.
Un lavoro a prova di futuro
Abbiamo visto due cose fondamentali a Roma. La prima, già notevole di suo, è che ci sono dei professionisti di ogni età che decidono di dedicare un giorno del proprio tempo libero alla cosa pubblica: non è una cosa da poco, significa che la fame per questo tipo di evento e il desiderio di vedere il proprio Paese fare un passo avanti nella qualità di quanto è possibile fare con gli strumenti digitali è notevole. 80 persone che decidono di trascorrere un sabato al chiuso, pur in questo maggio piovoso, con in mano canvas e presentazioni powerpoint è una scommessa vinta. Che quando gli dici “ok, pausa pranzo” non si alzano dalla sedia: continuano a lavorare, a discutere, a disegnare e scrivere per riuscire a portare a termine un lavoro che nessuno gli ha imposto e che hanno scelto di portare a termine con tempi serrati.
La seconda è che oggi abbiamo a tutti gli effetti un pacchetto di linee guida, codici, wireframe e qualsiasi altro oggetto possa essere utile a creare progetti e servizi per la PA finalmente coerenti per aspetto, funzioni, capacità e accessibilità: tutto grazie al Team che ha sviluppato (tra l’altro) Designers Italia. Ma soprattutto, ce lo ripetono tutti i partecipanti con cui abbiamo scambiato quattro chiacchiere tra una sessione e la successiva, oggi c’è la sensazione che finalmente venga ascoltata la voce di chi ha le competenze in questo settore e le vuole mettere a disposizione: il service design esiste da un pezzo, ma fino a oggi è stato largamente ignorato nello sviluppo di servizi della pubblica amministrazione.
Invece potrebbe fare tanto: quello che ci ripetono tutti all’infinito è che seguendo nel pubblico le buone pratiche che già applicano le aziende private si potrebbero fare degli enormi passi in avanti. Non guardare allo Stato e ai suoi servizi come tanti rivoli separati di informazioni: bensì come un luogo unico in cui al centro di tutto c’è il cittadino e le sue necessità, e tutto intorno costruiti quei servizi che gli occorrono per vivere meglio. Un passo indietro per disegnare un futuro diverso: “Possiamo affrontare temi comuni con un approccio più pratico – ci racconta Lorenzo Fabbri, uno dei designer del Team – magari più narrativo e con un linguaggio diverso da quello classico della PA: idee che nascono dal basso, per così dire, discutere di prototipi e non di leggi e regolamenti che pure ci sono e sono importanti. Ma questo è un modo per dare prospettiva al lavoro: per abituarci a ragionare su servizi concreti e non soltanto di sistemi giuridici”.
I temi della challenge
Ai partecipanti alla design jam sono stati proposte quattro sfide in altrettanti settori relativi alla vita di una nazione. Come sarà il futuro della mobilità, del turismo, dell’istruzione e degli spazi pubblici? Quali strumenti e quali servizi i cittadini vorranno trovare all’interno di IO, l’app unica di accesso alla PA che già oggi il Team sta testando, e che tra 5 o 10 anni avrà raggiunto un grado di sviluppo avanzato?
La fantasia dei partecipanti si è mossa tra un percorso educativo del futuro a livello europeo, in cui il curriculum sarà unico per tutte le nazioni dell’Unione e in cui gli studenti dialogano tra di loro in una sorta di Erasmus del futuro (si chiama coDES il progetto che ha sviluppato questa idea), passando per strumenti per riportare i cittadini a vivere nei borghi che sono la storia e la tradizione del nostro Paese senza dover rinunciare alle comodità di chi vive in città (n[h]omade, uno dei naming più affascinanti partoriti dai designer). Undici team in totale e altrettanti progetti, con tre che vanno sul podio: ma non si vince niente, se non si fosse ancora capito qui si fa l’Italia del futuro senza alcun secondo fine.
C’è Mobeelity, che prevede la nascita di un sistema modulare di trasporto pubblico capace di coniugare assieme gli spostamenti dei pendolari e le esigenze dei singoli di portare i figli a scuola o tornare a casa la sera dal lavoro. Per uno degli asset che dovrebbe costituire il cuore della nostra economia, il turismo, la piattaforma MammaMia! ha immaginato un servizio di assistenza ai visitatori del nostro paese che metta in comunicazione chi arriva con studenti locali certificati in base alle rispettive competenze: un modello che va per la maggiore anche nel privato, e che in questo caso porterebbe come valore aggiunto un rinnovato spirito civico e la spinta a conoscere meglio il proprio territorio per presentarlo a chi vuole scoprirlo. Magari anche grazie a un nuovo sistema di apprendimento liquido come quello di LeQUID, che coniuga blended learning, gamification, il ruolo sempre centrale dell’insegnante e un network P2P tra gli studenti che li aiuti anche a costruire un percorso curriculare vincente.
DEnCITY invece sfrutta al massimo gli spazi pubblici per restituire loro un valore in termini di aggregazione e sociale: magari trasformandoli in luoghi di apprendimento e formazione continua, gestita dai cittadini stessi. Qualcosa di simile a Qui Pro Quo, che immagina come ottimizzare lo svolgimento del lavoro senza obbligare a una cementificazione continua bensì sfruttando quanto già esiste in città. Qualcosa di simile la fa anche Stargate, aggiungendo un grado di complessità in più: ovvero aggiungere la possibilità ai cittadini stessi di incontrarsi in una piattaforma digitale che metta insieme offerta e domanda, e permetta alle competenze locali di fornire supporto ad altri locali.
I vincitori
In un podio ideale, selezionato dallo stesso Luca Attias insieme a Flavia Marzano (assessore al digitale del Comune di Roma) e Maria Cristina Lavazza (un addetto ai lavori che si occupa di UX design e service design), ci sono finiti in tre. Terzi classificati i ragazzi del team NSSD, con il progetto “M.E. – Mobility Europe”: un servizio europeo che metta assieme tutti i comportamenti virtuosi dei cittadini, che remuneri con degli e-coin questi comportamenti virtuosi, e che allo stesso tempo metta assieme anche i servizi privati in un ecosistema unico che premi i più green con accessi gratuiti al museo, un biglietto gratis sui mezzi pubblici, e la possibilità per lo Stato di promuovere campagne specifiche per portare avanti politiche di sostenibilità.
Secondi classificati quelli di “meFormo”, il team CambiaMente: la loro idea mette assieme il mercato del lavoro, la formazione continua, e disegna un quadro realistico di come ripensare la mobilità tra diversi ruoli e lavori che nel futuro si farà sempre più accentuata. Su meFormo si potrà individuare, iscriversi, frequentare, certificare la propria competenza grazie a corsi specifici di formazione: un’idea preziosa anche per evitare quei problemi legati all’obsolescenza delle conoscenza cui spesso oggi gli adulti vanno incontro, in un percorso che inizia tra i banchi delle aule ma non termina dopo l’obbligo scolastico. Di nuovo qui c’è l’idea di riunire l’impegno di pubblico e privato, di far incontrare domanda e offerta: formare i cittadini per il lavoro che faranno, non per quello che non c’è.
I vincitori di giornata, anzi le vincitrici, sono il team Le Fantastiche 4 (Annabella Guadagni, Emanuela Pucci, Raissa Trinci, Claudia Zampella): hanno pensato a “UrbaNat Popup”, forse l’idea più visionaria di questa design jam. Droni, sistemi satellitari, intelligenza artificiale e le competenze di addetti ai lavori riuniti assieme per creare quello che chiamano “Team per la trasformazione naturale”: una serie di progetti di riqualificazione ambientale delle aree urbane, con l’obiettivo di renderle più verdi e biodiverse, sarà presentato ai cittadini che potranno scegliere di aderire e partecipare attivamente al raggiungimento degli obiettivi. E con progetti di questo respiro nasce anche l’opportunità di generare posti di lavoro e occasioni di business per i privati: un vero ecosistema in funzione dell’ecosistema naturale.
Non finisce qui
Si chiudono i PC, si spengono le luci, cosa resta di quasi 2 giorni di lavoro? Molto. Innanzi tutto la dimostrazione che c’è una community nata attorno al Team Digitale che è composta di professionisti competenti e motivati: sono colori i quali potrebbero mettere a disposizione del proprio Paese le proprie competenze, magari per un periodo breve o lungo della propria vita. Senza pensare al lavoro nella PA come un rifugio per chi non ha voglia di lavorare, senza che questo risulti in contrapposizione con l’efficienza e la qualità del privato: al contrario, come accade nel mondo anglosassone avviare una sana permeabilità tra i due mondi, immaginare il servizio pubblico come una fase della propria carriera in cui dedicarsi al bene comune.
Il passo successivo, indispensabile, sarebbe la creazione di un meccanismo tale per il quale questi progetti possano passare da idee partorite durante una design jam in veri e propri progetti pilota nella PA. Magari in ottica startup, perchè no!, in cui un dirigente assurge al ruolo di imprenditore e testa la bontà di un modello di business per farlo scalare. Per ora, comunque, abbiamo la community: e non è poco.