Nel 1905 Alessandro Anzani vinse il primo campionato del mondo di motociclismo. I suoi motori e le sue invenzioni hanno permesso di raggiungere grandi traguardi come la prima trasvolata della Manica. Ecco la storia (incredibile) di uno dei più grandi innovatori italiani di tutti i tempi.
«No, non chiudere la finestra. I rumori dei motori non mi disturbano». La leggenda racconta che Alessandro Anzani, sul suo letto di morte, abbia detto questa frase all’infermiera che si prendeva cura di lui. Ma anche se non fosse vera non potrebbe esserci miglior citazione per riassumere la sua, incredibile, vita. È il 24 luglio del 1956. Siamo a Merville-Franceville, vicino a Caen, in Francia. In quella notte d’estate, a 79 anni, scompare uno dei più grandi innovatori italiani di sempre. Un uomo che dedicò la sua vita alle grandi imprese e che fu il primo pilota a fregiarsi del titolo di campione del mondo di motociclismo, nel 1905. Con una motocicletta che montava un motore da lui stesso costruito.
Gorla, Monza, la scoperta della meccanica
Alessandro Ambrogio Anzani nasce a Gorla, il 5 dicembre del 1877. È un sobborgo di Milano, in periferia. Un luogo diventato famoso durante la Seconda Guerra Mondiale a causa di un devastante bombardamento aereo che colpì una scuola causando la morte di quasi 200 bambini. A quel tempo Anzani si era già trasferito in Francia, la sua seconda patria, ed era già noto come il più importante costruttore di motori del tempo. Ma nonostante vivesse ormai lontano dalla Brianza non rinunciò mai alla cittadinanza italiana: «Non si deve mai rinunciare al proprio paese, alle proprie radici. Neanche quando, come è accaduto a me, è un altro luogo a darti ricchezza e felicità».
Anzani, da bambino, non era uno che amasse molto studiare e del resto, i genitori, di modesta estrazione sociale, non sarebbero stati in grado di sostenere le spese. Così, giovanissimo, si trasferisce a Monza per dare una mano a uno zio che aveva una piccola officina meccanica. È amore a prima vista. Il piccolo Alessandro rivela una predisposizione innata e in poco tempo si appassiona così tanto alla materia da iniziare a fare dei piccoli esperimenti. Da solo. Completamente autodidatta.
Lo sport, il ciclismo, la Francia.
Le ruote e la velocità. Diventa un fanatico del ciclismo tanto da non perdersi neanche una corsa in Lombardia. Si costruisce la prima bici e inizia a girare, modificandone assetto e caratteristiche. Siamo alla fine del diciannovesimo secolo. Anzani incontra un altro ciclista. È francese, si chiama Gabriel Poulain. È un professionista, diventerà un campione, e in quel momento si accorge delle capacità del giovane italiano. Lo invita in Bretagna, a Saint Nazaire. Lì c’è un velodromo e spesso ci sono gare. È una buona occasione per fare un po’ di soldi. Ma sono gli anni del servizio militare e Anzani deve aspettare prima di buttarsi in questa avventura. Ci riesce nel 1900, a 23 anni, squattrinato e con tanta voglia di mettersi in gioco. Presto, però, si accorge di non essere così bravo. Le sue gambe non girano come quelle di altri campioni. È la velocità ad attrarlo.
Sono i motori a stimolare la sua curiosità e a mettere in moto il suo cervello.
Marsiglia, le gare, le moto
Sono gli anni in cui Anzani impara di più. Studia moltissimo e incontra altri ingegneri e meccanici. Ha una piccola ossessione per il motore a scoppio. Ma non gli basta. Così si trasferisce a Marsiglia dove lavora in un piccolo laboratorio che gli dà la possibilità di sperimentare nuove soluzioni. Poi si trasferisce a Parigi, per lavorare alla Buchet. È un’importante casa automobilistica francese, produttrice di motori per le competizioni. Attiva fino al 1930. Non passa molto tempo che Anzani inizia ad alternare le sedute in officina con quelle in pista. Nel 1903, partecipa a diverse gare motociclistiche. In un campionato internazionale, disputato al Parco dei Principi, arriva decimo.
Ma è in quell’occasione che capisce in che modo può cambiare tutto.
Il 1905 è l’anno della svolta. Viene istituita una corsa motociclistica dal nome suggestivo: Championnat du Monde de moto. Anzani vi partecipa con una Alcyon dotata di motore monocilindrico Buchet da 330 centimetri cubici. Quel motore lo ha sviluppato lui, lavorando giorno e notte. Funziona maledettamente bene. Raggiunge i 100 chilometri orari. È un record. Il 13 luglio, all’interno del velodromo di Zurenborg, vicino ad Anversa, Alessandro Anzani diventa il primo campione del mondo della storia del motociclismo. Arrivano il successo, le prime pagine dei giornali, i soldi.
La vita da imprenditore
Ma l’interesse per le gare non dura per molto tempo. Anzani investe i proventi delle vincite per costruire il suo laboratorio, ad Asnieres, periferia di Parigi. Assume tre operai e allarga i suoi interessi. Vuole sviluppare motori che possono contribuire al progresso della meccanica in tutti i campi campi. Soprattutto nell’aviazione e nella nautica. Nel 1907, in segreto e senza annunci, lavora ad un idrovolante innovativo, l’idroscivolante, guidato da un motore da 20 cavalli.
Lo chiama Nautilus, omaggiando Verne, di cui è un grande lettore.
Il primo test, a Monaco, riesce senza intoppi. Il secondo, che si tenne il 18 agosto 1907, sulle acque dell’Orge, nei pressi di Juvisy, è un successo destinato a durare nel tempo. Quel motore, infatti, segnerà le basi tecniche per i futuri idrovolanti. Persino Enrico Forlanini, un altro pioniere dell’aviazione italiana, lo vuole per alcuni test sui nuovi modelli che verranno testati sul Lago Maggiore. Il nome di Anzani circola e le vendite aumentano così tanto da farlo traslocare. Costruisce un’azienda più grande, sempre vicino a Parigi, a Courbevoie.
Il motore a tre cilindri
Nei primi decenni del ‘900, il mondo dell’aviazione è oggetto di grandi attenzioni. Soprattutto in Francia. Anzani ha trent’anni ed è ormai un ingegnere famoso, ammirato, benestante. Ma non si ferma. Percepisce che è vicino a raggiungere un obiettivo che insegue da tanto tempo. Un’invenzione che potrebbe avviare una piccola rivoluzione. E alla fine ci riesce. Inventa quello che passerà alla storia come il primo motore tricilindrico della storia. Tre cilindri disposti longitudinalmente a ventaglio, separati da un’inclinazione di 45º.
È un motore potente, leggero e affidabile. Concede all’uomo la possibilità di fare un grande salto di qualità e di compiere imprese mirabolanti. Quasi tutte le innovazioni di Anzani del tempo, del resto, furono progettate con sistemi di raffreddamento ad aria. In questo modo si poteva ridurre il peso globale del motore, eliminando l’impianto di raffreddamento ad acqua. Maggiori consumi ma anche maggiore potenza.
L’impresa di Blériot (grazie ad Anzani)
ll 25 luglio del 1909, il pilota francese Louis Blériot compie la prima trasvolata del canale della Manica. Da Calais a Dover, in 32 minuti. È un’impresa che, oltre ad assicurargli mille sterline, riempie le pagine e le cronache di tutti i giornali dell’epoca. Ma parte di quel successo è merito di Alessandro Anzani. Il motore installato sul monoplano, infatti, un tricilindrico radiale a W, fu costruito per l’occasione proprio dall’italiano. È un evento epocale perché dimostra, per davvero, la possibile superiorità degli aerei su qualunque altro mezzo di trasporto. Apre scenari e spinge altri innovatori a camminare sullo stesso sentiero.
Erano anni che il francese cercava la soluzione migliore per effettuare quella trasvolata. Una vera ossessione. Ma aveva paura di morire, di precipitare. I motori dell’epoca, in parte sviluppati dallo stesso Blériot, erano inaffidabili. Anzani propone la sua idea e alla fine riesce a convincere il pilota a tentare. I due furono accolti in Francia in pompa magna, ricevuti anche dal ministro della giustizia del tempo, Barthou, e il ministro dei lavori pubblici, Millerand. Vengono insigni della medaglia d’argento dell’aviazione francese. I motori di Anzani vengono definiti “miracolosi” e non c’è azienda che non voglia affidargli nuovi progetti. Nel 1915 ricevette anche la nomina a Cavaliere dell’Ordine della Corona d’Italia.
L’Italia e l’ultimo periodo
Alessandro Anzani è una celebrità. I rapporti con Blériot si sono guastati ma questo non basta a fermarne l’ascesa mediatica e industriale. I suoi motori sono richiestissimi e, come accaduto già in passato, il loro sviluppo non cessa. La produzione di esemplari sempre più potenti si ampia con l’apertura di laboratori in Gran Bretagna e in Italia. A Novara e a Monza, dove opera anche una fonderia nella quale venivano fuse e testate nuove leghe.
Uno stabilimento simbolo delle sue origini e a cui Anzani resterà legato fino alla chiusura, nel 1926.
Ma gli ordini sono talmente tanti che l’imprenditore deve cedere: a malincuore deve permettere ad altri, sotto licenza, di costruire i suoi motori. Diventa milionario e, nel 1920, si dedica anche alle automobili da corsa partecipando alle gare per “Cyclecar”. In una gara arriva diciassettesimo. Nel 1921, continuando le sue sperimentazioni, realizza le prime biciclette motorizzate. Modelli semplici che verranno ripresi e migliorati. Ma è un periodo in cui tutto corre velocemente e il progresso accelera. Anzani si accorge di essere spesso in ritardo. Ha superato i cinquant’anni e non ha la stessa energia di un tempo. La Seconda Guerra Mondiale contribuisce ad amplificare il suo senso di disagio, di stanchezza. Così decide di vendere tutto, di ritirarsi, di mettere fine all’impero industriale creato con tanti sacrifici.
Non abbandonerà mai la Francia. Non si sposerà anche se avrà diversi figli. Nel 1956 è anziano ma ancora lucido. La sua finestra è sempre aperta, verso l’oceano. E dalla strada sottostante, trafficata soprattutto d’estate, arrivano i rumori di quei motori che sono stati i veri compagni della sua vita.