A Monaco di Baviera si consuma il rito di lancio del nuovo terminale. Che monta nuovo processore, nuova fotocamera e promette prestazioni estreme. Ma deve fare a meno dei servizi Google: almeno per ora
C’è un nuovo Mate in città, e porta sulla schiena il numero 30: la nuova ammiraglia di casa Huawei mantiene le promesse in fatto di dotazione hardware e fotografia estrema, proseguendo nel solco di quanto già fatto col P30. È il telefono che tutti vorrebbero possedere: per l’autonomia garantita dalla batteria, per la ricarica ultra-rapida, per lo schermo OLED arrotondato che sembra cancellare i bordi. C’è solo quel piccolo problema della mancanza dei servizi Google: niente panico, ripetono però tutti i manager dell’azienda cinese, non casca il mondo. Da qui in avanti arriveranno in catalogo altri terminali dotati di Android completo (Google suite compresa), questo Mate 30 purtroppo almeno per ora fa eccezione: ed è un po’ il simbolo di quanto sta avvenendo tra USA e Cina, una lotta politica che finisce per creare danni collaterali che si fanno più evidenti qui nella vecchia Europa che rimane poco più di uno spettatore.
Com’è fatto Mate 30 Pro
L’aspetto più evidente del nuovo design del Mate 30 Pro è senza dubbio lo schermo: l’effetto “cascata” del display Horizon rende ancora più sfuggente la curvatura dei bordi facendo sparire la cornice, e rendendo più immersiva l’esperienza di visione dei contenuti sulla diagonale da 6,53 pollici (2400×1176) anche grazie a un nuovo motore di rendering che restituisce colori più brillanti e fedeli all’originale (HDR compreso). Spariscono i tasti volume: si fa tutto con delle aree sensibili dello schermo (Intuitive Side Touch), che possono essere richiamate a piacere in un punto qualsiasi dei bordi con due tocchi. In alto c’è la tacca (notch) per il riconoscimento biometrico 3D che è stato migliorato, e ovviamente c’è il lettore delle impronte integrato nello schermo stesso. Il Mate 30 ha uno schermo da 6,62 pollici, piatto: design più tradizionale.
Da sottolineare nel notch del Mate 30 Pro c’è un sensore dedicato alle gesture, da provare per vedere come funziona. Non c’è la capsula auricolare: le chiamate si fanno grazie allo schermo che vibra, come nel P30 Pro. E non manca neppure la certificazione IP687. I colori sono black, space silver e cosmic purple, ma da non perdere c’è l’emerald green: è una finitura particolarissima, che va dall’opaco al lucido sul retro con un gradiente e una finitura inediti. Il pulsante di accensione, l’unico che resta, è sempre a contrasto. Interessante l’arrivo anche di una versione in eco-pelle (vegan leather), disponibile in una nuance sul verde e una sull’arancio. La versione Porsche Design, la quinta, ha un posteriore in pelle con un bel rosso a contrasto.
Sul piano tecnico c’è ancora da parlare dell’hardware interno ovviamente. Con il Kirin 990 a bordo ci sono dei vantaggi significativi: per esempio la possibilità di offrire una versione 5G del Mate 30 Pro senza necessità di prevedere un modem separato, così come di sfruttare la nuova architettura Da Vinci per ottimizzare i consumi e mettere a disposizione potenza quando serve anche grazie a due NPU (neural network processor unit). A bordo c’è anche la versione 5.0 dell’ISP (image signal processor) che migliora ulteriormente la gestione degli scatti. La batteria del Pro è da 4.500mAh, quella del Mate 30 da 4.200: la ricarica SuperCharge è da 27W in wireless e 40W via cavo per entrambi. Inedita anche l’antenna del Mate 30 Pro: 14 elementi dedicati solo alla connessione 4G o 5G, così da garantire ricezione ottima in ogni situazione. Da sottolineare anche la vocazione global di Mate 30: supporta più frequenze in 4G e 5G di tutti i concorrenti.
Dulcis in fundo, parliamo dell’interfaccia: ovviamente mancano icone familiari come quelle di Gmail o di Google Maps, rimpiazzate dal browser nativo di Android AOSP. Però vediamo per la prima volta all’opera alcune novità che riguardano in particolare la gestione di widget e altre scorciatoie: Huawei Assistant è una nuova scheda attivabile a sinistra di tutte le altre, che contiene il search universale così come una serie di notifiche e avvisi, che vengono raccolte in modo automatico dal software per essere presentate in modo aggregato in un’unico punto. È un po’ quello che fa di serie il software Google, con qualcosa di quanto visto su OxygenOS di OnePlus, ma ovviamente con un tocco in più offerto da Huawei. Alla base di tutto c’è Android 10, lo ribadiamo in versione AOSP, con la EMUI10 aggiornata: quindi nuova interfaccia per la fotocamera, grafica migliorata e più ordinata (lo si vede subito nella pagina delle impostazioni). Funziona tutto, mancano solo le G-apps: magari arriveranno.
La fotocamera del Mate 30 Pro
Altro aspetto significativo è la fotocamera posteriore, che con una cornice rotonda punta a ricordare l’obiettivo di una vera fotocamera professionale: è quadrupla sul Pro e solo tripla sul Mate 30. Il Pro fa un ulteriore passo avanti in termini di megapixel: sono 40 sulla principale SuperSensing (1/1,7 pollici la diagonale, f/1,6), 40 sulla ultra-wide (chiamata Cine Camera: 1/1,54 pollici) e 8 megapixel per lo zoom 3x. Tutte e tre le fotocamere sono stabilizzate otticamente (OIS). Non manca il sensore TOF, il quarto appunto, che restituisce informazioni tridimensionali sullo spazio di ripresa: con il TOF a bordo si possono applicare effetti speciali come la sfocatura dello sfondo durante la ripresa video. La selfie-camera è da 32 megapixel.
Colpo d’effetto il nuovo ultra slow-motion: 7.680fps, un valore notevole ma che andrà capito come sfruttare (probabilmente è usato per ridurre sfarfallii, più che per stupire con un rallentamento di 250 volte: impraticabile, ogni secondo equivarrebbe a diversi minuti di girato). Il Mate 30 liscio ha uno schema triplo con 40+16+8 megapixel ormai collaudato, con sensore SuperSensing RYYB.
Interessante il ritorno della funzione dual-camera: SuperSensing e Cine lavorano assieme, combinando sensibilità da 409.600 ISO per il primo e 51.200 del secondo così da produrre video fino a 4K a 60fps (il 4K è disponibile anche in modalità ultra-wide). Da sottolineare anche che il sensore ultra-wide è un RGB 3:2 e il Supersensing è un 4:3 RYYB: producono quindi tipi di immagini differenti, assieme potranno fare qualcosa di diverso di quanto visto finora. Davvero da testare le riprese video effettuate con il sensore Cine, la combinazione di focale corta e stabilizzazione produce un effetto spettacolare.
Qui si gioca molte delle sue chance il Mate 30: la palma di migliore smartphone fotografico in circolazione deve essere mantenuta e consolidata, e a Shenzhen hanno fatto le cose in grande per cercare di mantenere il vantaggio sulla concorrenza. Di fatto qui prende corpo quello che ha detto anche oggi a Monaco alla stampa Walter Ji, il responsabile per la divisione consumer in Europa: “Secondo la nostra filosofia, nelle sfide ci sono le maggiori opportunità di crescita. Il successo non arriva mai facilmente. Continuiamo a puntare su quell’innovazione capace di di garantire vantaggi concreti ai nostri clienti”.
Cosa manca al Mate 30
Al nuovo Huawei Mate 30 Pro manca solo la licenza Google per le sue app (la Google Mobile Suite): è una funzione integrabile in breve, serve solo la firma su un documento da parte del Segretario del Commercio USA per rendere possibile l’eccezione al bando necessaria. Di conseguenza non è possibile oggi offrire un giorno ufficiale per il debutto: in Italia arriverà entro la fine del 2019, ma oggi non c’è ancora una data fissata – e dovremo anche capire se arriverà con un software AOSP o con l’intera suite Google.
Per il resto il Mate 30 Pro è un telefono bellissimo da vedere, da impugnare, e c’è da scommettere scatta foto e gira video eccezionali (c’è pure una partnership con DJI per garantire la miglior esperienza possibile con il gimbal OSMO 3). È un vero peccato che Huawei non sia messa in condizione di poter concorrere ad armi pari con il resto dell’industria.
Richard Yu sul palco si spende molto per spiegare quanto i suoi device siano sicuri: cifratura dei dati end-to-end anche coi dati in cloud, sistema di riconoscimento del viso che è in grado di oscurare le notifiche quando qualcun altro sta guardando lo schermo, IMEI tenuto al sicuro dalle app per evitare che dati sensibili sfuggano al controllo. Qualcuno ha deciso che Huawei invece costituisce un rischio per la sicurezza, per la sicurezza nazionale degli USA: il risultato è che in consumatori europei si trovano con un telefono in meno da poter acquistare, e con meno innovazione nel campo della fotografia da cellulare.
Prezzi (teorici per ora): 1.099 per il Mate 30 Pro con 8+256GB, 1.199 per il Mate 30 Pro 5G. 799 euro per il Mate 30, in versione 8+128GB. E siccome a Richard Yu non va di essere costretto a sottostare alle regole degli USA, mette in campo 1 miliardo di dollari di investimenti per promuovere la crescita del proprio ecosistema software che in futuro prevederà lo sbarco di HarmonyOS. In ogni caso, se doveste decidervi per acquistare il nuovo Mate 30 Pro quando arriverà in Italia, sappiate che a bordo nella App Gallery di Huawei troverete molte delle app di uso più comune: se avete già un Huawei, o se qualcuno che conoscete ne ha uno, date un’occhiata e ci troverete (tanto per fare dei nomi) Facebook e Instagram. L’essenziale, insomma, per ora c’è.
Il nuovo Watch GT2
Più che smartwatch sarebbe meglio definirlo smart-wearable: il nuovo indossabile di Huawei riprende il discorso iniziato con il GT, quindi sistema operativo dedicato e pensato per offrire le funzioni più comuni di uno smartwatch ma senza la flessibilità totale di WearOS, però con un’autonomia che può raggiungere le 2 settimane lontano dalla presa – anche grazie a uno schermo AMOLED da 1,39 pollici che non è particolarmente assetato di energia. Ciò è reso possibile anche dall’adozione di un nuovo chip, sviluppato dalla stessa Huawei, che fa funzionare il GT2: il Kirin A1 è in grado di far calare i consumi fino a 10uA per MHz (contro i 30uA in media della concorrenza), riducendo i consumi quando non occorre particolare potenza e far crescere così l’intervallo in cui si può restare lontani dalla presa.
Tra le funzioni del Watch GT2 vale la pena sottolineare quelle legate allo sport (15 discipline supportate all’aperto, 7 indoor), quelle per la salute (monitoraggio del battito cardiaco con segnalazione di possibili problematiche come la bradicardia, e della qualità del sonno) e una inedita modalità TruRelax che fornisce informazioni puntuali sul livello di stress di chi indossa il wearable. Ora si può rispondere al telefono dal polso, si può immagazzinare fino a 500 canzoni sul Watch GT2.
Buone notizie: il Watch GT2 arriverà in Italia. In pre-ordine da oggi nella versione 46mm (229 euro per la versione nero opaco, 199 per quella titanio), con in bundle due mini-speaker Bluetooth. Al termine della promozione, dal 7 ottobre il wearable sarà in vendita su tutte le piattaforme online e nei punti vendita tradizionali.
Vision, la TV di Huawei
Cos’è Vision: è uno schermo con tante funzioni e l’AI nel suo cuore. Cosa non è: una semplice TV. “La TV è solo una delle funzioni” ha detto Richard Yu sul palco. Monta pannelli Quantum Dot, altoparlanti multipli per audio surrund, diagonali fino a 75 pollici. Ha un telecomando touch che fa tanto con pochi tasti, e anche il design in acciaio con cornice curva è molto azzeccato.
Soprattutto usa l’AI per fare molte cose: come riconoscere i bambini davanti alla TV, permettere di sfocare lo sfondo durante le videocall con la telecamera integrata, fa da personal trainer a chi si allena in soggiorno. In più è un hub per l’IoT e la domotica, permette di collegarsi al proprio telefono o PC Huawei in modalità wireless e semplificata (con Huawei Share).
I tempi di arrivo sul mercato restano da definirel