Nuovo processore dedicato all’intelligenza artificiale, nuovo framework open source Mindspore per lo sviluppo di algoritmi ad alto tasso di parallelismo. In attesa del SoC per smartphone che sarà lanciato a Berlino
Da una parte c’è l’aspetto tecnologico, fatto di processori sempre più potenti e di nuove soluzioni software che puntano a rendere più efficiente e accessibile la rivoluzione dell’intelligenza artificiale. Oggi Huawei presenta Ascend 910, un processore dedicato all’intelligenza artificiale dalle performance formidabili e inimmaginabili solo pochi anni fa, che farà da antipasto al Kirin 990 che arriverà tra pochi giorni a IFA e che anticipa a sua volta la nuova generazione di smartphone che debutterà in autunno: ma questo è solo un aspetto della faccenda.
Per cogliere fino in fondo la portata degli annunci in materia di AI che Huawei ha fatto oggi bisogna fare un passo indietro, gettando lo sguardo a quell’approccio che ormai da diverso tempo l’azienda cinese propone per la propria tecnologia. Perché l’intelligenza artificiale, come già il 5G, sono argomenti complessi dal punto di vista tecnico ed etico: difficile pensare di poter costruire tutto da soli, meglio puntare a fare squadra. E questo significa collaborare con università, centri di ricerca: così come aprire la propria piattaforma con un approccio open source, che consenta ai migliori talenti di svilupparvi i migliori servizi. “Crediamo che sia importante la concorrenza per stimolare la crescita: non vogliamo essere dei dominatori, siamo solo uno dei player del mercato” ha detto Eric Xu, il presidente attualmente in carica nella rotazione semestrale di Huawei.
Il nuovo Ascend 910
Chi frequenta Huawei da qualche tempo forse ricorderà che i primi smartphone di fascia medio-alta presentati dall’azienda di Shenzhen si chiamavano appunto “Ascend”: un nome che è sparito dalla linea consumer, ma che è tornato in auge lo scorso anno quando venne presentato il SoC Ascend 310 che per primo ha traslato nel mondo enterprise il lavoro svolto da Huawei in materia da AI. Il nuovo SoC presentato oggi, Ascend 910, più che essere un successore del precedente è un nuovo prodotto che si piazza in un segmento diverso del mercato: più potente, più completo, pensato per costituire uno dei tasselli che costituiscono un intero ecosistema di prodotti e servizi tutti costruiti attorno all’intelligenza artificiale.
Il concetto più volte ribadito sul palco da Eric Xu è “full stack, all scenario portfolio”: c’è un Ascend per ciascun segmento di mercato, e mentre il 310 è adatto a fornire all’edge le capacità AI indispensabili per svolgere i compiti che i servizi moderni richiedono, il 910 si piazza in cima alla catena alimentare ed è pensato per mettere tanta potenza a disposizione (512TFLOPS per gli interi, 256TFLOPS in virgola mobile: tutto grazie alla architettura proprietaria Da Vinci) così da accelerare in modo significativo i processi di addestramento delle intelligenze artificiali. Huawei parla di un raddoppio delle performance rispetto alla concorrenza nell’addestramento di AI basate su TensorFlow.
Un altro aspetto peculiare del nuovo Ascend 910 è l’integrazione di tutte le interfacce necessarie a offrire una parallelizzazione della computazione senza dover ricorrere ad hardware esterno, e una connessione diretta con l’host che ospita i dati: in pratica supporta diversi bus per il trasferimento tra unità e unità, così da poter incrementare la potenza complessiva senza doversi preoccupare di come mettere assieme diversi componenti. Inoltre i consumi sono stati contenuti di poco sopra i 300W: può sembrare un numero importante, ma è bene ricordare che stiamo parlando di unità di calcolo pensate per digerire moli molto significative di dati, e trattandosi di un SoC che comprende tutto quello che serve si tratta di un valore in assoluto decisamente interessante.
Che cos’è Mindspore
Un altro aspetto rimarcato dal chairman rotante Eric Xu è stata l’accessibilità: affinché l’intelligenza artificiale sia in grado di offrire vantaggi effettivi a diversi rami dell’industria, così come al consumatore finale, è necessario che sviluppare applicazioni e servizi che sfruttano l’AI sia il più semplice possibile e alla portata di un gran numero di operatori. Se la potenza dell’Ascend 910 non è sfruttabile fino in fondo, o se per sfruttarla occorre investire moltissime risorse nell’ottimizzazione degli algoritmi, l’intero sforzo di Huawei rischia di essere vano: Mindspore è la risposta, un framework che era stato già annunciato lo scorso anno e che ora è arrivato a maturazione. E che, quando sarà rilasciato nella sua versione finale, sarà anche open source.
Come detto, uno degli aspetti peculiari dell’intelligenza artificiale è la necessità di sviluppare algoritmi capaci di scalare in modo significativo per riuscire a gestire grosse moli di dati: la parallelizzazione, ovvero la possibilità di eseguire contemporaneamente i calcoli su più unità contemporaneamente, deve garantire anche il coordinamento tra i diversi processi in modo tale da creare un risultato finale che sia più della somma algebrica delle parti e che riduca al minimo la ridondanza. Per questo è necessario prevedere nel codice specifiche parti dedicate a questo aspetto: Mindspore offre una scorciatoia per semplificare questo passaggio, e oltre a funzionare con i SoC Ascend è compatibile anche con moltissimo altro hardware disponibile (sia CPU che GPU prodotti da altri marchi).
Mindspore è anche compatibile con diversi scenari di utilizzo: che si stia lavorando a intelligenza da incorporare in un datacenter cloud, in un server locale o nella cosiddetta “edge” (pensate per esempio a quanto dovranno fare le auto a guida autonoma, che dovranno elaborare in locale una gran quantità di dati), Mindspore offre le risorse utili a consentire agli sviluppatori di concentrarsi nella modellazione dell’algoritmo più che sulla necessità di adattarlo alla piattaforma. Huawei promette almeno il 20 per cento in meno di linee di codice, e al contempo un miglioramento nell’ordine del 50 per cento nell’efficienza del risultato.
Il futuro di Huawei
In chiusura di conferenza, Eric Xu trova spazio anche per qualche considerazione che va oltre gli annunci di oggi. Stimolato dalle domande, ribadisce che l’intera vicenda della entity list non ha cambiato i piani di Huawei: “Non c’è alcuna influenza della questione Stati Uniti nello sviluppo della nostra piattaforma AI e del nostro portfolio prodotti – ha detto ai giornalisti – Anche se ci sono stati oggettivamente dei cambiamenti nelle condizioni a contorno, non abbiamo cambiato il nostro programma di sviluppo e rilascio dei prodotti”.
Ci sono anzi delle novità interessanti in settori fin qui molto promettenti ma poco esplorati, come quello dell’autonomous driving: una business unit apposita è stata costituita recentemente in Cina, la Autonomous Intelligent Solution, e avrà il compito non solo di collaborare con Audi e le altre aziende del settore che già hanno avviato piani di sviluppo comune con Huawei, ma anche di costruire un’intera offerta di componenti hardware e software che dovranno contribuire nel prossimo futuro allo sviluppo del settore. Proprio l’AI, oltre al 5G, giocano un ruolo fondamentale qui: guarda caso, Huawei ha investito proprio in queste due tecnologie.