Nicola Salvioli è il titolare di una delle tre ditte che si è occupata della ricostruzione dei tesori distrutti dall’Isis in Siria, in mostra al Colosseo fino a dicembre
Ci siamo. Dal 6 ottobre al Colosseo (dal 7 ottobre all’11 dicembre è aperta al pubblico) Rinascere dalle distruzioni, la mostra che porta all’Anfiteatro Flavio la ricostruzione di tre opere distrutte o gravemente danneggiate in Siria dalla furia iconoclasta dell’ISIS: il Toro di Nimrud, la Sala dell’Archivio di Stato di Ebla, il soffitto del tempio di Bel a Palmira. La mostra è il frutto di due anni di lavoro dell’Associazione incontro di civiltà, guidata da Francesco Rutelli, in collaborazione con la Fondazione Terzo Pilastro-Italia e Paolo Matthiae, l’archeologo che guidò la spedizione che consentì la scoperta di Ebla.
Della riproduzione della sala dell’archivio di Ebla (16 metri quadrati) si è occupata Arte Idea di Roma, azienda specializzata nella progettazione di elementi scenografici per cinema, televisione e teatro. Del soffitto del tempio di Bel di Palmira Tryeco 2.0 di Ferrara. Mentre del Toro di Nimrud si è occupata la ditta Nicola Salvioli di Firenze (impegnata nel restauro di metalli e nella realizzazione di supporti). Dopo aver incontrato Ivano Ferrario di Arte Idea e Roberto Meschini di Tryeco 2.0, abbiamo fatto il punto sulla mostra al Colosseo proprio con il restauratore Nicola Salvioli, 40 anni, modenese, alle prese con gli ultimi ritocchi prima dell’inaugurazione (ci sarà anche il presidente della Repubblica Mattarella). E quando parliamo di ultimi ritocchi parliamo di un lavoro su un’opera dalle dimensioni imponenti (480x494x85 centimetri). «Per fare viaggiare un lamassu – così si chiamano le sculture delle divinità – di oltre 5 metri – racconta – abbiamo dovuto portarlo a pezzi. A ora ci stiamo occupando delle fughe tra un blocco e l’altro e di alcuni dettagli da curare una volta sistemate le luci».
A Nimrud sono rimaste le briciole, ma la cultura deve sopravvivere
Nimrud, capitale dell’impero assiro, a sud di Mosul, sul Tigri, in Iraq, è un luogo mitico dell’archeologia orientale per le prime scoperte epigrafiche e artistiche, ha una acropoli piena di monumenti, palazzi e templi. Il toro androcefalo all’ingresso di Nimrud non esiste più. Decorava il palazzo nord-ovest di Assumasirpal II (883-859 a.C.). A marzo del 2015 l’Isis ha pubblicato un video delle distruzioni del sito archeologico con picconi e bulldozer. «Ad aprile 2016 – ha aggiunto Nicola Salvioli – hanno fatto saltare l’intero palazzo con il tritolo. Sono rimaste le briciole». Questa la prima premessa. La seconda sta tutta nelle parole del presidente dell’Associazione Incontro di civiltà Francesco Rutelli. La cultura «deve sopravvivere» e «noi dobbiamo essere i costruttori e i ricostruttori che non accettano la vittoria dei distruttori di cultura che appartiene all’umanità intera».
Dalla fotogrammetria al digital sculpting
Per ridare nuova vita al Toro di Nimrud alla Ditta Nicola Salvioli sono partiti dalla ricostruzione fotogrammetrica «dalle immagini raccolte, anche se vecchie di 30 anni e di diversa provenienza – ha spiegato Nicola Salvioli – determinanti le immagini dell’aviazione americana, in alta risoluzione». Dalla fotogrammetria i tecnici hanno ottenuto «le misure reali. A quel punto abbiamo fatto il ritocco con il digital sculpting e ottenuto il modello fresabile». Il modello ottenuto dalla fresatura del polistirolo è «un modello che è stato completamente rivestito in pasta di pietra». Un elemento «molto simile all’originale – alabastro gessoso – ottenuto mescolando 4 pietre diverse». Quindi, da una parte «il polistirolo era il riferimento per i volumi», dall’altra «l’impasto di pietra con cui abbiamo rimodellato la superficie». Un lavoro enorme «di tre mesi e mezzo. Considera che sono 4 animali in uno: un toro, un pesce, un uccello e una testa umana. In tutto sono 16 metri cubi di polistirolo e 63 metri di superficie rivestiti di pietra». Con un altissimo livello di dettagli.
16 metri cubi di polistirolo, 63 metri di superficie rivestiti di pietra
Al Colosseo, insomma, in mostra ci sarà la ricostruzione del Toro di Nimrud «come se l’avessimo pulita e restaurata in Italia. Riproponiamo una statua appena restaurata, di come poteva essere prima della sua distruzione, dettagliatissima, ma non al millesimo».
Il lavoro delle tre aziende italiane impegnate nella mostra Rinascere dalle distruzioni ha una valenza scientifica che potrebbe essere premessa per una futura ricostruzione sul posto. Ne è convinto anche Nicola Salvioli. «Per come abbiamo lavorato potremmo tranquillamente portare il Toro di Nimrud in Siria — ha detto Salvioli – è una scultura di pietra a tutti gli effetti, ha solo un’anima di polistirolo». Per Salvioli l’iniziativa dell’Associazione incontro di civiltà «è fantastica».