Dopo la nomina di Claudia Pingue come Responsabile del Fondo Technology Transfer per CDP Venture, abbiamo intervistato il nuovo General Manager
È ingegnere elettronico laureato al Politecnico di Milano e anche lui è un ex startupper. Enrico Deluchi prende il posto di Claudia Pingue – approdata in Cdp come Responsabile del Fondo Technology Transfer – alla guida di Polihub, Innovation Park & Startup Accelerator del Politecnico di Milano, come General Manager, accanto al Presidente, Andrea Sianesi. Deluchi, nato a Trieste e milanese d’adozione, fonda la sua prima azienda a 19 anni, ma dopo la laurea, folgorato dall’innovazione digitale, decide di accettare l’offerta di Italtel, dove nel 1990 inizia ad occuparsi di Internet. Dopo un breve passaggio in AT&T, nel 1996, entra in Cisco dove rimarrà per 15 anni occupando ruoli di vertice a livello internazionale. Entra poi alla guida di Canon Italia nel ruolo di Amministratore Delegato. Al termine di questo incarico, decide di dedicarsi a tempo pieno all’innovazione e alla nascita di nuove imprese sia come angel investor, sia come mentor per giovani imprenditori, collaborando con incubatori e altri soggetti dell’ecosistema del venture capital. Oggi prende il testimone di Pingue per continuare l’ascesa di Polihub come maggiore acceleratore di startup in Italia.
L’intervista
Come cambierà con la sua guida la strategia di Polihub?
L’operazione che mi ha visto entrare in questo ruolo era già pianificata, lavoravo con Sianesi, che è a capo di Fondazione Politecnico, principale azionista di Polihub e con Claudia alla strategia di Polihub da anni. Insieme abbiamo posto i tre pilastri della strategia di Polihub che guarda al futuro.
Quali sono?
Primo: maggiore focalizzazione su temi tecnologici, sulle deep tech con intellectual properties. Secondo: allargare sempre di più la community di riferimento di imprenditori, investitori, grandi aziende. La nostra ambizione è quella di diventare il posto dove vanno tutti coloro che in Italia vogliono fare innovazione sulle deep tech. Terzo: quello che facciamo deve avere una forte ricaduta di impatto sociale.
Molti dei brevetti nati nei laboratori deldel Politecnico di Milano vengono adottati da grandi aziende in ottica di open innovation. Volete deviarne il percorso e farli diventare aziende in Polihub?
Il brevetto può prendere due strade diverse. Ci sono progetti di ricerca che possono essere più adatti a diventare prodotto e quindi impresa e altri che sono più adatti a diventare brevetti che possono essere acquisiti e adottati da un’industria. Non solo: queste idee nascono da persone con diverse inclinazioni: c’è chi ama fare lavoro di ricerca m non ha interesse a diventare imprenditore. In tal caso è assurdo forzarli, il percorso migliore da seguire è il trasferimento tecnologico. In altre situazioni ci sono team che hanno il fuoco sacro dell’imprenditoria quindi è giusto costituire un’impresa: in tal caso ci siamo noi che li aiutiamo a realizzarla.
Su quali deep tech vi volete concentrare?
Tutto quello che è elettronica, optoelettronica e fotonica è eccellenza per il Politecnico di Milano (la startup nata in Polihub Fluidmash è stata recentemente acquisita da Cisco, ndr), ambito materiali, robotica, medtech, matematica e algoritmi applicati all’AI. Poi c’è il fintech, che è molto presidiato ma altrettanto interessante, soprattutto nello sviluppo della blockchain. Oggi abbiamo un centinaio di aziende ospitate, saremo un po’ più specifici e verticali e accoglieremo imprenditori all’interno ma anche da fuori dal Politecnico.
Cosa fa nel concreto Polihub? La sua attività cambierà?
Noi siamo una fabbrica di metodo: aiutiamo le persone che hanno competenze scientifiche e tecnologiche a trasformare idee ad azienda. Poi accelereremo lo sbocco nei confronti del mercato e dell’accesso al capitale.