A Milano il campus per studiare web development. In tutta Europa 23 sedi focalizzate anche su cybersecurity e data analyst
«Senza scarpe la mente è più libera di pensare e creare». Il campus manager per l’Italia Francesco Luciani riassume così lo spirito di Wild Code School, un network di campus distribuiti in tutta Europa, dove studenti, professionisti e nerd sfegatati imparano il linguaggio del coding. «Nelle nostre aule tutti i partecipanti camminano scalzi, indossando i calzini che diamo a ciascuno: secondo lo spirito della Founder e CEO, Anna Stèpanov, stare nel campus è un pò come stare comodi a casa». Fondata a Parigi nel 2014, la startup ha aperto finora 24 campus in vari paesi e forma ogni anno più di 2mila persone in tre ambiti chiave del mondo del lavoro. «Nella sede di Milano sono 60 i partecipanti che ogni anno frequentano i nostri corsi».
Wild Code School: «Le aziende vengono da noi»
«Finora abbiamo inaugurato i corsi di web development, data analyst e cybersecurity – ha spiegato Francesco Luciani – il 90% dei nostri iscritti ha trovato un lavoro nel mondo degli sviluppatori anche grazie alle partnership con aziende che partecipano al percorso formativo». In cinque mesi di corso intensivo sia full time sia part time – con lezioni in aula e online – gli iscritti hanno la possibilità di lavorare a tre progetti collaborando anche con le imprese, «così quando escono da Wild Code School hanno già un portfolio di qualità». Ma qual è la mission di questa startup?
Il primo scoglio da superare è far capire che il coding è un qualcosa di accessibile a tutti, con un pò di pratica e tanta buona volontà. Diventare abili smanettoni al computer apre le porte delle aziende e mette di fronte a una realtà molto spesso trascurata: il codice è ovunque nella nostra quotidianità, dagli smartphone alle applicazioni fino agli amatissimi videogiochi. Ecco perché in Wild Code School pensano che, in fin dei conti, il codice sia «vita».
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Come il maestro Manzi
«Il mercato del lavoro per gli sviluppatori è in continua crescita – ha risposto Luciani – ogni giorno questi professionisti ricevono decine di offerte su LinkedIn. Ma c’è un gap da colmare: le aziende si rivolgono a noi perché non ce ne sono abbastanza». Il lavoro di chi scrive codici non è senz’altro dei più semplici, soprattutto in un Paese che sconta ancora ritardi cronici sulle materie scientifiche. «In Italia va però sfatato questo mito: parliamo di professionisti come tanti altri. Quel che mi sento di dire è che non è mai troppo tardi», proprio come nella omonima trasmissione RAI del Maestro Manzi, dove, durante il secondo Dopoguerra, anche i più anziani imparavano a leggere e a scrivere. «Come tutti i mestieri richiede training continuo, ma non ci sono limiti d’età: da noi frequentano sia i diciottenni sia persone più grandi. In Portogallo, ad esempio, abbiamo avuto tra i banchi una signora di 57 anni».