Dalla natura alla casa. La startup biellese Ricehouse riutilizza gli scarti della produzione del riso per produrre materiali isolanti adatti a tutti i tipi di costruzioni. Un’idea importante per il tema del risparmio energetico e dell’impatto ambientale
“Quindici anno fa io e il mio compagno, che è anche mio socio, ci siamo trasferiti a Biella e ci siamo ritrovati a vivere in mezzo alle risaie. Abbiamo notato quanti scarti rimanessero sui campi, destinati ad essere bruciati, perché non adatti all’allevamento, come avviene invece per altre coltivazioni. Dato che in architettura veniva già usata la paglia di altri cereali, mi sono detta: perché non provare anche con quella del riso? Così ho iniziato a usarla nei miei cantieri come isolante”.
Tiziana Monterisi, architetto 43enne, lecchese di origine, racconta come due anni fa ha deciso di dare il via alla startup Ricehouse, presentata ufficialmente lo scorso gennaio a Klimahouse, dove è arrivata tra le 10 finaliste di Klimahouse Startup Award, competition creata per dare impulso alle innovazioni green fra i giovani imprenditori, e ha ricevuto il premio speciale startup innovativa dall’Agenzia CasaClima. L’idea è quella di promuovere lo sfruttamento dei residui della coltivazione del riso e sostenere l’utilizzo della paglia, della lolla e della pula come materiali da costruzione.
“Da sempre mi sono interessata di architettura a favore dell’uomo, vedo la casa come la nostra terza pelle. Come prestiamo attenzione agli abiti che indossiamo, altrettanto va fatto con i materiali degli ambienti in cui viviamo”.
Che cosa fa Ricehouse
Ricehouse si pone come snodo centrale della filiera che va dall’agricoltura all’architettura. La startup gestisce il coordinamento delle attività di produzione della materia prima, dalla logistica allo stoccaggio, in modo da assicurare un approvvigionamento continuo, segue la produzione, realizzata in partnership con aziende del settore, si occupa della promozione e della commercializzazione nel mondo dell’edilizia sostenibile. Quattro, in particolare, i prodotti ideati da Ricehouse: dal telaio in legno e paglia di riso a speciali intonaci, malte e massetti che trovano nello scarto della lavorazione del riso uno dei loro componenti principali.
“Da gennaio 2018 sono stati tutti messi in vendita e possono essere acquistati da chiunque, contattandoci. Prima li usavo e sperimentavo io sui cantieri, quindi un cliente doveva “fidarsi” di me. Ora, invece, ho fatto fare tutti i test e le certificazioni necessarie ad attestarne le caratteristiche isolanti tecniche e acustiche. Tutti valori importanti per le imprese, i professionisti che preparano il capitolato, i clienti attenti all’alta efficienza energetica”, spiega Tiziana Monterisi.
Grazie alla miscela di calce, lolla e paglia i prodotti Ricehouse sono molto leggeri, altamente termici, interamente naturali, traspiranti e sani. Si distinguono inoltre per la loro facilità di posa, molto simile a quella del cemento. Sono indicati per tutte le tipologie di intervento e di costruzioni: dai restauri, poiché contengono calce naturale, alle ristrutturazioni, dove possono essere affiancati a parti preesistenti in mattoni o cemento armato, alle nuove costruzioni, magari in legno o in materiali bio. Come Casa UD, premiata nella categoria ristrutturazione/restauro residenziale come edificio green 2017 per il premio sostenibilità 2017 dall’Agenzia AESS di Modena: abitazione a energia quasi zero e impatto ambientale molto basso, firmata dall’architetto Monterisi a Chamois, in Val d’Aosta, a 1.816 metri di altezza. Nato sui resti di un vecchio rudere del 1834, l’edificio, grazie alle proprietà isolanti della paglia di riso inserita nel telaio, non ha bisogno né di riscaldamento né di un impianto di condizionamento, perché mantiene al suo interno una temperatura mite e confortevole. L’umidità, invece, viene regolata in maniera naturale dagli intonaci interni, realizzati in terra cruda, e dalla ventilazione naturale.
Riso per l’architettura
A tre mesi dal debutto la fondatrice di Ricehouse è soddisfatta: “Per ora abbiamo venduto materiali per 30mila euro, ovvero un po’ più di quanti ne siano necessari per una villa unifamiliare di 200 metri quadrati, per cui si calcolano in genere 20-25mila euro di biocomposti. Dopo Klimahouse abbiamo ricevuto un centinaio di richieste di preventivo, speriamo si trasformino al più presto in ordini”. La speranza è anche quella di poter avere accesso a finanziamenti europei per le nuove imprese: “Finora abbiamo realizzato tutto con i nostri guadagni io e il mio compagno, Alessio Colombo, geologo, che mi ha permesso di dedicarmi a questa attività imprenditoriale”.
Una realtà, quella di Ricehouse, per ora unica in Italia, primo produttore di riso in Europa, con coltivazioni concentrate tra Pavia, Novara e Vercelli: “Siamo in contatto con realtà simili in Francia, Spagna, Portogallo, Ungheria e Grecia. In tutti questi Paesi si coltiva il riso, anche se in modo meno intensivo rispetto al nostro. Per questo il nostro progetto per il futuro non è tanto quello di aumentare la produzione in loco per esportarla, ma quello di diffondere il nostro know-how nel resto d’Europa, creando una rete imprenditoriale che valorizzi il territorio e attivi l’economia circolare”.