L’associazione no profit PermessoNegato, ha pubblicato i dati, relativi alla pornografia non consensuale, pubblicati nel mese di novembre sul social di origine russa con sede a Dubai
Troppo spesso al centro di episodi di cronaca, i problemi legati alla pornografia non consensuale – cosiddetta NCP – e al revenge porn continuano ad alimentare forme di violenza e odio online. Per chiarire la portata della questione, PermessoNegato APS, associazione no profit di promozione sociale, attiva nel supporto tecnologico e feedback legale alle vittime di NCP, ha pubblicato un’indagine sui numeri dei contenuti pornografici non autorizzati diffusi in Italia. Attraverso il lavoro di esperti di tecnologia, cybersecurity, legali e criminologi, PermessoNegato mette in campo strategie e politiche per la non proliferazione di contenuti pornografici non consensuali.
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Il recente report dell’associazione sullo “Stato Dell’Arte del Revenge“, ha fotografato la situazione in Italia, nel mese di novembre 2020. In particolare, riguardo ai dati di Telegram, in assoluto il social che raccoglie la fetta maggiore dei contenuti pornografici non consensuali. Il quadro presentato da PermessoNegato, segnalato alle FFOO, ad AGCOM e agli store di Google ed Apple, mostra un aumento sostenuto dei contenuti veicolati. Anche a causa dei numerosi articoli giornalistici che, pubblicando i nomi dei canali e dei gruppi, contribuiscono a dargli risalto.
I numeri di novembre
L’osservatorio di PermessoNegato, nel corso di novembre, ha rilevato su Telegram 89 gruppi e canali attivi nella condivisione di pornografia non consensuale e destinati a un pubblico italiano. All’interno dei gruppi esaminati, il più numeroso dei quali contava 997.236 utenti unici, l’associazione ha rilevato un numero di utenti registrati non unici pari a 6.013.688 account. Un’ulteriore analisi a campione sui gruppi più numerosi ha inoltre portato a stimare la sovrapposizione degli utenti unici tra i gruppi a circa il 60%.
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Se comparati con i numeri degli scorsi mesi, la crescita appare costante e sostenuta. Basti pensare che a febbraio di quest’anno, i gruppi e canali segnalati erano stati 17, con 1.147.000 utenti non univoci. A maggio, la cifra dei gruppi era salita a 29, mentre quella degli utenti non unici a 2.223.336. La maggioranza dei gruppi osservati contiene richieste particolareggiate, segnala il report di PermessoNegato, seguite spesso da corrispondenza diretta fra domanda e risposta, di contenuti che riguardano minori.
© Immagine: PermessoNegato
Il boomerang della stampa
Un aspetto particolarmente delicato dei contenuti pornografici non consensuali sta nel modo in cui questi episodi sono trattati dalla stampa. Difatti, il numero di accessi e sottoscrizioni ai canali e ai gruppi, sale verticalmente in occasioni di episodi di cronaca. Veicolati dai giornali e dai media, che pubblicano i loro nomi, si finisce per creare con un effetto boomerang, in grado di aiutare gli utenti male intenzionati. Occorre quindi, specifica l’indagine, una comunicazione più oculata e responsabile degli eventi. Senza fornire indicazioni utili alla identificazione e rintracciamento della vittima e dei luoghi di scambio.
OnlyFans, la problematica dei contenuti a pagamento
Nonostante non sia strettamente riferita alla NCP, trattandosi di condivisione volontaria dietro corrispettivo, è sempre più diffusa la richiesta di materiale illegale di ragazze italiane, che utilizzano sistemi di ‘patronato’ digitale, come OnlyFans. I contenuti sono in teoria disponibile dietro pagamento. In realtà, vengono utilizzati come merce di scambio dagli utenti dei gruppi e canali.
© Immagine: PermessoNegato
Pornografia non consensuale: non solo revenge porn
La pornografia non consensuale è un fenomeno molto più vasto del cosiddetto revenge porn, con il quale si identificano le “vendette di relazione”. Il fenomeno del NPC ha raggiunto proporzioni molto serie in Italia, come testimoniato da numerosi fatti di cronaca. Si tratta di un fenomeno dal quale nessuno può dirsi al sicuro: può infatti colpire tutte le classi sociali o demografiche, senza distinzioni di sorta. E simili sono anche gli effetti molto gravi che quasi sempre questi contenuti provocano sulla vita delle vittime. Secondo uno studio della American Psicological Association, pubblicato nel 2019, le persone colpite sarebbero il 10% della popolazione, con un’incidenza maggiore sui minori. A questo dato, se ne aggiunge uno ancora più tragico: il 51% delle vittime contempla come soluzione al problema la possibilità del suicidio.
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Inoltre, la problematica della pornografia non consensuale si muove su direttrici sempre più estese. Da immagini riprese consensualmente o in modo volontario, nel corso di un rapporto sessuale, ma destinate a uso privato. Fino a immagini filmate da telecamere nascoste o riprese durante una violenza sessuale. Spesso, vengono anche divulgati nomi e informazioni della vittima, che diviene così rintracciabile sui social o per altre vie.
Come contrastare il fenomeno?
Di recente, è stata introdotta in Italia una disciplina specifica sul revenge porn. Si tratta dell’art. 612 – ter c.p., “Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti“, inclusa, il 9 agosto 2019, all’interno del cosiddetto Codice Rosso. La pena prevista è la reclusione da uno a sei anni e la multa da 5mila a 15 mila euro. Ciononostante, la situazione rimane critica, soprattutto a causa di piattaforme, Telegram per prima, refrattarie alle segnalazioni e alla circolazione al loro interno di contenuti non consensuali di stampo pornografico.
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Altri social hanno invece lanciato programmi di prevenzione della distribuzione di materiale pornografico non consensuale. È il caso di Facebook, attraverso il “Programma pilota sulle immagini intime condivise senza autorizzazione“, del quale PermessoNegato è stato selezionato partner europeo. Il progetto consente, alle persone che temono di vedere condivisi senza autorizzazione i propri video o immagini, di inviarne una copia in modo sicuro e protetto. Al fine di impedire che questi possano essere condivisi su Facebook, Messenger o WhatsApp. Altre soluzioni sono ora in fase di studio, da parte dei vari social. Resta tuttavia necessario, per le varie piattaforme, assicurare una veloce risposta alle segnalazione inviate da privati e dalla società civile.