La protesi è nata dalla collaborazione tra Inail e Istituto italiano di tecnologia. Sarà disponibile a prezzo ridotto dal 2019
Si chiama “Hannes” ed è la nuova mano hi-tech che piega le dita e afferra oggetti con un’efficienza pari al 90% di una mano naturale. La protesi robotica, nata in Italia nel Rehab Technologies Lab (il laboratorio congiunto nato nel dicembre 2013 dalla collaborazione tra l’Inail e l’Istituto italiano di tecnologia), è stata presentata a Roma il 10 maggio e sarà disponibile a partire dal 2019.
La mano bionica deve il suo nome a Hannes Schmidl, il primo direttore tecnico del centro protesi dell’Inail di Vigorso di Budrio e autore nel 1965 della prima mano controllata dagli impulsi nervosi trasmessi dai muscoli (mioelettrica).
Tra le caratteristiche principali ci sono una maggiore durata della batteria rispetto alle protesi attuali, una migliore capacità e performance di presa, il costo (circa 10 mila euro) ridotto di circa il 30% rispetto ai dispositivi attualmente in commercio.
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Come funziona
La mano robotica è controllata attraverso elettrodi, sfrutta cioè gli impulsi elettrici che provengono dalla contrazione dei muscoli della parte residua dell’arto e implementa strategie basate su algoritmi di intelligenza artificiale. Questa tecnologia consente ai pazienti di comandare la mano semplicemente pensando ai movimenti naturali. Indossarla non richiede alcun intervento chirurgico invasivo e ha dei guanti color pelle in versione maschile e femminile.
Come hanno spiegato i ricercatori, la mano robotica è stata progettata affinché “conformazione e qualità dei movimenti siano il più possibile equiparati a quelli di una mano naturale e che le persone percepiscano la protesi non come un elemento estraneo, ma come una parte di sé”. Le dita, infatti, possono piegarsi e muoversi in modo naturale anche quando sono “a riposo”.
Il pollice, in particolare, può assumere tre differenti posizioni replicando un’ampia varietà di prese: da quella “fine”, che permette di afferrare oggetti di piccole dimensioni (come una penna o un chiodo), a quella “laterale”, che consente la presa di oggetti molto sottili (come fogli o carte di credito), fino a un movimento in grado di prendere e spostare anche oggetti di peso elevato. Il polso in flesso-estensione è in grado di piegarsi in cinque differenti posizioni e può effettuare un movimento rotatorio.
Uno strumento prezioso
Il progetto è nato nell’ambito dell’accordo fra Inail e Iit, firmato nel 2013, per lo sviluppo di protesi di nuova generazione. L’investimento è stato pari a 7,5 milioni di euro all’interno di un piano triennale (2013-2015) da 12 milioni.
“Abbiamo uno strumento prezioso”, ha detto il presidente dell’Inail, Massimo De Felice riferendosi alla mano robotica, che ha ricevuto la certificazione CE come dispositivo medico di fase 1. La mano “è pronta per la commercializzazione a partire dal 2019”, ha aggiunto il direttore generale dell’Inail, Giuseppe Lucibello.
A testimoniare l’efficacia della protesi c’era Marco Zambelli, 64enne di Sant’Agata Bolognese, che aveva perso la mano destra per un infortunio di lavoro all’età di 16 anni. Oggi l’uomo, con la sua nuova “mano”, ha stretto quella del ministro del Lavoro Giuliano Poletti e ha spiegato: “Posso piegare le dita con la forza voluta e cominciare a dimenticare di dover usare sempre la mano sinistra. Con l’avvento di questo dispositivo, ho cominciato a utilizzare entrambe le mani come se fossi normodotato. E’ cambiato tutto per me, anche il modo di pensare come muovermi”.
Per il direttore scientifico dell’Iit, Roberto Cingolani, “la mano è solo il primo passo, sulla stessa base stiamo sviluppando esoscheletri e protesi di braccia e gambe”.