Apparecchi pensati per l’impiego medico in casi di nascite premature o apnee notturne. Potrebbero essere uno strumento utile nella gestione dei pazienti Covid19
Non parliamo di un sostituto della terapia intensiva: i dispositivi medici noti come CPAP (continuous positive airway pressure) sono stati indicati dall’assessore lombardo al welfare Giulio Gallera come uno degli strumenti di cui la Regione si sta dotando per migliorare le capacità del servizio sanitario di tener testa all’aumento di pazienti cui prestare assistenza nelle strutture pubbliche. Un supporto in più per chi sviluppa sindromi da insufficienza respiratoria: naturalmente parliamo dei casi meno gravi, ma potrebbe essere un modo per non intasare i reparti di terapia intensiva degli ospedali al momento messi a dura prova dalla diffusione del virus noto come SARS-CoV-2 o definito genericamente coronavirus.
Assistenza meccanica alla respirazione
Il sistema di “ventilazione meccanica a pressione positiva continua” è stato inventato negli anni ’80 del secolo scorso ed è un supporto medico che può aiutare a migliorare l’ossigenazione in alcuni pazienti senza dover ricorrere alla cosiddetta intubazione. A chi viene prescritto l’utilizzo di una macchina CPAP si applica una semplice mascherina, su naso o su naso e bocca, che a seconda dei casi può fornire aria alle vie respiratorie a pressione superiore a quella atmosferica o semplicemente a una intensità tale da migliorare il meccanismo di inspirazione per aumentarne la qualità in termini relativi. In altre parole: un CPAP aiuta a respirare meglio.
I modelli più avanzati di questa sorte di respiratori possono prevedere anche una regolazione dinamica della pressione: si tratta in quei casi soprattutto di apparecchi che utilizzano pazienti affetti da apnee notturne, magari legate a un setto nasale deviato o altri tipi di piccoli impedimenti meccanici, che servono a migliorare la qualità del sonno. Un altro campo di applicazione in medicina riguarda la neonatologia: in caso di nascite premature può essere utile in certi casi un supporto minimo alla respirazione, senza di nuovo dover ricorrere a formule più invasive endotracheali, così da consentire al bambino di avere il tempo di sviluppare il proprio meccanismo di respiro autonomo.
Nel caso del coronavirus, non tutti i pazienti sviluppano gravi insufficienze respiratorie: i casi più estremi, ma parliamo di una percentuale minima del totale, richiedono l’ingresso nei reparti di terapia intensiva dove possono essere assistiti al meglio, mentre chi è affetto da forme più lievi potrebbe limitarsi a utilizzare un CPAP mentre il suo corpo reagisce al virus (anche grazie agli antivirali che vengono impiegati nella terapia, laddove necessario) fino a completa guarigione.
Meno complicazioni, costi inferiori
I sistemi di supporto alla respirazione da terapia intensiva prevedono l’impiego di ossigeno, richiedono quindi l’approvvigionamento del gas e la sua gestione seguendo le opportune norme di sicurezza: inoltre la somministrazione di questo tipo di terapie tipicamente è limitato ai reparti di terapia intensiva. Una delle problematiche emerse in questi giorni, che si sta tentando di affrontare, è però il rapido esaurimento dei posti letto disponibili in quei reparti: per questo la Regione Lombardia sta provvedendo all’acquisto di questi macchinari CPAP, così da poter dosare al meglio lo sforzo nel trattamento di pazienti a diversi stadi di sviluppo della malattia.
I device CPAP si limitano ad aumentare la pressione tramite una pompa che lavora direttamente con l’aria che respiriamo ogni giorno: il loro impiego può essere propedeutico alla guarigione, come detto, o una sorta di strumento intermedio per chi ancora non necessita il trattamento di terapia intensiva.
Il costo di un dispositivo CPAP è poi tutto sommato contenuto: parliamo di qualche centinaio di euro sul mercato retail per i modelli più semplici, fino a qualche migliaio per quelli di livello ospedaliero. L’acquisto di questo tipo di apparecchi da parte della Lombardia, che potrebbe essere imitato anche da altre regioni, potrebbe consentire di alleggerire il carico di tutta la struttura ospedaliera in attesa che venga raggiunto il picco dell’epidemia SARS-CoV-2 qui in Italia e che il numero di pazienti inizi a calare naturalmente.