Accade nel Palazzo di Giustizia di Brescia. StartupItalia ha intervistato il Presidente del Tribunale Vittorio Masia e Marco Vommaro, magistrato di riferimento per l’informatica
«In questo modo riusciamo a evitare, o almeno a limitare al massimo le occasioni di contagio. La tecnica al servizio di un’ottima causa». StartupItalia ha raggiunto telefonicamente Vittorio Masia, Presidente del Tribunale di Brescia, per un commento sulla prima udienza di processo per direttissima mai tenuta nel distretto giudiziario sfruttando la videoconferenza. Soltanto il giudice era presente in tribunale, mentre le parti si sono collegate da remoto. Pur rallentando il percorso della giustizia – i tribunali sono chiusi fino al 15 aprile – l’emergenza coronavirus sembra aver spinto il sistema verso una possibile innovazione. «Questa è una situazione eccezionale – ha aggiunto il giudice Masia – con questo sistema non c’è alcuna compressione dei diritti fondamentali della persona. Molta dell’innovazione di questo periodo rimarrà anche dopo».
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La “causa pilota” al tribunale di Brescia
La prima udienza virtuale in Italia si è svolta nel Tribunale di Brescia e ha riguardato il caso di un italiano che, nei giorni scorsi, era stato fermato in bici durante uno dei tanti controlli contro i furbetti delle uscite. Anche il motivo dell’udienza, insomma, è legato a doppio filo al Coronavirus. Nel portapacchi l’uomo trasportava un chilo di hashish, il che ha comportato l’arresto, subito convalidato grazie appunto a un’udienza svolta in videoconferenza. Ci siamo fatti spiegare l’avvio di questa sperimentazione, promettente per la giustizia in Italia.
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«Finita questa emergenza – ha spiegato il Presidente del Tribunale di Brescia – bisognerà capire come sfruttare ancora questi strumenti. Sarebbero davvero utili, soprattutto perché eviterebbero, ad esempio, gli spostamenti continui di detenuti o testimoni». StartupItalia ha anche chiesto un commento a Marco Vommaro, giudice dibattimentale e MAGRIF (magistrato di riferimento per l’informatica e l’innovazione) del Tribunale di Brescia. «L’art 83 del decreto legge 18 del 2020 – ha premesso Vommaro – stabilisce al comma 12 che la partecipazione a qualsiasi udienza delle persone detenute, internate o in stato di custodia è assicurata con videoconferenza o collegamenti da remoto. Il Ministero della Giustizia ha dunque stabilito l’utilizzo sicuro di due programmi: Skype for business e Microsoft Teams (quello tramite il quale è stata trasmessa l’udienza per direttissima, ndr).
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Vittorio Masia, Presidente del Tribunale di Brescia
«Io ho partecipato all’udienza per una supervisione tecnica – ci ha spiegato Vommaro – Devo dire che è stato tutto molto semplice: il Ministero ha creato delle stanze virtuali assegnate a ciascun giudice, il quale può invitare le parti a prendere parte alla videoconferenza». Un passo avanti soprattutto per il processo penale, dal momento che il processo civile telematico è realtà da diversi anni. «So che presto Ministero organizzerà anche dei corsi per approfondire meglio le varie funzioni di Microsoft Teams».
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Ma come si garantisce la possibilità all’imputato di poter dialogare liberamente con il proprio difensore? «Il tema è molto importante – ha risposto Vommaro – perché va sempre lasciata la massima espressione del diritto di difesa. Se l’avvocato e il proprio assistito devono parlare tra loro, il pm e il giudice possono uscire dall’aula virtuale e rientrare non appena il colloquio riservato termina». Tutto lo scambio di materiali e atti del dibattimento avviene sulla stessa piattaforma sfruttando la chat. Insomma, la Giustizia si sta modernizzando. E un domani quando si parlerà ancora di processi troppo lenti magari lo si farà soltanto con riferimento alla velocità della connessione.