L’applicazione, presentata dall’Ats (Azienda tutela salute) di Bergamo, attraverso l’auto-esame della pelle e la consulenza di un medico via smartphone, aiuta a individuare le lesioni sospette e apre una nuova frontiera nel settore della teledermatologia
Non solo per comunicare. Lo smartphone diventa sempre più uno strumento per prendersi cura di sé, a partire dalla pelle. Così nasce Clicca il neo, un’app per diagnosticare precocemente i tumori della cute presentata dall’Ats (Azienda tutela salute) di Bergamo. Un progetto di teledermatologia sviluppato da Centro Studi Gised, che dal 2002 si occupa di malattie dermatologiche, e sostenuto da LILT, grazie a Fondazione Credito Bergamasco.
Come funziona Clicca il neo
Dopo aver scaricato l’applicazione sul proprio smartphone (sia da Google Play che da App Store), si procede all’autoesame della pelle seguendo le linee guida suggerite dalla app stessa. Se si individuano macchie o lesioni sospette si scatta una foto e la si invia direttamente all’esperto, che nel più breve tempo possibile darà risposta. «Non è una diagnosi a distanza, ma un’indicazione sull’opportunità o meno di approfondire con una visita specialistica, nel caso di lesione sospetta o altamente sospetta», spiega Luigi Naldi, medico specializzato in dermatologia e allergologia, fondatore del Centro Studi Gised e coordinatore del progetto Clicca il Neo. «L’idea è nata perché ormai scattare e trasferire immagini è un’abitudine nella nostra vita. E anche lo smartphone è già strumento di comunicazione per i medici, che ricevono messaggi e richieste dai loro pazienti», continua Naldi.
Una sperimentazione di tre anni
L’obiettivo è dimostrare l’equivalenza tra il monitoraggio attraverso Clicca il Neo e il controllo tradizionale, evidenziando in particolare il vantaggio nell’utilizzo dell’app, più veloce e immediata, poiché non comporta la necessità di prendere appuntamenti né di affrontare spostamenti. La sperimentazione, attualmente in corso, durerà tre anni. Nella fase iniziale, da ottobre 2016 a febbraio 2017, sono stati coinvolti solo i dipendenti di Ats Bergamo. Nella seconda fase, di cui si stanno raccogliendo i risultati in queste settimane, ci si è rivolti invece a tutta la popolazione con una serie di interventi educativi, anche grazie al coinvolgimento dell’Unità di Dermatologia della ASST Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo e al supporto della Fondazione Banca Popolare di Bergamo.
L’importanza della prevenzione
«Attraverso la divulgazione di materiali pubblicitari in luoghi pubblici come autobus e farmacie, abbiamo cercato di responsabilizzare la popolazione sulla propria salute, oltre a presentare la nuova app», prosegue Naldi. Tra le regole di prevenzione, per esempio, il medico ne raccomanda soprattutto una: «Attenzione ai bambini. Le ustioni in età infantile sono uno dei principali fattori di rischio per lo sviluppo del melanoma». Prevenire è importante a livello personale, ma anche sociale. Se una lesione sospetta, grazie alla diagnosi precoce, viene asportata con un intervento in day hospital che costa da 1.000 a 1500 euro, i costi per le cure chemioterapiche e per l’assistenza, quando si interviene su un melanoma in stato avanzato, arrivano a 200 mila euro l’anno.
La diagnosi grazie a un algoritmo
Ma le sfide della dermatologia, grazie agli avanzamenti tecnologici, sono numerose. Il Centro Studi Gised sta già lavorando a una possibile evoluzione della app Clicca il neo: «Sfruttando i big data, stiamo sviluppando con l’azienda bergamasca Sorint.lab un algoritmo che possa dare un giudizio automatico sulle lesioni della pelle. In altre parole, potrebbe essere lo smartphone stesso non solo a fare la foto, ma anche a segnalare quando ci si trova di fronte a una macchia della pelle sospetta», spiega ancora Luigi Naldi, che rientra nella Top Italian Scientists, classifica di accademici e ricercatori italiani che lavorano in tutto il mondo, stilata annualmente dalla Virtual Italian Academy.
Il futuro della teledermatologia
Un’altra strada da percorrere è quella della domotica per la fototerapia a domicilio dei pazienti con psoriasi: «Si potrebbe fare utilizzando led che emettono luci ultraviolette, che presto saranno disponibili sul mercato. Stiamo pensando anche a come installare strumenti di controllo remoto sulla macchina per verificare intensità, durata, dosaggi ed eventuali reazioni della persona. Questo permetterà di raccogliere anche una grande quantità di dati utili per ricerca». Un altro progetto allo studio sono le cabine per realizzare il mappaggio della pelle di tutto il corpo, da memorizzare sulla carta sanitaria dei servizi. «Si potrebbero mettere nelle farmacie, nelle accettazioni degli ospedali, ma anche nei supermercati. Certo, ci sono problemi ingegneristici a cui stiamo lavorando, come il sistema di sanitizzazione tra un ingresso e l’altro e la possibilità di fotografare anche le zone del corpo più in ombra», conclude Naldi.