Share Makerspace, oltre ad essere un fablab, è soprattutto “un’idea” con una grande mission: insegnare alle persone che, con le nuove tecnologie, tutto è possibile. Anche trovare lavoro.
«Mi chiedi se siamo un makerspace o un fablab? Non l’ho ancora capito, ma in Italia non è importante» Share Makerspace è qualcosa di diverso. Innanzitutto, come spiega il fondatore Roberto Befera, Share Makerspace è un’idea. L’idea è quella di dare la possibilità a tutti di entrare in contatto con il mondo dei makers, anche a chi non abita in un grande centro ma vive in periferia. Cusano Milanino è un comune in provincia di Milano che conta 18mila abitanti, ed è qui che Roberto e i suoi vicini di casa hanno deciso, due anni fa, di aprire la loro associazione.
Il fablab/makerspace/associazione si trova in un capannone di proprietà di Roberto, che ha un’azienda tessile, e viene gestito assieme agli associati dai cofondatori Luca Frettoli (che all’epoca della fondazione era ancora uno studente di architettura) e Diego Peruselli (ingegnere informatico presso il Politecnico di Milano). Pur non essendo una realtà estesa, la mission di questo fablab è ambiziosa e si basa sul concetto di formazione in chiave sociale. Un caso particolare che dimostra quanto i fablab siano necessari per i territori che li ospitano, anche quando non portano profitti strettamente economici.
Associazione per scelta
Avete capito bene. Partendo da un’idea, i fondatori hanno deciso di costituirsi in un’associazione per creare il loro fablab. Una scelta che, per alcuni, potrebbe essere discutibile.
Decidere di seguire la via dell’associazione anziché quella della startup ha delle implicazioni importanti sotto diversi punti di vista.
Essere un’associazione significa prima di tutto rinunciare a tutti quei finanziamenti che, di solito, sono destinati alle start-up e alle aziende. «In questo modo – ammette lo stesso Roberto – diventa più complicato accedere a concorsi che possano portare a un aumento del capitale». Ciò determina una difficoltà in più dal punto di vista economico, ma d’altro canto dà la possibilità agli associati di operare anche in direzioni che non prevedano necessariamente un guadagno in termini monetari.
Roberto spiega che la mission di Share Makerspace non è quella di fare services per privati o per aziende, ma piuttosto di insegnare agli associati e agli interessati del territorio come accedere al mondo dei makers. Per questo motivo, qui viene insegnato come disegnare e stampare oggetti in 3D, come interagire con Arduino e tante altre piccole abilità. Tutti elementi indispensabili per orientarsi in questo settore ancora distante dalla maggioranza delle persone, ovvero chi non dispone delle conoscenze di base.
Share Makerspace: Un progetto sociale
«Avevamo il sogno di portare persone che avessero perso il lavoro e con un certo tipo di professionalità all’interno di questo mondo. Fargli passare il tempo insieme ad altra gente, condividere idee e conoscenze. Cercare di insegnargli qualcosa di nuovo che potesse portarli ad avere contatti diversi dalla loro specializzazione, per creare qualcosa che fosse veramente loro e magari crearsi una nuova professione».
Queste parole di Roberto dimostrano quanto il risvolto sociale sia fondamentale all’interno di Share Makerspace. In quest’ottica, il fablab ha attivato una collaborazione con una associazione che si occupa di reinserire disoccupati e inoccupati del Comune di Cusano Milanino, cercando di stimolarli a fare corsi per dare loro una nuova professionalità. «Non una cosa semplice» spiega Roberto «Perché ancora non è entrato nella testa delle persone l’importanza di questo settore e le possibilità che ne derivano».
Share Makerspace ha anche portato avanti una collaborazione con una scuola media con la quale, nel giro di un quadrimestre, il fablab ha costruito da zero un inseguitore solare basato su Arduino. Un’esperienza uitile per avvicinare anche i giovanissimi a un settore che caratterizzerà le loro vite quando saranno grandi. In questo modo si costruisce il futuro per il proprio territorio e per la propria comunità.
Una tendenza invertibile
Come fare per cambiare la percezione che la maggiornza delle persone ha del mondo dei makers e delle nuove tecnologie di fabbricazione? Spesso viene considerato inarrivabile, distante e difficile da comprendere, nonostante siano sempre di più coloro i quali hanno accesso a stampanti 3D, frese a controllo numerico e strumenti di precisione digitali.
«Bisogna dimostrare che uno spazio del genere può aiutare chiunque, e che da qui possono venire fuori nuove opportunità per tutti. Non basta parlare di quanto sia bella la stampa 3D, ma serve realizzare dei progetti e farli vedere alla gente perché capisca che si tratta di cose abbastanza semplici e alla portata di tutti. Un oggetto, un prodotto o un gioco sono facili da realizzare se ci si mette con impegno e voglia. Insomma, meno parole e più fatti. Le persone devono capire che questi non sono spazi per piccoli nerd che creano Tamagochi».
Roberto fa l’esempio di una ragazza che aveva ottenuto un colloquio di lavoro alla Lego, la famosa azienda di giocattoli. Share Makerspace l’ha aiutata a fare dei piccoli modelli da presentare al colloquio, con la stampante 3D. Il colloquio è andato a buon fine, anche grazie alle idee che la ragazza, assieme a Roberto e al suo team, era riuscita a rendere reali. Un altro esempio è quello tipico del ragazzo che non trova lavoro: frequentando il fablab ha la possibilità di conoscere persone, sviluppare idee e dimostrare le proprie capacità sul campo.
Tutte cose che, diversamente, non sarebbero altrettanto facili da realizzare.
«Mi sono avvicinato al movimento dei makers perché credo nella collaborazione tra le persone. Mi sono reso conto che, essendo molti fablab delle vere e proprie aziende, debbano concentrarsi anche e soprattutto su quello che è il loro lavoro, più che sulla parte formativa e di condivisione. Ognuno tutela i proprio interessi ma, per come è adesso la situazione generale, è inevitabile. Non è detto, però, che la situazione non sia destinata a cambiare. Io lo spero.»
Roberto e i suoi collaboratori incarnano l’idea fondamentale di fablab, ovvero la condivisione di idee, progetti e macchinari per fare qualcosa che vada oltre al solo profitto economico, ma che contribuisca anche allo sviluppo del territorio e delle persone. Una scuola di vita, un’esperienza formativa e sociale che serve a preparare le persone alle novità che, piano piano, stanno approdando anche nel nostro Paese. In poche parole, una palestra per prepararsi al mondo che verrà.