Il rapporto con scuole e territorio, la mission, il modello economico: il laboratorio di fabbricazione digitale di Pianura raccontato dai makers che ci lavorano
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Aspettando Maker Faire Rome 2016 | FabLab Napoli
Strada Comunale Grottole 1, quartiere Pianura, periferia di Napoli. Queste le coordinate del FabLab Napoli, laboratorio di fabbricazione digitale: nato prima come community e progetto e poi nel 2013 con una sede propria (inizialmente presso Hubspa, coworking a Giugliano, poi dal 2015 la nuova collocazione). «Siamo ospitati dalla Casa della Cultura: uno spazio di 8oo metri quadrati, 120 dedicati al FabLab» spiegano Antonio Grillo e Francesco Guarino, 36 anni entrambi. Il primo è il founder e il manager del laboratorio. Il secondo è un biotecnologo e uno dei membri attivi del FabLab. Nel team ci sono anche Rosario Buonfiglio (Designer), Carlo Colella (Tecnico Elettronico), Sergio Costigliola (3D Printing Expert), Clemento Giorio (Developer) e Salvatore Di Benedetto (Developer). Stampa 3D, fresatura CNC, produzione di circuiti, incisione e taglio laser, fresatura di precisione, taglio vinile, le principali attività del laboratorio.
«Abbiamo iniziato la nostra attività a Pianura, insieme al Comune di Napoli – racconta Antonio Grillo – con un corso di fabbricazione digitale. Una sorta di Fab Academy, ma meno costosa, per i ragazzi del territorio». Gli effetti del corso? «Alcuni ci continuano a seguire in laboratorio, uno di loro ha scelto il suo corso universitario in Ingegneria legato a quel che ha imparato in laboratorio. Un altro ancora, meno ragazzo, aveva perso e trovato lavoro». Determinante aver imparato a lavorare con le macchine a controllo numerico» ha aggiunto Antonio Grillo, laureato in Disegno Industriale (dipartimento di Architettura e Design della Seconda Università degli studi di Napoli) «con una propensione al codice e al design». Durante gli anni di studio, racconta Antonio, «ho sempre cercato falegnamerie o posti dove poter realizzare quel che disegnavo e progettavo. E spazi comuni dove poter costruire quel che era su carta. Mi sono incastrato naturalmente con il movimento dei makers».
Anche per il FabLab Napoli determinante è stato trovare il proprio modello di sostenibilità economica, con una premessa «non con il tesseramento degli associati» (30 nell’ultimo anno, 200 in tutto). «Ci sosteniamo seguendo due linee. Una è la formazione – spiega sempre Antonio – soprattutto sulla modellazione tridimensionale, sull’utilizzo delle tecnologie di taglio e fresatura. L’altra linea è il co-finanziamento». E per con-finanziamento s’intende anche il sostegno del FabLab da parte delle aziende dei soci che trovano nel laboratorio uno spazio di ricerca e innovazione. «Non solo – sottolinea Antonio Grillo – attrezzature, macchine e materiale da lavoro sono acquistate dagli altri soci. Senza questo, il FabLab non starebbe in piedi».
FabLab Napoli è anche un atelier creativo, dove la didattica si fa con stampanti e scanner 3D, kit per la robotica e per la programmazione informatica. «Abbiamo partecipato ad Atelier Creativi, ma il rapporto con le scuole non si ferma lì. Spesso – spiega Grillo – siamo ospiti di scuole elementari, con interventi su coding e fabbricazione digitale». Scuole, rapporti con il Comune e il quartiere. Già, ma qual è l’ente locale che più dovrebbe occuparsi dei FabLab, in termini di risorse e interesse? Per Grillo il «Governo centrale dovrebbe dare una direttiva generale. Ma i FabLab si sviluppano dal basso, quindi tocca alla Regione investire di più, anche nel creare relazioni».
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