Uno dei fondatori del FabLab Sassari, Gian Matteo Cossu, racconta i progetti riusciti e le ambizioni (giustificate) del laboratorio sardo, specializzato in design e non solo.
Alla base del movimento FabLab c’è tanta passione e, soprattutto, voglia di condividere verso gli altri. Così, prima ancora che il FabLab Sassari prendesse vita, Gian Matteo Cossu, architetto e maker, raggruppò tre colleghi per un progetto umanitario in Africa. «Nel 2010 il FabLab non era ancora nato, ma fui contattato per un progetto in Guinea Equatoriale. Ci chiesero di ideare delle postazioni per console in un piccolo centro culturale». I quattro architetti crearono delle strutture low cost in legno, simili a delle casupole per uccelli, da intagliare e assemblare poi sul posto. «È stata una prima esperienza di lavoro in gruppo» spiega Gian Matteo.
«Il FabLab Sassari è quello che mancava nella Sardegna settentrionale»
Era il 2008 quando Gian Matteo si recò a Barcellona per studiare allo IAAC (Istituto di Architettura Avanzata della Catalogna) entrando anche in contatto con il FabLab catalano. Incuriosito, tornò in Sardegna e, insieme ai compagni dell’esperienza africana, iniziò a pensare all’apertura di un FabLab. «Abbiamo inaugurato nel 2014» dice ricordando la lunga trafila burocratica per iniziare. Trovata la sede come ospiti in uno studio di architettura, hanno acquistato i macchinari a loro spese, autofinanziandosi. «Siamo un’associazione senza fini di lucro» sottolinea «ciò che ricaviamo lo reinvestiamo nell’acquisto di nuove attrezzature per rendere il FabLab più attraente».
Nei successivi mesi hanno collaborato con l’Università di Sassari organizzando corsi di stampa 3D e progettazione digitale. Supportati da un artigiano locale hanno costruito con lui alcuni elementi di arredo per interni, progettati al computer e stampati con una fresa a controllo numerico, esposti poi in un esercizio commerciale della città. «Siamo anche in contatto con alcuni enti regionali» continua Gian Matteo «grazie a loro facciamo parte dei laboratori per “Generazione Faber”»; un programma promosso dalla regione che finanzia giovani disoccupati perché possano sviluppare idee e progetti all’interno di un FabLab.
La vera rivoluzione deve partire dalle scuole e dalla formazione dei più giovani; saranno così capaci di cogliere le potenzialità creative di questa nuova “era del fare”
Come far nascere una comunità di eccellenza negli spazi di un laboratorio
«Con a Sara e Laura, due ragazze che si sono unite al FabLab, ci siamo cimentati nella didattica scolastica. Le abbiamo aiutate nel un progetto. Una delle poche esperienze di laboratorio multidisciplinare nelle scuole sarde». Con la partecipazione di venticinque studenti delle scuole medie, le due ragazze hanno insegnato a utilizzare le tecnologie digitali come strumento di costruzione e rivalutazione degli spazi urbani.
Una giovane del FabLAb, Sara Vignoli, ha partecipato al concorso nazionale Artigenio, classificandosi tra i finalisti. «Nel nostro laboratorio ha realizzato delle fioriere indoor, componibili e stampate in 3D». Un progetto che Sara porterà anche alla Maker Faire di Roma e a quella di Berlino.
«il nostro FabLab è nato come spazio condiviso per progettare e innovare nel campo del design» spiega Gian Matteo «ma grazie alla conoscenza di persone con cui siamo entrati in contatto, ora ci stiamo aprendo verso nuovi orizzonti».