Primo focus sul giornalismo digitale e strumenti per storyteller. Otto tool (piattaforme, app, programmi) per raccontare narrazioni complesse unendo insieme foto, video, testi, mappe, infografiche, data.
Wittgenstein, filosofo austriaco del XIX secolo, sosteneva che «I limiti del linguaggio significano i limiti del mondo». Un assioma che il tempo non ha sbiadito e che oggi si ripresenta con una forza inaudita anche in ambito giornalistico. Nel nuovo millennio la natura del “cronista” è mutata in maniera rapidissima grazie ad alcuni fattori: la diffusione della rete e la possibilità di raggiungere chiunque, ovunque; l’allargamento del pubblico e del bacino di storie che possono essere raccontate; lo sviluppo di device sempre più smart e innovativi; la democratizzazione del mestiere e la partecipazione attiva di tutti al racconto della contemporaneità (il famoso citizen journalism).
Ma soprattutto è mutato (e continua a mutare) il linguaggio con cui raccontare queste storie. Anzi, più precisamente, i linguaggi. Così la figura “classica” del giornalista è diventata opaca, perdendo autorità e competitività. Quello a cui stiamo assistendo è la nascita di una figura mitologica, estremamente variegata, piena di risorse, nuove competenze e modalità d’espressione. Il giornalista oggi è uno storyteller, un esperto di dati, un “infografico”, un piccolo regista/fotografo/montatore, un esperto di social media, uno storico, un cartografo (ma non solo). È un animale digitale. E non è un caso se anche google ha recentemente deciso di creare un suo laboratorio, Google News Lab, per “aiutare i giornalisti e gli editori a costruire il futuro dei media”. The next news, per l’appunto.
Questa mutazione è in atto, favorita dalla nascita e dallo sviluppo di strumenti, piattaforme, app, programmi che aiutano tutti i professionisti della narrazione. Ogni singolo giorno. E non è un discorso che riguarda la qualità. Quella, per chi fa (o vorrebbe fare) questo mestiere, è il punto di partenza imprescindibile. Il percorso che The Next Tech inizia oggi è volto ad analizzare tutti quei tool che aiutano ad esprimere al meglio questa qualità in rapporto alle aspettative del pubblico. Un pubblico che non frequenta le edicole ma è affamato di storie e novità.
Si parte da strumenti che permettono di raccontare long-stories. Tool che possono già mostrare come oggi un giornalista può raccontare una storia in maniera diversa, inaspettata, raggiungendo un livello di immersione a cui il lettore, soprattutto quello italiano, non è ancora abituato:
1) Medium
È una piattaforma “longform writing”, lanciata nel 2012, che permette a chiunque di pubblicare e condividere contenuti di qualità. È stata creata e lanciata da Evan Williams, fondatore di Twitter e della piattaforma Blogger. E Medium ne rappresenta, in qualche modo, il punto d’incontro. L’idea, infatti, è quella di unire il classico stile narrativo di un blog alla potenza di un social collegato con il mondo. L’interfaccia è di tipo WYSIWYG (What You See Is What You Get) per dare agli utenti la sensazione di scrivere direttamente sul web. Oggi è lo strumento per long-stories più famoso al mondo. La crescita si è completata con l’acquisizione di due “concorrenti” prestigiosi come Matter ed Epic. Il 9 giugno (sul Guardian) Williams ha ammesso che “Yes, we are a publisher”: Medium, infatti, oggi seleziona, acquista e pubblica storie di grande qualità, diventando a tutti gli effetti un vero editore.
Quanto costa: Medium è una piattaforma gratuita e non prevede alcun tipo di abbonamento. Per usarla basta registrarsi attraverso il proprio account twitter o facebook e iniziare a scrivere una nuova storia.
Chi lo usa: Non è difficile immaginare quanti giornalisti utilizzino Medium. Un esempio? Provate a cercare “New York Times” e vi accorgerete quanti sono i contributor del più importante giornale al mondo pubblichino storie tramite questo strumento.
2) Shorthand
Shorthand è una piattaforma che permette di costruire storie attraverso l’utilizzo di più strumenti narrativi: testi, foto, video ma non solo. Tutto senza scrivere una linea di codice e facendo vivere al lettore un’esperienza totalmente immersiva. Uno dei suoi punti di forza è la gestione dei contenuti: essi, infatti, possono essere ordinati graficamente in vari modi dando più soluzioni espressive all’autore. Sono inoltre numerosi (ed in continuo aumento) i template disponibili tra cui scegliere per sviluppare il proprio racconto.
Shorthand è una giovane startup australiana nata a Brisbane nel 2013. «Volevamo sviluppare uno strumento che ogni publisher o giornalista potesse usare per le sue storie» dice il founder e CEO Ben Fogarty. Nel 2014 ha lanciato per breve tempo “immersive” la versione beta per i singoli utenti. Pochi mesi dopo è stata sostituita da Shorthand Social.
Quanto costa: È una piattaforma professionale. Per usarla è necessario contattare direttamente il team. Il pubblico a cui si rivolge sono le grandi società editrici. Per tutti gli altri storyteller e giornalisti c’è Shorthand Social (gratuito ma più limitato).
Chi lo usa: Sono moltissime le realtà che già usufruiscono di Shorthand. la prima in assoluto è stata la costola australiana del Guardian. Si sono aggiunte poi tra le altre la BBC, il Mirror, l’Abc, Espn e Hearst Magazines. Qui un esempio.
3) Racontr
Racontr è una piattaforma che dà la possibilità di mixare tutti i contenuti di una storia in un’interfaccia interattiva. Anche in questo caso l’utente non dovrà scrivere neanche una linea di codice. È possibile costruire velocemente una narrazione attraverso il “drag and drop” di testi, file audio, video, infografiche, foto e mappe. I progetti che si possono realizzare sono molteplici: web doc, long-write stories, video interattivi, dataset animati e persino semplici videogiochi.
Creato dal laboratorio digitale francese Djehouti, nel 2011, Racontr è stato presentato nel 2014. La visione che ha guidato i suoi creatori è stata quella di diffondere uno strumento «che potesse incoraggiare i giornalisti e gli storyteller a scrivere storie lunghe e interattive». Ma in un anno sono state moltissime le realtà che hanno iniziato a utilizzarlo per i loro progetti: scuole e università, grafici, case di produzione cinematografiche e televisioni. Fino ad arrivare all’Eliseo che ha voluto servirsene per la sua comunicazione interna.
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Quanto costa: Racontr è disponibile in vari pacchetti che cambiano in base alle possibilità offerte. Si parte dalla versione free per arrivare ai 199 euro al mese. Tutti prevedono però la creazione di un numero di progetti illimitati.
Chi lo usa: Tutti i maggiori media francesi hanno deciso di puntare su Racontr: testate editoriali come Le Monde, L’Equipe, France Televisions, Radio France, Paris Match. Ma lo usano anche realtà come Greenpeace.
4) Creatavist
L’idea che sta alla base di Creatavist è molto semplice: «Se hai una storia da raccontare, sia essa un video, un servizio fotografico o un altro tipo di progetto, puoi entrare nel sistema e sviluppare il tuo lavoro come più ti piace, allargando le possibilità a tua disposizione». Creatavist supporta oltre a materiale testuale, anche immagini, video, slide o PDF. Si possono incorporare più storie, una dentro l’altra, riutilizzando parti comuni a differenti capitoli. I progetti possono esportati in formato ebook; si possono creare siti appositi o sviluppare contenuti per una lettura su smartphone o tablet.
Atavist, da cui poi è nato Creatavist, è stato fondato a Brooklyn, da Evan Ratliff (writer), Nicholas Thompson (editor) e Jefferson Rabb (programmer) nel 2009 (ma lanciato nel 2011). È stato sviluppato per realizzare l’e-magazine The Atavist, nato per contrastare «la morte della narrazione lunga». È stato reso poi disponibile per aiutare scrittori, editori e artisti a creare storie digitali. Oggi è utilizzato da decine di migliaia di storyteller. I sostenitori sono molti: IAC, Innovation Endeavors, Founders Fund, Andreesen Horowitz, Knight Foundation.
Quanto costa: Sono disponibili 5 piani differenti in base alle esigenze dell’utente. Si va dalla versione free a quelle a pagamento (fino a 250 euro al mese). Queste ultime permettono persino di vendere il prodotto realizzato.
Chi lo usa: È curioso scorrere le realtà che hanno scelto di usare Creatavist per raccontare le loro storie. Oltre ad alcuni grandi giornali, infatti, troviamo il Metropolitan Museum, Harvard, New Scientist e Grist.
5) Meograph
Meograph permette di creare e condividere narrazioni digitali ricavando dal web gli elementi necessari: testi, video, immagini, mappe. È presente una timeline molto utile per rendere più evidenti date e tempistiche. Ha come particolarità quello di sfruttare google map come base da cui far partire le storie. Non si tratta di uno strumento facilissimo da usare ma esistono diversi tutorial che semplificano la comprensione per l’utente.
Il fondatore di Meograph si chiama Misha Leybovich (classe 1983), un giovane americano di origine moldava. Si è laureato al MIT e ha lavorato per McKinsey per due anni girando il mondo. Ha abbandonato il posto fisso nel 2012 per dedicarsi anima e corpo alla sua startup. In pochi mesi, e per tutto il 2013, Meograph ha fatto registrare una crescita esponenziale (nell’ordine di alcune decine di migliaia ogni mese) per quanto riguarda le storie pubblicate e gli utenti iscritti. La sede si trova a San Francisco.
Quanto costa: Meograph è uno strumento gratuito e non prevede, fin dalla sua nascita, alcun costo per l’utilizzatore singolo. Per utilizzarlo basta semplicemente accedere al sito e registrarsi seguendo le indicazioni.
Chi lo usa: Oltre alle decine di migliaia di utenti registrati alcune grandi compagnie hanno stretto delle partnership con Meograph. tra queste possiamo ricordare la NBA e la NCAA, la PBS e la TBS.
6) Storyform
Storyform è una piattaforma che permette di raccontare storie interattive utilizzando testi, slideshow, video, mappe senza utilizzare linguaggio html. I materiali caricati sono riproposti per rendere più piacevole l’esperienza della fruizione e per limitare al massimo la funzione di “scroll” nella lettura. Il plugin per wordpress, utile e ben curato, rende molto semplice il suo utilizzo per blog o testate editoriale che si servono di questa piattaforma.
«Ho sempre creduto in un’altra possibile alternativa per rendere migliore la lettura di storie sul web e alla fine l’ho creata». Questa è la motivazione che ha spinto Rylan Hawkins a lasciare il suo lavoro alla Microsoft, nel 2014, per dedicarsi a tempo pieno al suo progetto. Così, insieme a Luke Clum, ha creato Storyform. Quello delle startup non è certamente un mondo estraneo a Hawkins: «Durante il college ne ho creato ben tre».
Quanto costa: Per servirsi di storyform è necessario registrarsi gratuitamente. Pagando otto dollari al mese è possibile usufruire di ulteriori servizi (template, supporto e analisi). È possibile richiedere anche un piano personalizzato.
Chi lo usa: È lo strumento più giovane tra tutti quelli qui proposti. In pochi mesi ha già fatto registrare alcune migliaia di users. Ancora non ha stretto pubblicamente delle collaborazioni con grandi testate.
7) Storehouse
Storehouse è un’app che offre agli utenti un modo semplice per creare narrazioni interattive tramite foto, video e testi. L’app è ottimizzata per iPad e dispone di un’interfaccia intuitiva che permette di gestire in modo semplice e veloce il layout. I contenuti possono essere aggiunti dal proprio archivio fotografico, ma anche da altre realtà come dropbox, flickr e instagram.
La mente che sta dietro Storehouse è Mark Kawano, ex UI designer di Apple. Nel 2014, pochi mesi dopo il lancio per iPad, ha vinto l’apple design award. Recentemente si è aggiudicato il TechCrunch 2015 for Best Mobile App. Nel 2014 ha ricevuto un finanziamento pari a 7 milioni di dollari da parte di diversi angels. Più di un milione di persone, provenienti da 215 paesi, hanno installato Storehouse nei suoi primi 15 mesi di vita. Utenti che hanno creato centinaia di migliaia di storie che sono poi state viste e condivise da milioni di persone.
Quanto costa: L’app è gratuita. Basta accedere con il proprio account sull’apple store e scaricarla. Da quel momento in poi si può subito iniziare a creare la propria storia interattiva.
Chi lo usa: Molte delle storie create con Storehouse sono state realizzate da freelance, documentaristi e fotografi. Lavori che oggi si ritrovano in realtà come National Geographic o il Wall Street Journal.
8) Steller
Steller è una app gratuita creata e sviluppata da Mombo Labs. Consente agli utenti che la scaricano di creare narrazioni con un forte impatto visivo e una grande attenzione al design e all’eleganza del risultato finale. Per usarlo basta semplicemente scegliere un layout, costruire una narrazione con foto e video, personalizzare il tutto con un editing finale. Si tratta di uno strumento che vuole creare, fin da subito, un forte legame tra i suoi utenti oltre che con il pubblico di lettori. Sulla piattaforma si dà grande spazio alla community e alle storie nate attraverso Steller (facilmente condivisibili ovunque). È stata nominata best app 2014 dagli utenti che frequentano l’Apple Store.
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Quanto costa: L’app è gratuita. Basta accedere con il proprio account (anche usando il proprio profilo facebook o twitter) e iniziare a usarla.
Chi lo usa: Anche in questo caso molte delle storie create sono state realizzate da freelance, documentaristi e fotografi. Si possono leggere storie appartenenti a diverse ong, testate editoriali web e aziende private.