In collaborazione con |
Il racconto di Huawei e dei suoi esperti. Il racconto di chi sta costruendo la rete mobile di prossima generazione e lavora ai servizi che cambieranno come viviamo ogni giorno
Il 5G può cambiare le nostre vite ma in modi diversi da come potremmo immaginare: lo farà senz’altro offrendo più velocità, più banda, minore latenza e permettendoci di fruire di servizi avanzati che comprenderanno sempre più contenuti multimediali interattivi. E questa è solo la punta dell’iceberg: il 5G costituisce una tecnologia dirompente sul piano di come le reti e le infrastrutture stesse sono e saranno progettate e costruite, del tipo di device che vi saranno connessi e del loro numero. Cambierà tutto senza quasi che ce ne accorgiamo: il risultato saranno antenne più piccole e che consumano meno energia, un segnale migliore e in generale una rete che sarà capace di farci fare di più. Non solo con gli smartphone.
La rete 5G
Ci sono alcuni dettagli tecnici che vale la pena subito raccontare. Innanzitutto la rete 5G è per concezione molto più moderna del 4G: cambieranno molte cose tra le due generazioni, soprattutto in prospettiva di come i dispositivi comunicano tra loro e con la rete (slicing frequenze, beam forming ecc.), ma senza trascurare anche il modo stesso in cui viene costruita un’infrastruttura più efficiente e sicura. Il consorzio e gli enti che hanno definito lo standard 5G hanno lavorato assieme ai grandi stakeholder (gli operatori e i produttori: come Huawei, ma non solo) per disegnare una tecnologia che fosse “future-proof”: una infrastruttura che getta un ponte col passato ma pensata per funzionare per almeno 10 anni senza che si incontrino limitazioni significative nelle capacità o nelle possibilità della rete stessa, in prospettiva IoT e per le applicazioni multimediali.
Il 5G opererà su tre bande di frequenze, ci racconta Fabio Moresi, Head of Wireless Country Marketing Carrier Network di Huawei in Italia: la prima a venire “accesa”, quella su cui già ora si stanno sperimentando le prime installazioni pilota in una dozzina di città italiane, è quella che va dai 3,5 ai 3,7GHz. C’è poi una banda attorno ai 700MHz molto importante, ma che al momento è occupata dal segnale TV e che non sarà disponibile per almeno un altro paio d’anni, e infine una a 26GHz che sarà accesa più avanti (fine 2019 o inizio 2020) e che sarà dedicata probabilmente ad alcune specifiche connessioni punto-punto: per esempio quelle tra dispositivi vicini tra loro (M2M) o per costruire ponti radio. Qualcosa di simile è già disponibile: alcuni provider di connettività wireless italiani sfruttano già frequenze attigue per offrire il proprio servizio.
Chi ha familiarità con queste informazioni ricorderà che anche WiMAX operava alle frequenze attorno ai 3,5GHz: ormai quel tipo di connessione è stata abbandonata o è sul punto di esserlo, per venire sostituita appunto dal 5G che ha molti vantaggi in termini di latenza, velocità, consumi ed emissioni. Proprio sulle emissioni vale la pena spendere due parole: le reti wireless, tutte e nessuna esclusa, devono rispettare le stesse regole che in Italia fissano la potenza massima di trasmissione a 6V/m. Una soglia di cautela, inferiore alle regole di altri Paesi europei e che viene misurata in prossimità delle antenne stesse: va da sé che allontanandosi dai siti la potenza cali, seguendo le leggi fisiche che descrivono il comportamento dei segnali elettromagnetici, e il 5G incorpora anche degli accorgimenti per rendere più efficace la comunicazione tra antenne e device per ridurre al massimo la potenza di trasmissione e, di conseguenza, i consumi.
Nuova tecnologia, più sicurezza
Anche guardando le prime antenne 5G ci si rende conto di quanto siano cambiate rispetto al passato: sono più compatte, soluzioni tutto-in-uno che renderanno le installazioni meno invasive e che sono state pensate per consumare meno energia, scaldare meno, avere un impatto il più possibile ridotto sull’ambiente. Lo stesso modo in cui si progetta la copertura del territorio si sta evolvendo costantemente dall’era del GSM e del 2G: oggi si predilige uno schema in cui ci siano siti di trasmissione piazzati in modo strategico per ridurre il più possibile i consumi, avvicinandosi ai dispositivi, tenendo potenze ed emissioni basse con tutto vantaggio anche per il consumo della batteria dei nostri device.
Infine, da sottolineare c’è senz’altro l’aspetto relativo alla sicurezza delle telecomunicazioni: come ci racconta Giuseppe Pignari, Head of Technlogy & Security di Huawei Italia, sin dal suo concepimento la rete 5G ha incorporato criteri di sicurezza sia per quanto riguarda la separazione tra i diversi elementi di cui è costituita (il core, la parte trasmissiva ecc.), sia per quanto attiene la cifratura nativa delle conversazioni. All’interno della cosiddetta Rel-17+, quella che definisce la struttura finale che avrà il 5G, sono previsti anche meccanismi di anonimizzazione per rendere pressoché intracciabile l’utente che si aggancia a queste reti: così come sarà possibile intercettare eventuali manomissioni dei flussi di informazioni mediante appositi sistemi di verifica dell’integrità dei pacchetti, così da garantire massima sicurezza e riservatezza alle telecomunicazioni.
Di nuovo, tutto questo non è frutto (solo) dell’impegno di un singolo vendor: per creare queste nuove infrastrutture si seguono degli standard tecnologici definiti da enti comuni, che poi ciascun marchio trasforma in prodotti e servizi che vengono venduti agli operatori. Da parte sua, per smarcarsi da qualsiasi sospetto, Huawei ha di recente dato vita anche a un polo dove mette a disposizione di chiunque ne faccia richiesta delle informazioni e del codice sorgente relativi ai propri apparati: lo hanno chiamato HCSTC, Huawei Cyber Security Transparency Center e ha sede a Bruxelles.
Cosa fare col 5G?
Il modo meno efficace di raccontare il 5G resta, comunque, quello di limitarsi a illustrare la maggiore velocità di navigazione: le nuove reti possono fare molto di più ed è necessario, oltre che utile, avere una visione di ciò che si potrà ottenere dalla nascita e dall’impiego di questa nuova tecnologia. La possibilità di connettere alla Rete qualsiasi device, grazie ai consumi ridotti e ai protocolli appositi, aprirà le porte alla vera Internet delle cose (IoT): ma questo significa al contempo dover prevedere sistemi di comunicazione flessibile, antenne apposite, storage con capacità e velocità adeguate per servire le nuove tipologie di servizio che stanno nascendo o che nasceranno nel prossimo futuro.
Daniele Mantovani, Head of Colution Sales, CTO della divisione Enterprise di Huawei Italia, illustra la visione dell’azienda cinese fatta innanzitutto di una stretta e profonda collaborazione con una moltitudine di aziende partner e fornitrici, capaci di integrare i loro sensori e i loro servizi all’interno di un’offerta in cui Huawei si sobbarca l’implementazione tecnologica dell’infrastruttura su cui poi altri possano costruire. Questo significa costruire le antenne di cui abbiamo già parlato, ma anche mettere in piedi server adeguati per potenza e velocità di archiviazione: storage flash da 7 milioni di IOPS, processori che elaborano algoritmi di intelligenza artificiale a 8 Tera-FLOPS in un form-factor compatto e perfettamente compatibile con i classici blade da data center.
Un esempio di come tutta la tecnologia che abbiamo descritto qui possa essere integrata è quello delle smart city: grandi città come Shenzhen, o più piccole ma altrettanto complesse come Cagliari, dove vengono sviluppati progetti che mettono insieme tutte le informazioni per il monitoraggio dello stato di reti elettriche, reti idriche, strade, posizione e impegno delle forze dell’ordine, fino alla concentrazione di grandi folle in concomitanza con una manifestazione o in un centro commerciale. Una infrastruttura potenzialmente replicabile ovunque ma declinata su misura: a Cagliari con CSR4 si lavora per esempio a una profonda interconnessione col porto che accoglie grandi navi turistiche, in altre città potrebbe essere utile valutare l’impatto di scali merci, aeroporti o quartieri dove si concentrano le aziende. Oppure, come a Matera, elaborare servizi per il turismo che uniscono realtà virtuale, realtà aumentata, video e connessione 5G. Ma le ricadute per l’industria 4.0, il gaming e ogni altro verticale dotato di una componente tecnologica saranno sempre significative.
Quello che ci si porta a casa dopo una mattinata spesa in compagnia degli esperti di Huawei è la sensazione che siamo (davvero) davanti a qualcosa di rivoluzionario per come intendiamo le reti di telecomunicazione: il 5G è frutto del progresso tecnico avvenuto in questi anni, così come della maturazione di un’esperienza pratica con le connessioni mobile che era solo embrionale quando il 4G veniva disegnato. Oggi, più che immaginare macchine che si guidano da sole e città connesse, stiamo lavorando alla loro implementazione nella realtà: una rete 5G solida, sicura ed efficiente è il mezzo attraverso il quale questo sarà possibile, con ricadute su tutti servizi che potranno essere offerti a clienti e cittadini da pubblico e privato. Vedremo la rete 5G davvero all’opera già a partire dal prossimo Expo2020 di Dubai e dalle Olimpiadi Tokyo2020: ma il viaggio è già iniziato.