Nella Storia sono tanti gli episodi che raccontano di inventori morti a causa delle loro invenzioni. Ne abbiamo riassunti ben 24. Alcuni molto famosi, altri molto meno.
Morire per colpa delle proprie invenzioni e scoperte. Nella Storia è un fatto ricorrente e un po’ inquietante. Si va dagli incidenti più casuali e goffi alle esposizioni eccessive ad un certo tipo di radiazione o materiali. Ci sono gli errori umani e quelli causati dall’imperfezione delle macchine. Ci sono giovanissimi. Uomini e donne. Aneddoti di vita e di morte. Ci sono storie per tutti i gusti in questa lista di necrologi “tecnologici”.
La morte in volo
Sono tanti, troppi, gli inventori che, sognando di volare, si sono sfracellati al suolo. Auriel Vlaicu (1882-1913) era rumeno e amava gli aerei tanto da arrivare a costruirne alcuni esemplari. Il primo, Vlaicu I, gli consentì di avere successo, di vincere alcune gare e di farsi conoscere in mezza Europa. Il secondo, Vlaicu II, era più ambizioso e sofisticato. E lo portò alla morte. Decise di attraversare i Carpazi. Non ce la fece.
Franz Reichelt (1879-1912) era un sarto convinto di poter costruire un tessuto per far volare gli esseri umani. Una sorta di paracadute-mantello che lo faceva assomigliare a un grosso pipistrello notturno. Si lanciò dal primo piano della Tour Eiffel, nel 1912, ma non sopravvisse. Chi lo avrebbe mai detto.
E poi c’è Henry Smolinsky (1933-1973) che era convinto di poter costruire delle vere macchine volanti. Nel 1973 unì insieme la parte posteriore di un aereo Cessna Skymaster con una Ford Pinto. Una delle prove, però, non andò a buon fine: una parte dell’ala si staccò uccidendo lui e il pilota, Harold Blake. Nessuno portò avanti questa forma ibrida di trasporto e non è difficile immaginarne il motivo.
Il 15 giugno del 1785, invece, la morte venne a trovare Jean-François Pilâtre de Rozier (1754-1785), precipitato con il suo pallone aerostatico Rozière nel tentativo di attraversare la Manica. E non dovremmo dimenticare neanche Otto Lilienthal (1848-1896) che si schiantò al suolo con uno dei suoi deltaplani. Tutti mezzi di trasporto che sarebbero stati migliorati anche grazie a queste morti eccellenti. E non bisogna per forza tornare così indietro nel tempo per vedere esempi di questo tipo: Michael Dacre (1956-2009) è morto dopo aver testato la sua invenzione più ambiziosa: un taxi che si librasse in aria per collegare mete vicine e trasportare velocemente le persone. Un’idea ripresa oggi da Uber. Con maggiore sicurezza e intelligenza.
Fisici, chimici e medici
Il nome più importante è quello, ovviamente, di Marie Curie (1867-1934), vincitrice di due Premi Nobel. A lei si deve la scoperta del polonio e del radio e alcune ricerche fondamentali sulla radioattività. Morì il 4 luglio di 82 anni fa, di anemia aplastica, una malattia contratta a causa della prolungata esposizione alle radiazioni. La stessa malattia che uccise Sabin Arnold Von Sochocky (1883-1928), inventore della prima vernice luminescente basata sul radio.
Le cose non andarono meglio ad alcuni fisici che lavorarono alla bomba atomica, a Los Alamos. In molti sono morti per l’esposizione alle radiazioni. Due nomi su tutti: Harry K. Daghlian, Jr. (1921-1945) e Louis Slotin (1910-1946) tra i padri del progetto. Furono coinvolti in due incidenti diversi, ma che coinvolgevano la stessa sfera di plutonio. E non si tratta di una coincidenza.
Alexander Bogdanov (1873-1928) è stato un medico, filosofo e scrittore di fantascienza russo. Ma soprattutto ha dato un grande contributo sulle trasfusioni di sangue. Aveva un problema però. Credeva di poter ottenere, in questo modo, l’eterna giovinezza o almeno un ringiovanimento. Ed è morto proprio a causa dei suoi esperimenti, iniettando nel suo corpo il sangue di uno studente affetto da malaria e la tubercolosi.
Thomas Midgley (1889-1944), ingegnere americano e chimico, scopritore di alcune proprietà antidetonanti del piombo tetraetile e inventore del diclorodifluorometano, prototipo dei clorofluorocarburi, venne colpito, a 51 anni, da una grave forma di poliomielite che non gli permise più di camminare. Per migliorare la sua vita inventò un elaborato sistema di corde e carrucole per sollevarsi dal letto. Fu proprio questa invenzione a dargli la morte. Rimase accidentalmente impigliato nelle corde che lo strangolarono. Carl Scheele (1742-1786), invece, fu un chimico, farmacista e medico svedese, membro dell’Accademia delle scienze di Stoccolma. All’interno del suo laboratorio faceva molti esperimenti, alcuni davvero innovativi. Scoprì molti elementi chimici come il molibdeno, il tungsteno, il manganese e il cloro. E imparò ad isolare l’ossigeno per studiarne il comportamento durante la combustione. Come morì? Semplice, degustando una “scoperta” e avvelenandosi con il mercurio.
Morire sulla strada
Costruire automobili sempre più veloci e potenti. C’è chi ha dedicato tutta la vita nella progettazione e nella sperimentazione di nuovi modelli. Come Fred Duesenberg (1876-1932) che, nei primi decenni del ventesimo secolo, scrisse pagine importanti nella storia dei motori. La Duesenberg, ad esempio, è stata la prima vettura americana a vincere il famoso Gran Premio di Le Mans, in Francia, nel 1921. Ma vinse, nello stesso decennio, per tre volte, un’altra corsa storica: Indianapolis. Morì in un incidente, probabilmente dovuto all’alta velocità.
A volte, d’altro canto, bastano anche due ruote a uccidere. William Nelson (1879-1903), ad esempio, si era inventato un nuovo tipo di bicicletta motorizzata che poteva essere destinato a cambiare la mobilità nei primi anni del ‘900. Ma cadde con il suo prototipo moto durante una corsa di prova e morì sul colpo. Prima di lui Sylvester H. Roper (1823-1896), inventore di una meravigliosa bicicletta a vapore, morì d’infarto durante una prova di velocità nel 1896. In mezzo al pubblico che assistette impotente.
John Godfrey Parry-Thomas (1884-1927), infine, costruì un’auto rivoluzionaria, la Bald, caratterizzata da una trasmissione a catena come le moto. Il suo intento era quello di superare il record di velocità sulla strada. Nell’aprile del 1926 il suo velivolo raggiunse una velocità di oltre 270 km/h. Nel 1927, durante un nuovo test, la catena si spezzò e gli avvolse il collo, strangolandolo. Una morte orribile.
Morire sott’acqua
Ci sono anche esempi di inventori morti annegati a causa delle loro invenzioni. Come Horace Lawson Hunley (1823-1863), ingegnere navale degli Stati Uniti Confederati (eh, dobbiamo andare un po’ indietro col tempo) e inventore del primo sottomarino da combattimento, il CSS Hunley. Morì durante una prova di immersione, un esercizio di routine del sommergibile. Con lui morirono altre 7 persone.
E non possiamo non citare Thomas Andrews (1873-1912), amministratore delegato e capo della società di costruzione navale Harland and Wolff di Belfast, in Irlanda del Nord. Andrews è stato uno dei responsabili della nascita e della costruzione del Titanic. Ed è morto durante il viaggio inaugurale. Con altre 1500 persone, come ben noto.
È passato alla storia anche Sieur Freminet (1567-1619) che, in tempi remoti, aveva immaginato un device per poter respirare sott’acqua e che riciclasse l’aria espirata dall’interno della canna. Quello che poi sarebbe diventato il più comune boccaglio. Ma le sperimentazioni non diedero i risultati attesi e l’inventore francese ci rimise la vita. Anche Henry Fleuss (1851–1932), qualche secolo dopo, non ebbe tanta fortuna. Inventò un respiratore a circuito chiuso, una tuta che utilizzava ossigeno compresso per operazioni subacquee di emergenza. Ma non aveva calcolato che a certe profondità proprio l’ossigeno puro, a causa della pressione, è tossico. Così tanto da uccidere e da ucciderlo.
A William Bullock (1813–1867) si deve l’invenzione delle rotative per la stampa. Ovvero quelle enormi macchine che sono in grado di stampare migliaia e migliaia di copie di giornali in pochissimo tempo. E morì in seguito ad un incidente abbastanza banale: il suo piede rimase schiacciato durante l’installazione di una nuova macchina a Philadelphia. L’arto andò in cancrena e neanche la successiva amputazione potè salvarlo.
James “Jim” Fixx (1932-1984) se non può essere considerato l’inventore del jogging, è sicuramente uno dei massimi esperti del suo significato più moderno. Dopo aver pubblicato diversi libri sull’argomento, come The Complete Book of Running, Fixx morì proprio durante una sessione di corsa. Un incidente che rivelò i problemi di cuore di cui soffriva: una coronaria completamente bloccata, e un’altra chiusa all’80%. Il jogging, come sperava, non lo aiutò. Max Valier (1895-1930), invece, ultimo di questa lista, aveva una sola cosa in mente: lo spazio. Dopo aver inventato numerose automobili, si dedicò ai mezzi sospinti da razzi raggiungendo velocità impensabili per l’epoca. Uno che sarebbe piaciuto molto anche ad Elon Musk. Il 17 maggio 1930, però, Valier fu colpito da un’esplosione di un razzo che gli tolse la vita e le speranze future. Per molti la sua è stata la prima morte dei viaggi nello spazio.