Un gruppo di ricercatori del MIT di Boston ha creato un materiale capace di accumulare e rilasciare calore “on demand”. Potrà scaldare i nostri vestiti e migliorare le prestazioni delle auto elettriche.
E se in caso di necessità i vostri vestiti diventassero caldi? Non si tratta di un’utopia ma di una delle numerose applicazioni del nuovo materiale sviluppato dal MIT (Massachusetts Insitute of Technology) di Boston. Un materiale capace di accumulare energia solare, trattenerla per giorni e rilasciarla a comando, quando se ne ha più bisogno.
Le caratteristiche del materiale
Jeffrey Grossman, con David Zhitomirsky e Eugene Cho, è riuscito a creare un microfilm composto da polimeri a combustione solare termica (denominati con la sigla STF) collocati su tre sottilissimi strati (4-5 micrometri). Una pellicola trasparente che potrebbe essere applicata facilmente su diverse superfici: dai contenitori per alimenti ai vestiti; dalle finestre ai parabrezza.
Come funziona
Il calore viene immagazzinato attraverso una reazione chimica che ne garantisce la corretta conservazione fino al momento dell’utilizzo. Tutto grazie a molecole, chiamate azobenzeni, che si caricano se esposte alla luce del sole per poi tornare alla configurazione originaria, e rilasciare il calore accumulato, in risposta a uno stimolo esterno (impulso elettrico, temperatura specifica). Sono cioè capaci di “mutare forma” evitando che il calore si possa dissipare con il passare del tempo.
È una tecnologia innovativa, poco costosa, fatta con materiali ampiamente diffusi, e dalle molteplici applicazioni
L’energia proveniente dal sole, dunque, spinge le molecole nella loro configurazione di “carica”, che può essere conservata per lunghi periodi. In un secondo momento, se attivate da un determinato stimolo, le molecole tornano al loro stato originale, emettendo calore durante tutto il processo.
I test (e i problemi da risolvere)
I primi test, in assoluto, hanno avuto come protagonisti i parabrezza di alcune automobili. Le molecole, esposte alla luce solare, sono riuscite a produrre il calore necessario per distaccare neve e ghiaccio dal vetro. Il problema? Per adesso, al termine del processo, si forma una patina di colore giallastro non proprio elegante da vedere: «Presto elimineremo questo effetto collaterale» ha sottolineato Grossman.
Il calore che queste molecole sono in grado di generare arriva ad un massimo di 10 gradi ma il team è convinto, nei prossimi mesi, di arrivare al doppio.
Un’opportunità per le auto elettriche
Secondo Grossman, infine, questa nuovo materiale potrebbe migliorare le prestazioni delle auto elettriche: «Sì, perché sono quelle che risentono maggiormente delle temperature più fredde consumando il 30% della loro energia per riscaldamento e decongelamento». Una soluzione, quindi, che garantirebbe loro una maggiore autonomia.
La sperimentazione, ancora in fase di sviluppo, è stata illustrata sulla rivista specializzata Advanced Energy Materials e, secondo i responsabili della ricerca, «potrà rapidamente diffondersi su larga scala in numerosi ambiti della nostra vita».
Alessandro Frau