Il sistema inventato dai ricercatori è ancora tutto da testare e non sappiamo se funzionerà. Di certo, però, il progetto RISEUP porterà a innovare diversi campi dalla biologia all’ingegneria
La speranza di RISEUP è trovare una cura per chi oggi non ha possibilità di guarigione. Ma la lesione al midollo spinale è un insieme di eventi complessi che provocano una degenerazione cronica a carico del tessuto nervoso. In poche parole è un danno complesso da riparare, destinato progressivamente a peggiorare.
Claudia Consales, del Laboratorio Salute e Ambiente di ENEA e coordinatrice del progetto, è consapevole delle difficoltà che dovrà affrontare per contrastare una malattia invalidante come la lesione al midollo spinale. Tuttavia, ha immaginato una soluzione che lascerà un segno.
RISEUP è un progetto che sa di innovazione. È un concentrato di nuovi materiali e di dispositivi inventati per l’occasione. È il proposito di testare un nuovo modo di manipolare le cellule staminali. In terapia, è innovativo per definizione l’uso delle cellule che ancora non si sono differenziate in una cellula definitiva e hanno tutto il potenziale di trasformarsi e di acquisire capacità e caratteristiche peculiari.
Coordinato da ENEA, il progetto vede la collaborazione dell’Università La Sapienza, l’Universitat Politècnica e il Centro Investigación Príncipe Felipe entrambi di Valencia, la ditta RISE Technology e il CNRS.
Cosa spera di fare RISEUP?
Il progetto RISEUP è il tentativo di creare una tecnologia impiantabile che sia capace di trapiantare e stimolare cellule staminali, rigenerando il tessuto danneggiato da una lesione spinale.
Si tratta di creare un dispositivo bio-ibrido, cioè composto da una componente cellulare e un supporto ingegneristico da impiantare nel midollo.
Le cellule, se opportunamente stimolate potrebbero almeno in parte riparare il danno legato alla lesione midollare. Il dispositivo di supporto è indispensabile per portare gli opportuni stimoli alle cellule trapiantate e alla regione lesionata.
La lesione del midollo spinale è una delle principali cause di paralisi. Nel 90% dei casi avviene in seguito a un trauma. Anche alcuni tumori possono provocare tale lesione. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, ogni anno la lesione al midollo spinale colpisce da 250 a 500 mila persone in tutto il mondo.
La cura al momento non esiste. La ricerca si sta orientando verso la neurogenesi, cioè la generazione di nuovo tessuto nervoso per sostituire quello danneggiato. La speranza è nelle cellule staminali, ma la sfida è trovare il metodo più adatto per riprogrammarle e farle maturare come neuroni.
Un’anima ingegneristica…
“Per adesso, abbiamo messo a punto la parte ingegneristica”, racconta Consales, “e il risultato è sorprendente”. Il materiale del supporto è biocompatibile e biodegradabile. È indispensabile per fare attecchire le cellule che i ricercatori vorrebbero inoculare direttamente in corrispondenza della lesione. “Le caratteristiche del materiale le abbiamo sviluppate in modo tale da limitare l’invasività dell’intervento. Inoltre, le dimensioni piccolissime del dispositivo lo rendono adattabile alla perfezione alla struttura del midollo spinale del modello animale in cui sarà testata l’efficacia dell’approccio”.
Associato al dispositivo c’è anche un elettrodo, con il quale i ricercatori stimoleranno le cellule staminali per indurne il differenziamento . “Anche l’elettrodo messo a punto dall’impresa che si è unita alla nostra cordata è un’innovazione importante. L’elettrodo è estremamente flessibile per cui riesce ad adattarsi perfettamente alla curvatura del midollo. Inoltre, è controllabile con un sistema wireless”.
…e un’anima biologica
Messo a punto il dispositivo, ora è il momento di verificare la parte biologica. “È la parte più complicata ed è tutta da dimostrare. Nasce dalla competenza ENEA e del CNRS e da un’ipotesi: che si possa controllare il differenziamento delle cellule staminali attraverso stimoli elettrici ultra-brevi, della durata di pochi microsecondi”. Infatti, gli impulsi elettrici regolano i flussi di calcio all’interno delle cellule. Tale elemento potrebbe essere in grado di guidare il differenziamento cellulare, cioè il fatto che una cellula staminale acquisisca competenze e caratteristiche di una cellula matura di un tipo ben definito. Ma non solo. Il calcio è anche responsabile della propagazione delle sinapsi, cioè dei collegamenti tra neuroni e del rilascio di segnali tra le cellule nervose.
“Gli impulsi elettrici che vorrei sfruttare sono già usati in terapia. Li utilizza la terapia genica, dato che sono in grado di formare buchi sulla membrana che racchiude le cellule. Creare un buco sulla membrana serve a introdurre nella cellula i geni da rimpiazzare. In altri casi gli impulsi elettrici servono a colpire i tumori: l’elettrochemioterapia buca le cellule tumorali e permette di introdurre direttamente dentro le cellule i farmaci chemioterapici che uccidono specificamente le cellule tumorali”, spiega Consales.
Le cellule che i ricercatori pensano di inserire nel dispositivo sono di due tipi: quelle capaci di maturare come neuroni e quelle capaci di differenziare come cellule di supporto per le cellule neuronali. Di solito, la trasformazione delle staminali in cellule neuronali avviene tramite particolari sostanze presenti naturalmente nel nostro corpo e chiamati fattori neurotrofici.
“Se il flusso di calcio non dovesse essere sufficiente per riprogrammare le cellule, potremmo comunque sfruttare la tecnica per bucare le membrane cellulari favorire così l’ingresso dei fattori neurotrofici nelle cellule”.
Un progetto nato da competenza e amicizia
Claudia Consales ha una lunga esperienza nel campo del bio-elettromagnetismo, cioè studia gli effetti biologici dei campi elettromagnetici. “Mi sono occupata per lungo tempo dei possibili effetti negativi dei campi elettromagnetici per la salute. Poi ho cominciato a valutare le loro potenzialità sul piano terapeutico: mi interessa capire come i campi elettromagnetici interagiscono con la cellula. Conoscendo il meccanismo posso capire se sono pericolosi, ma anche come sfruttarli”.
Due figli e una carriera da ricercatrice all’ENEA non le hanno impedito di guardarsi attorno e tentare di prendere ispirazione dall’estero. L’idea del progetto nasce dopo un’esperienza a Parigi. “Sono andata in Francia con una borsa di studio per capire l’effetto degli impulsi elettrici sulle cellule”. Il CNRS, partner del progetto, e è uno dei maggiori esperti mondiali di effetti bio. “Da qui mi sono appassionata ai flussi di calcio all’interno della cellula, che dipendono da correnti elettriche di diversa intensità. Ed è allora che ho pensato di poter regolare il flusso di calcio con gli impulsi elettrici e quindi controllare il differenziamento”.
Il progetto lo fa il suo team
RISEUP nasce da collaborazioni tra donne e continua grazie alle donne. La maggior parte delle persone coinvolte nelle attività sperimentali sono giovani scienziate al di sotto dei 30 anni. “Le mie collaboratrici sono molto brave dal punto di vista scientifico: sono capaci, aggiornate e entusiaste di portare avanti il progetto. Il fatto che siano donne non dipende dalla volontà di fare favoritismi, ma dal fatto che il mondo sta cambiando. Ci sono più studentesse donne anche in facoltà scientifiche come ingegneria elettronica. È un piacere lavorare con loro perché sono attente, precise e si applicano con impegno”.
Le competenze delle ricercatrici del progetto RISEUP non si limitano alla ricerca. Seguono la comunicazione del progetto, sia con un sito web che sui social. A turno si occupano di aggiornare i loro follower con gli avanzamenti dei vari aspetti della ricerca.
Inoltre, fanno parte della commissione tecnica che decide come sviluppare il progetto, seguendo, quindi, anche la parte di progettazione e verifica.
“Questa deve essere la loro occasione. Io vorrei che RISEUP consenta alle persone più giovani di crescere, imparare e iniziare a costruire la loro carriera. Magari in futuro avranno di nuovo l’opportunità di spendere quanto stanno apprendendo e sperimentando”.
Il futuro del progetto RISEUP
La cosa più urgente da fare è verificare come si comportano le cellule e se rispondono nel modo che abbiamo immaginato agli stimoli. “Il mio sogno è che la mia idea funzioni. Spero di poter ottenere non so se proprio una rigenerazione, perché è complicata dal punto di vista biologico., ma almeno la sopravvivenza delle cellule trapiantate e il loro differenziamento. Già questo ci consentirebbe di controllare una serie di aspetti legati alle lesioni del midollo spinale, tra cui anche la neuro-infiammazione”. L’infiammazione che si verifica dopo la lesione limita, infatti, la capacità di rigenerazione del tessuto ed è anche un impedimento per la terapia farmacologica.
“Se riuscissimo a ottenere una trasformazione delle cellule con gli impulsi elettrici questo avrebbe ricadute importanti anche per altre patologie. Di certo, tutte le tecnologie messe in campo per realizzare questo progetto saranno determinanti anche per altri campi di applicazione”.
RISEUP è un progetto che ha introdotto tante innovazioni anche con una buona parte di serendipity, cioè di intuizioni nate mentre la ricerca si sta svolgendo. La speranza è quindi di veder sviluppati tutti gli aspetti interessanti e le innovazioni introdotte nel progetto.