Analisi dei dati, ricerca, interconnessione… questi i temi al centro della diretta di “Life” organizzata in collaborazione con Sanofi, mercoledì 29 settembre
“Ci aspetta un futuro ‘exciting’, come si dice qui negli Stati Uniti. La scienza è di fronte alla grande possibilità di cambiare la nostra qualità di vita, si aprono nuove sfide. Ma ci sono anche rischi, come quello di non riuscire a gestire bene questo cambiamento. L’analisi dei dati nel campo della salute, per esempio, è una delle principali prospettive che si sono aperte con la pandemia”. Questa la visione del fisico Alessandro Vespignani, esperto di modelli di propagazione delle epidemie, direttore del Network Science Institute di Boston, che ne ha parlato con Startupitalia.eu nel corso della diretta di “Life” dedicata al tema della ricerca, organizzata in collaborazione con Sanofi, mercoledì 29 settembre.
Analisi dei dati, col Covid fare previsioni è diventato più difficile
“L’emergenza Covid è enormemente migliorata grazie ai vaccini. Ma fare previsioni è diventato più difficile”, sostiene Vespignani. “Sembra una provocazione, ma è davvero così. Le traiettorie dei dati si fanno sempre più complesse proprio a causa della campagna vaccinale, che ha introdotto nuove variabili rispetto allo studio del solo virus. In ogni Paese del mondo, per esempio, c’è una percentuale di adesione diversa. Bisogna poi calcolare che la malattia ha un effetto disproprozionato sulle fasce fragili e anziane, numericamente diverse a seconda della popolazione del singolo Paese. E ancora, la protezione del vaccino tende a scendere: che cosa succederà tra 3-4 mesi? Fare proiezioni avanzate nel tempo diventa sempre più difficile in una situazione già di per sé molto complessa come la pandemia”.
Il cambio di paradigma nell’analisi dei dati
Negli ultimi mesi sono stati fatti molti passi avanti nella gestione e analisi dei dati: “Questa crisi ha creato una voglia nuova di lavorare con informazioni che prima erano difficili da reperire per motivi di privacy. Sono stati fatti sforzi enormi per permettere di fare analisi, pur nel rispetto della riservatezza. Si è capito che non si tratta solo di estrarre numeri da un computer, ma è fondamentale l’interpretazione dei risultati. In particolare, poi, è mutato il modo di vedere i dati: prima erano considerati una fotografia statistica del passato, oggi un flusso dinamico che serve a parlare di futuro. E’ un grande cambio di paradigma, importante in tutti i settori, dalla medicina al clima”.
La Notte dei Ricercatori a Trieste
La diretta di Life si è svolta a pochi giorni di distanza dalla Notte dei Ricercatori, che si è tenuta venerdì 24 settembre in tutta Italia e in Europa. Un’iniziativa promossa dalla Commissione Europea fin dal 2005, con migliaia di ricercatori e istituzioni di ricerca in tutti i Paesi. A Trieste l’evento si è intrecciato anche con il Festival della Ricerca Scientifica Trieste Next, organizzato da Immaginario Scientifico in collaborazione con università ed enti di ricerca della città. Michele Giugliano, ricercatore di neuroscienze alla SISSA e responsabile del Laboratorio di Dinamica Neuronale della SISSA, è sceso in campo in prima persona, per parlare di ricerca in momenti diversi, a target diversi: “Dalla tavola rotonda sulle neuroprotesi insieme ai colleghi alle domande degli studenti universitari, dall’interesse degli anziani verso le nuove terapie al divertimento dei bambini, che hanno costruito delle cellule nervose con la pasta da modellare. E’ importante trasmettere un’immagine che non è quella della fantascienza o dei rischi, ma qualcosa di molto più vicino alla realtà. Un messaggio autentico e dettagliato”. Un modo per spiegare anche al grande pubblico il suo ultimo progetto di ricerca: “Studiamo la possibilità di curare malattie come epilessia e Parkinson utilizzando “pacemaker” in nanoparticelle, ovvero dispositivi impiantabili nel cervello, in grado di modulare l’attività delle cellule nervose”.
Analisi dei dati e ricerca nella sanità pubblica
Di ricerca e dati nel campo della salute si occupa anche Maria Rosaria Gualano, medico di sanità pubblica e vicepresidente della società italiana di leadership e management in medicina, che ha appena coordinato un importante studio sul burnout degli operatori sanitari nelle terapie intensive durante la pandemia. “Oltre il 50% del personale ha sperimentato un livello di stress molto elevato, vicino all’esaurimento. Tener conto delle indicazione che arrivano dall’analisi dei dati è fondamentale per l’organizzazione della sanità e la pandemia ce lo ha dimostrato. Ci siamo ritrovati con una carenza di anestesisti negli ospedali: il problema non era avere i fondi, che erano stati anche reperiti, ma la mancanza di personale formato. Questi sono aspetti che vanno previsti e programmati a partire da 5-10 anni prima. In generale, comunque, il problema organizzativo negli ospedali durante l’emergenza è stato ben affrontato, come abbiamo visto con la riconversione di molti reparti in reparti Covid”.
Dalla medicina alle stelle
Ricerca non solo in campo medico. Lo sguardo si è rivolto verso il cielo grazie all’intervento dell’astrofisica Patrizia Caraveo. Quali le prossime sfide in questo settore? “Conosciamo ragionevolmente bene il 5% dell’universo, ovvero la materia visibile, ci manca il 95%: ci rendiamo conto che esiste, ma non sappiamo bene che cosa sia. Vorremmo quindi capire che cosa sono la materia oscura e l’energia oscura. C’è un universo a maggioranza oscura, di cui siamo soci di minoranza: è una sfida grandissima”. Ad affascinare più di tutto l’uomo è “la ricerca di qualche forma di vita sui pianeti extrasolari. Trovare la firma di qualche sottoprodotto del metabolismo nell’atmosfera di un pianeta extrasolare sarebbe un risultato spettacolare”.
Il maschilismo dei dati
I numeri e i dati sono anche un nuovo modo per guardare al tema della parità di genere, come ha sottolineato la giornalista Emanuela Griglié, autrice con Guido Romeo del libro “Per soli uomini, Il maschilismo dei dati, dalla ricerca scientifica al design” edito da Codice, nato, come spiega l’autrice, per “proporre un nuovo modo per guardare alla questione del gender gap: “In alcuni settori è ancora enorme. Nel campo delle Scienze informatiche ci vorranno duecento anni per raggiungere la parità. Viviamo in un mondo a taglia unica, plasmato sul maschio standard, che ha 30-35 anni e una determinata provenienza geografica e culturale. Un modello obsoleto che non accontenta più nessuno, ma che rimane molto forte nella realtà che ci circonda: dai medicinali alle tute spaziale, dalle cinture per le automobili a un mondo nuovissimo come quello delle tecnologie e dell’A.I. Qui ci sono bias e algoritmi che ci riportano addirittura agli Anni Cinquanta per quanto riguarda la convenzione dei ruoli maschi-femmine”.
La prof della stampa 3D
Una donna che, a dispetto degli ostacoli, si è fatta strada nella ricerca è Marinella Levi, ordinario di Scienza e tecnologia dei materiali, responsabile di +Lab, il laboratorio del dipartimento di Chimica, materiali e ingegneria chimica “Giulio Natta” del Politecnico di Milano. E’ anche socia e cofondatrice della startup Moi Composites Srl, anch’essa legata alla stampa 3D. “Otto anni fa con alcuni giovani ricercatori miei allievi ho aperto alla stampa 3D, quando significava ancora fare un salto nel vuoto: esiste da 35 anni, ma è arrivata alle cronache solo una decina di anni fa. Dopo 25 anni, intorno al 2010, sono infatti scaduti i brevetti. L’eredità è stata raccolta da una meravigliosa comunità di maker, che hanno preso quel sapere e l’hanno messo a disposizione del mondo. Le stampanti 3D sono diventate una grande palestra di menti, che contemporaneamente hanno cominciato a chiedersi quali potessero essere gli utilizzi migliori di questa tecnologia. Io ho portato al laboratorio designer, ingegneri, chimici, fisici, biologi e… persone. Persone con abilità differenti che, secondo me, potevano dare e ricevere benefici dalla stampa 3D. Così è nato il progetto +Ability, grazie al quale abbiamo per esempio studiato la co-progettazione con un gruppo di pazienti reumatici: abbiamo avvicinato mondi che sono lontani, la ricerca accademica da un lato e la gente comune dall’altro”.
Dall’università alle startup
Dall’università alle startup, la storia di innovazione di Restorative Neurotechnologies, eccellenza siciliana di dispositivi biomedicali certificati per la riabilitazione cognitiva ed il trattamento di disturbi cognitivi post ictus. “Anch’io vengo dalla ricerca accademica e trovo determinante la Terza Missione delle università, che porta i risultati della ricerca dai laboratori verso il territorio, valorizzandoli con la creazione di prodotti o servizi”, ha spiegato il CEO Massimiliano Oliveri e docente di Neuroscienze Cognitive all’Università di Palermo. “Un mix di competenze e diverse aree di ricerca è fondamentale. Nel nostro caso combiniamo ricerca clinica, neuroscientifica, psicologica, ingegneristica, ma anche ricerca di mercato, per analizzare i nuovi trend di sviluppo e di incidenza della varie patologie coinvolte, molte delle quali segnano purtroppo un aumento”.
Le parole chiave della ricerca
Una visione integrata della ricerca è stata offerta da Francesca Trippi, Medical Head di Sanofi Pasteur, che ha riassunto le parole chiave dell’incontro, legate alla ricerca e all’analisi dei dati: metodo scientifico, divulgazione, alleanza tra abilità differenti, impegno e passione. Non solo: come una grande azienda tratta il tema della ricerca e si lega ad altri attori come spinoff e startup? “Aprendosi alle alleanze e all’innovazione tecnologica, a cui la pandemia ha imposto un’accelerazione ulteriore”, ha risposto Trippi. “Sanofi ha deciso di fare un investimento importante, 400 milioni all’anno, per la costruzione di un sito dedicato all’innovazione e alla ricerca nell’ambito della tecnologia mRna, che ha aperto il futuro nell’ambito dei vaccini e del prodotti farmacologici in generale”.