La pandemia di Covid-19 ha profondamente mutato il nostro modo di interagire con gli altri.
Ciò ha avuto importanti ricadute psicologiche, soprattutto per i più giovani. Ne parliamo con Paola Marion, psicoanalista di bambini e adolescenti AFT (con funzione di training) della Società Psicoanalitica Italiana (SPI)
Disturbo post-traumatico, ansia, depressione e mancanza di motivazione, aggressività, disturbi del sonno e crisi di panico sono alcune delle possibili eredità psicologiche della pandemia. La situazione traumatica e il profondo cambiamento delle abitudini di vita ha influenzato tutti, ma soprattutto i giovani.
Sono soprattutto due elementi ad aver segnato profondamente i più giovani. “Il clima di lutto, vissuto tramite la TV o sperimentato in casa, e l’astensione dalle relazioni con una sorta di fobia per l’incontro con l’altro, sono i due aspetti che hanno avuto un impatto pesante e silente sui giovani”.
Su questi due aspetti si sofferma Paola Marion, che si è occupata di analizzare le ricadute psicologiche su bambini e adolescenti in un capitolo del volume “Pandemia e generatività – Bambini e adolescenti ai tempi del Covid”, redatto dalla Consulta Scientifica del Cortile dei Gentili.
I mutamenti portati dal Covid-19
Per i ragazzi il primo aspetto che ha subito un profondo mutamento è stata la scuola: ha perso il suo ruolo di luogo di aggregazione e di spazio educativo complementare e aggiuntivo rispetto al contesto familiare.
Poi è cambiato il tempo libero, con la dimensione amicale e corporea, che porta i ragazzi in uno spazio diverso dalla casa. Infine si è aggiunto l’isolamento domestico, condiviso con i familiari con cui talvolta i ragazzi hanno un rapporto conflittuale.
Gli strumenti informatici sono diventati mezzi di compensazione psico-affettiva, assieme al cibo.
Secondo i dati raccolti su Young (2021) i giovani di età inferiore ai 25 anni hanno sperimentato che “la privacy personale è diminuita” (29,8% ), mentre sono aumentate “le tensioni all’interno dell’ambiente domestico’ (26,5%). Sono cresciute le ‘interferenze e possibilità di disturbo reciproco’ (24,9%) e solo un terzo (30,6%) degli intervistati ha dichiarato che lo spazio domestico era completamente adeguato.
Il tempo trascorso davanti alla TV si è dilatato (72,5% degli intervistati), così come i tempi di ozio (54%). Si è registrato un incremento per le attività del tempo libero da realizzare dentro le mura domestiche: lo sport indoor (58,4%), l’ascolto della musica (53,1%) o hobby “casalinghi” (48%).
Secondo un’indagine condotta in Italia e Spagna (Frontiers in Psycology, 2020), tutto ciò ha comportato dei cambiamenti dello stato emotivo dei ragazzi durante la quarantena: difficoltà di concentrazione (76.6%), noia (52%), irritabilità (39%), irrequietezza (38.8%), nervosismo (38%), sensazione di solitudine (31.3%), disagio (30.4%) preoccupazione (30.1%).
Psicologia e disuguaglianze
Vi è dunque qualcuno che ha messo attuato azioni volte a contrastare la condizione di isolamento, ricreando una condizione di vita sostenibile anche dentro casa.
Tuttavia, la varietà delle risposte e delle attività intraprese per contrastare lo stato di isolamento rispecchiano un divario tra chi ha strumenti e spazi adeguati per svolgere attività scolastiche e extra-scolastiche e chi non li ha.
“Anche dal punto di vista psicologico, resteranno tracce più profonde e complicate da superare in coloro che sono più fragili all’interno della popolazione dell’età evolutiva”, ha rimarcato Marion. “Se i mezzi familiari di tipo economico, culturale e psicologico, hanno aiutato durante l’emergenza, gli stessi mezzi saranno utili anche per l’uscita dall’emergenza. E quindi la disuguaglianza avrà un effetto anche sulle conseguenze psicologiche a lungo termine della pandemia”.
Una situazione psicologica in evoluzione
Oggi siamo di fronte a un nuovo contesto che ci riporta quasi a una situazione di normalità. Come evolverà la pandemia dal punto di vista psicologico?
“È difficile fare previsioni su come evolverà una situazione in futuro. Tuttavia, credo che l’esperienza vissuta sia stata talmente profonda da aver avuto i caratteri del trauma. Un trauma lascia tracce e non basterà la riapertura della scuola – che peraltro è ancora soggetta a oscillazioni – per cancellare i segni della pandemia. Occorre seguire l’evoluzione psicologica nel tempo, ponendo attenzione soprattutto alle persone più fragili”.
Inoltre, i ragazzi hanno vissuto e continuano a vivere situazioni in cui la disuguaglianza può essere particolarmente rimarcata. Al tempo della DAD, “ i ragazzi si sono confrontati con compagni che hanno avuto difficoltà a rapportarsi con il digitale o che erano incapaci di studiare per situazioni di affollamento in casa, tra condivisioni del computer con i fratelli e genitori incapaci di aiutarli”.
Oggi, invece, la discriminazione e la disuguaglianza si gioca a scuola tra vaccinati e non vaccinati, con effetti su entrambe le categorie di persone. “Il bambino, di fronte a etichettature e discriminazioni, da una parte si sente di difendere la scelta dei suoi genitori con i quali si identifica. Dall’altra parte si trova in un contesto di contraddizione e di conflitto”.
Un bambino non ha gli strumenti e le difese necessarie per affrontare il conflitto. Il disagio che ne scaturisce potrebbe svilupparsi in comportamenti aggressivi, di negazione e rifiuto.
“Occorre che presidi e professori aprano un canale di dialogo aperto con i genitori. Al contempo, bisognerebbe impostare una discussione laica e scientifica con i ragazzi riguardo ai vaccini, perché le diverse posizioni possano essere comprese”, continua Marion. “Questo introdurrebbe elementi razionali e lascerebbe meno spazio alla deriva emotiva, che può dar luogo a forme violente di etichettatura ed esclusione. Infine, bisognerebbe evitare le attività che possono accentuare le differenze”.
Un sostegno per i giovani
La salvaguardia della salute mentale per i più giovani era già precaria in Italia. Lo denuncia una lettera inviata al governo da SINPIA (Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza) nel 2021. Già prima della pandemia 200 bambini e ragazzi su 1000 avevano un disturbo neuropsichico. Solo 60 su 200 riuscivano ad accedere a un servizio territoriale Neuropsichiatria infantile e dell’adolescenza e 30 su 200 ad avere risposte terapeutiche-riabilitative appropriate.
Anche l’Unicef lancia un campanello di allarme: secondo il rapporto “la condizione dell’infanzia nel mondo”, agli interventi per la salute mentale viene destinato circa il 2% dei fondi governativi per la salute a livello globale. Sono troppo pochi per fronteggiare una situazione di emergenza, che aggrava i dati registrati sulla salute mentale dei più giovani.
La necessità di puntare su un potenziamento dei centri per la salute mentale e territoriali vale anche per l’Italia. “La condizione sanitaria ha rappresentato un’accelerazione sia rispetto al disagio psichico che rispetto al problema della scarsezza di strutture sanitarie, di risorse e operatori dedicati alla neuropsichiatria infantile”, ha confermato Marion.
Oltre alle istituzioni, però, hanno grande importanza anche gli adulti più vicini ai ragazzi, a partire dai genitori. L’adulto nel rapporto con il figlio non svolge solo un ruolo protettivo e di contenimento dei vissuti ansiogeni e angosciosi, ma è decisivo soprattutto nell’attribuire significato all’esperienza e agli eventi.
Un articolo apparso su Frontiers 2020 dà alcuni suggerimenti circa il comportamento che i genitori possono adottare di fronte allo stress dei figli.
Perché i genitori possano essere di supporto, occorre educare la popolazione a utilizzare le risorse personali per affrontare la vita di tutti i giorni, le paure e le preoccupazioni. Poi devono essere condivise informazioni e linee guida corrette, per fornire ai genitori la conoscenza di come i bambini di diverse età esprimono angoscia e l’importanza di condividere e parlare di paure ed emozioni negative.
Anche la scuola può essere un luogo di aiuto e sensibilizzazione. “La scuola potrebbe essere il luogo in cui svolgere laboratori con psicologi per elaborare la situazione traumatica, come accade per i terremoti”. E poi Marion conclude: “I momenti dedicati a raccontare e condividere i propri vissuti e a confrontarsi con gli altri sono preziosi, soprattutto dopo un periodo in cui i ragazzi sono stati catturati dal mondo digitale”.
Foto in alto: Athena da Pexels