I ricercatori della Iowa State University hanno realizzato una batteria da 2,5 Volt a base di alcool polivinilico che si dissolve in acqua in 30 minuti. In futuro potrà essere utilizzata per dispositivi medici da impiantare nel corpo umano, per sensori ambientali temporanei e per dispositivi militari che non devono cadere nelle mani del nemico.
Oggetti hi-tech progettati per funzionare per un lasso di tempo limitato e poi autodistruggersi. Sembra un film di fantascienza. Si tratta invece della cosiddetta transient technology, uno dei filoni più interessanti dell’elettronica del futuro. Sono anni ormai che si cerca di sviluppare dei dispositivi elettronici in grado di dissolversi a fine vita – attraverso l’utilizzo di liquidi, luce o calore – prima che possano trasformarsi in rifiuti inquinanti. Uno dei grossi limiti finora era rappresentato però dall’alimentazione.
Ok autodistruggersi, ma che fine fa questa batteria?
La soluzione sembra arrivare dagli Stati Uniti, dove alcuni ricercatori hanno appena presentato una speciale batteria in grado di dissolversi in acqua nel giro di trenta minuti. Rispetto a quanto visto finora, la batteria agli ioni di litio realizzata dai ricercatori della Iowa State University è più potente – 2,5 Volt di tensione, il doppio rispetto alle più potenti batterie transienti sviluppate fino ad oggi – ma soprattutto, ha nella rapidità di autodistruzione il suo vero punto di forza. In grado di alimentare un computer per quindici minuti, si distrugge ben mille volte più velocemente rispetto ai prototipi del passato.
Il segreto sta nel materiale con cui è realizzata: avvolta in due strati di un polimero a base di alcool polivinilico, è composta da ulteriori otto strati che includono anodo, catodo e elettrolita (il tutto in un millimetro di spessore!). Quando il dispositivo viene immerso nell’acqua, il polimero si spezza e le nanoparticelle di cui è composta la batteria si disperdono nel liquido.
Questo cellulare si autodistruggerà (senza inquinare)
Insomma, come sottolineano i suoi creatori nella loro pubblicazione scientifica, questa batteria è la prima a possedere “la potenza, la stabilità e la shelf life necessarie per un utilizzo pratico”. Ecco perché, a fronte dei dati ONU che ci dicono che nel 2018 produrremo ben cinquanta milioni di tonnellate di rifiuti elettronici, la speranza è quella di poter presto contare su cellulari, tablet ed elettrodomestici capaci di terminare il loro “ciclo vitale” e distruggersi, senza inquinare l’ambiente.
Questa tipologia di prodotti potrebbe segnare un grande cambiamento. In campo hardware infatti, le applicazioni di questa tecnologia sono infinite. Si va dalle più scontate, come l’utilizzo in campo militare, a sensori ambientali temporanei o anche, dispositivi medici da impiantare nel corpo umano in grado di “autoeliminarsi” senza provocare danni all’organismo.
Prossimi obiettivi
Secondo Reza Montazami, ingegnere a capo del progetto, ci vorrà ancora del tempo prima di ottenere un prodotto commerciabile in grado di alimentare dispositivi elettronici sofisticati. Per ottenere capacità e autonomia più elevate, sarà necessario utilizzare più strati di materiale polimerico. In questo modo, crescerà anche il tempo richiesto per l’autodistruzione. Il prossimo obiettivo sarà dunque, secondo Montazami, riuscire ad aumentare autonomia e capacità della batteria, rendendola al contempo meno complessa, migliorando le meccaniche di dissoluzione.