I ricercatori dell’Università di Stanford hanno sviluppato la prima batteria che si spegne da sola prima di raggiungere una temperatura eccessiva e pericolosa, per poi riaccendersi nuovamente una volta raffreddata.
Sull’ultimo numero di Nature Energy si parla di batterie agli ioni di litio, o meglio, di come allungarne la vita ed evitare spiacevoli incidenti. Ad esempio il surriscaldamento. I ricercatori dell’Università di Stanford hanno sviluppato la prima batteria che si spegne da sola prima di raggiungere una temperatura eccessiva e pericolosa, per poi riaccendersi nuovamente una volta raffreddata.
Il problema del surriscaldamento
Se siete tra gli entusiasti degli hoverboard, probabilmente avete già familiarità con uno dei principali ostacoli incontrati finora proprio per via delle batterie: il fatto che rischiano di prendere fuoco e distruggervi la casa. Ma il problema del surriscaldamento riguarda anche strumenti molto più vicini alla quotidianità, tra tutti i computer.
La performance della batteria non viene ridotta dai cicli alternati di riscaldamento e raffreddamento previsti dalla nuova invenzione
Ad assicurarlo è Zhenan Bao, professore di ingegneria chimica e tra gli autori della ricerca, che ha lavorato alla nuova batteria con un team di colleghi già ferrato sull’argomento. In particolare Yi Cui, che nel 2014 aveva inventato una batteria “smart” che ben prima di riscaldarsi a livelli preoccupanti segnalava la temperatura (e scongiurava il rischio di incendi). Ma questo tipo di strategie -insieme ai ritardanti di fiamma o ignifuganti- arriva comunque troppo tardi per poter salvare anche la batteria, sulla quale si interverrà prima che l’incendio scoppi ma sarà poi inutilizzabile. Il vero passo in avanti è evitare il surriscaldamento e non buttare via la batteria a ogni imprevisto. Bao sembrerebbe esserci riuscito.
La soluzione: un sensore molto particolare
Una batteria agli ioni di litio è formata da due elettrodi e un elettrolita liquido o sotto forma di gel: è proprio quest’ultimo a rischiare di prendere fuoco se la batteria si buca (lo strato che separa i due poli positivo e negativo è stremamente sottile), si sovraccarica, va in cortocircuito o più semplicemente è difettosa. «Le tecniche che conosciamo sfortunatamente sono irreversibili», spiega Cui, „perciò dopo il surriscaldamento la batteria non si può più usare». Per risolvere questo impasse, il ricercatore e i colleghi hanno sondato la via delle nanotecnologie passando per un sensore inventato da Bao.
Il sensore, pensato originariamente per tutt’altro scopo (monitorare la temperatura corporea umana) ha una piccola struttura di plastica con incorporate particelle di nickel dalle quali spuntano delle “spine” minuscole, di pochi nanometri. Bao e i colleghi hanno rivestito queste spine di grafene -in foto un modello molecolare- il materiale che negli ultimi anni ha riempito le pagine dei giornali per le sue eccezionali proprietà (è il più sottile che conosciamo, 100 volte più resistente dell’acciaio e conduce meglio del rame) e le hanno incluse in un sottile film di polietilene.
Gli scienziati hanno attaccato il film di polietilene a uno degli elettrodi, in modo che la corrente potesse passarvi attraverso: per condurre l’elettricità le “spine” devono toccarsi fisicamente tra loro, ma raggiunta una temperatura molto alta (e la cosiddetta dilatazione termica) il polietilene si espande e le mantiene a distanza.
Così il film smette di condurre, l’elettricità non passa più e la batteria si spegne da sola.
Riscaldando la batteria a più di 70°C il film di polietilene si espande rapidamente, le spine non si toccano e la batteria si spegne. Quando la temperatura scende di nuovo, tornano in contatto e la batteria ricomincia a generare elettricità.
Ma non è necessario che la batteria si scaldi così tanto, perché le possibilità sono praticamente illimitate: se si vuole far spegnere la batteria a 100° oppure a 50°C è sufficiente cambiare il numero di particelle, o provare diversi polimeri (il polietilene è il più semplice e il più usato ma non certo l’unica opzione). «Confrontandolao con altri approcci, il nostro progetto è una strategia affidabile, veloce e reversibile per raggiungere prestazioni di alto livello e migliorare allo stesso tempo la sicurezza della batteria».
Crediti foto: Wikimedia Commons, Stanford University