“Data health: la prevenzione nella salute passa dai dati”: ne hanno parlato gli ospiti della nuova puntata di “Life – La salute che verrà”, discutendo delle nuove prospettive offerte da big data, A.I. e robotica: dalla gestione della pandemia alla medicina personalizzata
Il futuro è in parte già realtà: grazie alla ricerca e alla tecnologia, ci stiamo dirigendo verso una medicina sempre più personalizzata e democratica, ovvero accessibile a tutti. L’attenzione è concentrata sui percorsi di cura, ma anche sulle strategie di prevenzione, che diventeranno sempre più importanti. Tutto questo si potrà realizzare grazie all’utilizzo di big data, Intelligenza Artificiale e robotica. Ne hanno parlato gli ospiti della nuova puntata di “Life – La salute che verrà”, dedicata al tema “Data health: la prevenzione nella salute passa dai dati”, moderata da Giampaolo Colletti e Anna Gaudenzi. Ad accompagnare il dibattito, come sempre, le illustrazioni nate dalla fantasia di Giulio Pompei.
Un futuro che è già presente nel nostro paese, come ha raccontato Giorgio Metta, padre del robot umanoide iCub e Direttore Scientifico dell’Istituto Italiano di Tecnologia, melting pot di talenti internazionali con sede a Genova: “In questo momento stiamo sperimentando l’uso del robot come terapista al fianco di bambini che hanno problemi di neurosviluppo legati a forme di autismo. Esploriamo una strada inusuale per la raccolta dei dati, dal momento che di solito sviluppiamo l’uso della robotica in campo industriale, ma queste nuove applicazioni ci offrono uno squarcio verso il futuro, un futuro che è abbastanza prossimo”.
Medicina personalizzata e democratica: fare prevenzione grazie ai big data
Analisi dello stato di salute del paziente e sviluppo di modelli predittivi: “Si tratta di tecnologie costose quando vengono realizzate per la prima volta, ma che poi sono disponibili a un costo accessibile – ha proseguito Metta -. Possiamo curarci molto meglio prima ancora di sviluppare la patologia: usare la capacità di calcolo per la prevenzione è molto democratico, è un servizio che si può offrire in maniera ampia a tutta la popolazione, a differenza dei farmaci super costosi”.
Guardando alla ricerca, “il Pnrr introduce tanti progetti di altissima qualità, che hanno la possibilità di cambiare il volto del Paese. Ma dobbiamo mantenere e attrarre talenti: se guardiamo le classifiche internazionali scopriamo che i nostri ricercatori sono piuttosto bravi, siamo i sesti al mondo, una posizione di tutto rispetto, considerato il livello più elevato di investimenti da parte di altri paesi come Stati Uniti e Cina. Dalla robotica alla salute, le basi le abbiamo: si tratta di sfruttarle al meglio”, ha concluso il Direttore Scientifico dell’Istituto Italiano di Tecnologia.
L’importanza degli investimenti nella ricerca
Chi lavora con i big data, “prima ancora che questo termine fosse inventato”, è il fisico Federico Ronchetti, ricercatore dell’Istituto Nazionale Fisica Nucleare e attualmente responsabile delle operazioni dell’esperimento ALICE al CERN, dedicato allo studio del Big Bang: “Facciamo scontrare particelle ad altissima energia per indagare la materia primordiale: durante le collisioni leggiamo i dati in tempo reale, a una velocità di 10-15 gigabyte al secondo, poi li filtriamo per eliminare il cosiddetto “rumore” attraverso cluster di calcolatori e li processiamo successivamente con algoritmi basati sul machine learning”.
In vista dell’approvazione del Pnrr Ronchetti è stato in prima linea al fianco del fisico Ugo Amaldi nella battaglia per “aumentare i finanziamenti alla ricerca pubblica, ma anche per la creazione di un network sullo stile del modello tedesco “Fraunhofer”, il cui scopo è produrre ricerca e sviluppo applicata. E’ importante innescare un processo di osmosi pubblico-privato per il trasferimento tecnologico alle piccole e medie imprese. Questo anello in Italia manca”.
Medicina personalizzata: che cosa sono i “digital patient”
“Medicina in silico” è un altro termine che spiega le nuove frontiere della cura delle malattie: “Indica la possibilità di utilizzare il computer, ovvero la modellizzazione computerizzata, come strumento di base per le indagini e lo studio dei sistemi viventi, che tradizionalmente si potevano condurre solo in vitro o in vivo”, ha spiegato Marco Viceconti, Professore Ordinario presso il Dipartimento di Ingegneria Industriale di Alma Mater Studiorum – Università di Bologna. In questi anni la medicina in silico è maturata in maniera esponenziale e oggi segue due strade diverse: “Innanzitutto ci sono i ‘digital patient’, ovvero modelli creati utilizzando i dati di un singolo paziente: uno strumento utile a supporto delle decisioni del medico, ma anche dello stesso paziente, che così può compiere scelte di vita avendo maggiori informazioni a disposizione sul proprio destino. Una rivoluzione della medicina personalizzata”. Secondo Viceconti, la vera frontiera in questo momento sono però gli ‘in silico trials’, grazie ai quali “è possibile reinventare il processo con cui valutiamo la sicurezza di nuovi farmaci o dispositivi medici. Oggi ci vogliono migliaia di dollari e un’attesa di 5-10 anni: una situazione non più accettabile, come dimostrato dalla pandemia”.
Della gestione dei dati legati all’emergenza Covid-19 ha parlato Martina Patone, statistica medica al Primary Health Care Department dell’Università di Oxford: “I dati clinici e demografici a nostra disposizione riguardano circa 20 milioni di pazienti inglesi e sono stati raccolti dai medici di base in un arco temporale di circa 30 anni. Si tratta di un data set molto ampio, quindi rappresentativo. L’obiettivo è ridurre l’errore al minimo nella fase di raccolta: i dati devono essere puliti e il più precisi possibile per avere poi meno problemi nella fase di analisi”. Avere a disposizione informazioni di qualità è stato “di vitale importanza di fronte a un virus che non conoscevamo e allo scoppio della pandemia, che aveva in sé molti elementi confondenti a livello metodologico. Una volta analizzati i dati, restituiamo i risultati agli stessi medici, che li possono usare per la cura del paziente: in questo modo capiscono loro stessi quanto sia importante una raccolta accurata in partenza”.
Big data e medicina personalizzata in Italia: il confronto Italia-Regno Unito
Più confusa la situazione in Italia, come ha raccontato Giovanna Jona Lasinio, professoressa ordinaria di Statistica all’università La Sapienza di Roma: “Noi abbiamo un sistema sanitario che è diviso in 20 regioni: alcune sono nel 21esimo secolo, altre sono rimaste agli Anni ‘50 del secolo passato. Di base c’è una difformità molto forte nella raccolta dei dati, a cui si sono aggiunti i disguidi legati alla pandemia. Lo sforzo della Protezione Civile nel mettere a disposizione i dati aggregati su base provinciale e regionale è stato fatto partendo dalla sola idea di dover immagazzinare e gestire tanti numeri, invece è fondamentale la definizione del dato stesso. Per esempio, in Italia alla voce tamponi sono stati registrati sia i molecolari che gli antigienici, nonostante forniscano informazioni completamente diverse. Un altro esempio la notifica in ritardo del numero di vittime o di casi positivi: invece di spalmarli correttamente lungo la lungo catena temporale si sono lasciati picchi evidenti in alcuni giorni”. Fondamentale inoltre porre attenzione al nesso causa-effetto: “Con la seconda ondata ci si è concentrati molto sui rischi della scuola, senza porre sufficiente attenzione ad altri elementi come luoghi di lavoro e soprattutto mezzi pubblici. Le informazioni e i dati necessari per distinguere questo legame causale non sono mai stati disponibili”.
Chi ha vissuto la pandemia da un punto di vista molto concreto è Luigi Vezzosi, dirigente medico ATS Valpadana, specialista in igiene e medicina preventiva: “Il Covid-19 ci ha fatto vedere quanto la popolazione sia mobile e dinamica, sia a livello internazionale che regionale e provinciale. Avere dei database unici regionali è un passo avanti, ma non basta. Nell’ottica dell’anagrafe vaccinale serve più interscambiabilità per codificare correttamente i flussi. La pandemia ci ha fatto vedere che esistono anche persone non monitorate, come homeless e stranieri, che non hanno codice fiscale o tessera sanitaria. Con le forze dell’ordine e i servizi sociali abbiamo creato una rete che prima non c’era. Fondamentale la formazione degli operatori che devono raccogliere i dati, l’uso di una tecnologia easy e la disponibilità di risorse adeguate, oltre alla possibilità di comunicare anche con chi non usa smartphone e computer, come le persone meno abbienti e gli anziani”.
Medicina personalizzata: come valutare il rischio di metastasi nel tumore al seno
Un ulteriore esempio concreto di medicina personalizzata arriva da ARIADNE, piattaforma per valutare il rischio di metastasi nel tumore al seno, messa a punto dal Centro per la Complessità e Biosistemi dell’Università Statale di Milano, come ha spiegato Caterina La Porta, docente di Patologia Generale dell’ateneo e ceo di Complex Data. “Il rischio viene calcolato sulla base delle caratteristiche di ognuno, in particolare patrimonio genetico e interazioni con l’ambiente. Ci siamo concentrati sul tumore triplo negativo, il caso più complesso, perché mancano tutti i recettori che possono essere sfruttati come bersaglio per i farmaci. Non esiste a oggi una strategia terapeutica precisa: diventa quindi particolarmente importante fornire al medico maggiori informazioni sulle caratteristiche biologiche per poter stabilire la terapia adeguata”. (LEGGI L’INTERVISTA A STARTUPITALIA)
Raccolta e analisi dei dati, infine, sono fondamentali anche dal punto di vista della produzione farmaceutica, come già dimostrato dai fabbisogni legati al vaccino Covid-19: “Bisogna lavorare in maniera prospettica per il prossimo anno. Eppure oggi le aziende ancora non hanno a disposizione i dati della scorsa stagione sul vaccino antinfluenzale. La produzione per l’Italia viene stimata sulla base di dati empirici, non oggettivi e corretti temporalmente”, ha sottolineato Mario Merlo, General Manager di Sanofi Pasteur.
Emergono nuove figure sanitarie in questa filiera? “Sanofi Pasteur ha il piacere e l’onore di supportare il Master SDA Bocconi ‘Prevention Academy’: un percorso formativo per giovani medici igienisti specializzati che prevede l’alfabetizzazione digitale, l’analisi dei big data e la programmazione all’interno del grande capitolo della prevenzione. Sicuramente si stanno sviluppando competenze specifiche in questa nuova dimensione dell’analisi dei dati e della sanità pubblica, a cui la pandemia ha fatto fare un salto: bisogna ripensare i fondamentali, anche in tema di organizzazione, per formare i futuri manager della salute”.