In vista del 28 febbraio, Giornata Mondiale per le Malattie Rare, Annalisa Scopinaro, presidente della federazione Uniamo, spiega a StartupItalia quali sono le richieste dei malati per un miglioramento della loro qualità di vita, dai percorsi di cura al riconoscimento sociale. “Dobbiamo procedere uniti per ottimizzare i percorsi e le risorse”
Riempirebbero una metropolitana lunga 175 km, uno stadio grande 25 volte San Siro, una piazza 7 volte più estesa di San Pietro, un’arena capiente 90 volte quella di Verona: sono gli oltre 2 milioni di italiani che hanno una malattia rara (uno su cinque è un bambino), il 5% della popolazione. Per singola patologia, che viene definita “rara” se ha una prevalenza inferiore a 5 casi ogni 10.000 persone, possono essere pochi, ma insieme raggiungono gli oltre 300.000.000 di persone nel mondo e 30.000.000 in Europa.
A dar loro voce è Uniamo – Federazione Italiana Malattie Rare, che in questo mese di febbraio ha lanciato la campagna di comunicazione #uniamoleforze, in vista della Giornata Mondiale che si celebra ogni anno il 28 febbraio.
“Unire le forze per non sprecare risorse”
“Il nostro obiettivo è quello di sensibilizzare sulle problematiche delle malattie rare e sulle storie delle persone che le affrontano, ma soprattutto vogliamo arrivare a farlo tutti insieme: dobbiamo procedere uniti se vogliamo ottimizzare i percorsi e le risorse, che sono scarse. Come sappiamo, il sistema sanitario nazionale è sottofinanziato, quindi è essenziale non sprecare alcuna possibilità”, spiega a StartupItalia Annalisa Scopinaro, presidente di Uniamo dal 2019 e dal 2000 nel mondo dell’associazionismo dei pazienti.
L’invito di Uniamo è rivolto a tutti: alla politica, perché possa promulgare leggi migliori; alle istituzioni, perché le trasformino in concretezza nella vita quotidiana attraverso i decreti attuativi; al Ministero dell’Economia e delle Finanze, perché stanzi i finanziamenti necessari a realizzare questi progetti: ai clinici, agli infermieri e a tutte le persone impegnate nel campo della salute, perché possano avere possibilità di cura sempre più specifiche per i loro pazienti, possibilmente da somministrare a casa; infine ai rappresentanti delle parti sociali, perché diano alle persone con malattia rara la giusta attenzione.
Cosa significa avere una malattia rara oggi
Il percorso che deve affrontare oggi una persona con malattia rara è complesso. “A parte le patologie che vengono diagnosticate alla nascita, negli altri casi i percorsi diagnostici sono molto lunghi, con ritardi di oltre 4 anni, durante i quali le persone si aggirano per gli ospedali prima che si riesca a dare un nome alla loro malattia, individuandola tra le circa 8mila esistenti”. Una volta effettuata la diagnosi, poi, solo una piccola parte dei pazienti ha diritto all’esenzione: “Dobbiamo lottare perché vengano maggiormente garantiti i diritti di cura e anche perché ci sia un maggiore riconoscimento sociale, a partire dal mondo del lavoro e della scuola”.
“Alcune malattie sono davvero molto rare ed è difficile trovare le persone giuste, per cui capita di doversi recare in strutture ospedaliere lontane”
E ancora, lunga è la ricerca del medico e dell’ospedale di riferimento per la presa in carico: “Alcune malattie sono davvero molto rare ed è difficile trovare le persone giuste, per cui capita di doversi recare in strutture ospedaliere lontane. Infine, anche i caregiver spesso si trovano ad affrontare scelte difficili: quando la malattia rara colpisce un bambino, uno dei due genitori rinuncia al lavoro, di solito la mamma, e la famiglia si impoverisce notevolmente”.
Come migliorare la qualità della vita
Quali sono quindi le azioni più urgenti da compiere per migliorare la qualità della vita di chi ha una malattia rara? “Innanzitutto bisogna approvare i Lea (Livelli essenziali di assistenza) quanto prima, considerando che il nomenclatore tariffario in approvazione si riferisce ancora al 2017. Poi bisogna uniformare gli extra Lea regionali, in modo da eliminare le differenze tra le regioni che possono pagare e quelle che non possono permetterselo. È importante poi accelerare i processi di richiesta dell’invalidità e dell’handicap, che permettono anche di avere i permessi al lavoro, e quelli per avere i codici di esenzione per la cura. Insomma, le questioni sono tante: le affrontiamo un passo dopo l’altro”.
A fine gennaio si è insediato il Comitato Nazionale delle Malattie Rare, di cui anche Uniamo fa parte: un momento atteso da circa un anno, decisivo per la concreta attuazione del Testo Unico Malattie Rare (legge 10 novembre 2021 n. 175 – “Disposizioni per la cura delle malattie rare e per il sostegno della ricerca e della produzione dei farmaci orfani”), che necessita di una serie di azioni da parte del Governo e delle Regioni per trovare effettiva applicazione. “Il Comitato potrà fare da recettore e promotore di soluzioni”, commenta Scopinaro. “Abbiamo sostenuto molto la legge 175 e il suo percorso legislativo, anche se alcuni aspetti purtroppo sono stati eliminati per mancanza di finanziamenti. Non c’è infatti copertura finanziaria, salvo per il Fondo di Solidarietà, per cui è previsto comunque solo un milione di euro rispetto ai due milioni di malati italiani”.
In tempi brevissimi bisogna approvare anche il Piano Nazionale Malattie Rare: “E’ pronto, speriamo non ci sia nessun emendamento che possa causare ulteriori ritardi. Al momento siamo ancora fermi al Piano 2013-2016, che prevedeva una serie di azioni che sono state compiute a costo zero, come rilevato dal nostro Rapporto MonitoRare 2022. Nel prossimo piano abbiamo cercato di inserire obiettivi raggiungibili nell’arco di tre anni, come un più omogeneo riconoscimento dei LEA ed altre azioni di miglioramento che riguardano magari piccole cose, però importanti ed impattanti sulla qualità di vita”.
Con la ricerca accesso precoce alle terapie
Servono poi sempre maggiori incentivi per l’assistenza sanitaria, la ricerca e la produzione dei farmaci “orfani”, così definiti perché in generale, in condizioni normali di mercato, è meno interessante produrli e commercializzarli, dato l’esiguo numero di pazienti.
“Il Centro Nazionale Malattie Rare istituito presso l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) ha il compito di monitorare e riordinare la rete dei centri di cura e la qualità dei servizi offerti: noi abbiamo fatto presenti i criteri che i pazienti richiedono, speriamo che anche in questo caso si arrivi ad una rapida messa a terra”.
A proposito di ricerca, un ampio investimento di 50 milioni di euro è stato specificamente dedicato dal PNRR alle malattie rare: “I centri di ricerca pubblici (Irccs) ne stanno usufruendo per portare avanti una ricerca di base. Anche Telethon fa un grande parte in questo, oltre all’industria farmaceutica che va a sviluppare le terapie necessarie per la quotidianità. I ritardi nell’approvazione dei decreti sulle sperimentazioni cliniche non hanno giovato, ma speriamo di riguadagnare il tempo perduto”.
“I ritardi nell’approvazione dei decreti sulle sperimentazioni cliniche non hanno giovato, ma speriamo di riguadagnare il tempo perduto”
Fare sperimentazione significa permettere ai pazienti l’early access, ovvero l’accesso precoce alle terapie, prima della commercializzazione. “Quando ci sono patologie degenerative che non hanno altre terapie possibili, le persone sono disposte anche ad assumersi eventuali rischi legati ad effetti collaterali non completamente definiti, pur di vedere migliorata la loro qualità di vita. Va anche detto che, quando si arriva a questa fase di sperimentazione sull’uomo, i livelli 1 e 2 sono già stati testati, quindi c’è un buon livello di sicurezza”.
Più sostegno alle startup
Quale ruolo hanno le startup nel campo della ricerca per le malattie rare? “Abbiamo visto vari casi di aziende che hanno ideato prodotti molto interessanti, ma poi sono state assorbite da aziende più grandi, perché da sole non potevano completare la fase di sviluppo, non avendo le strutture e le risorse necessarie. Questa dinamica, però, comporta un aumento dei costi dei trattamenti finali, su cui va a pesare il delta finanziario legato all’acquisizione. Nel caso di terapie avanzate innovative come quelle per le malattie rare si arriva a costi significativi: pensiamo alla terapia per l’atrofia muscolare spinale (SMA) dei bambini, venduta a 1,2 milioni di euro. Si tratta di cifre molto impattanti sul SSN, per questo crediamo che le startup vadano sostenute con incentivi specifici, affinché possano portare a termine da sole il processo produttivo”.
Italia a due velocità, ma attrattiva in Europa
Come evidenzia ancora il Rapporto MonitoRare 2022, per quanto riguarda le possibilità di cura in Italia esiste un’accentuata disomogeneità tra Nord e Sud: due terzi dei 223 centri Ern (European Reference Networks for rare diseases) accreditati si trovano nelle regioni settentrionali. “Almeno il 17% dei pazienti necessita di spostarsi dal proprio domicilio per cercare un centro di competenza, necessità che sale al 25% nel caso si tratti di bambini”.
Nonostante le difficoltà, l’Italia risulta molto attrattiva rispetto all’Europa per chi ha una malattia rara: nel quinquennio 2016/2020 il nostro Paese ha accolto oltre 8.200 persone, contro le 180 che hanno dovuto recarsi all’estero per le cure. Sono anche aumentate le malattie rare testate nei laboratori clinici italiani, cresciute di 1200 unità in un quinquennio, arrivando a sfiorare le 3000 patologie testate, e sono aumentati in percentuale gli studi clinici autorizzati sul totale delle sperimentazioni cliniche (da 25,5% a 31,8%), tenendo anche conto che per la Fase I e II si sfiora il 50% (49,2%).
“Abbiamo lo screening neonatale esteso più ampio d’Europa: 49 patologie screenate alla nascita contro le 8 dell’Irlanda, le 17 della Germania, le 2 della Romania”, aggiunge la presidente di Uniamo. “Inoltre, il nostro è stato il primo piano nazionale approvato in Europa ed abbiamo anche una legge specifica: non siamo messi male, ma non è mai abbastanza, finché non saranno risolti tutti i problemi”.
Infine, a distinguere il nostro Paese è anche l’importante lavoro di advocacy svolto dal mondo delle associazioni impegnate per le malattie rare: Uniamo ha oltre 170 realtà affiliate, in continua crescita, che collaborano per un miglioramento della situazione. Lo stesso Rapporto MonitoRare 2022 è l’unico esempio europeo di un Rapporto di monitoraggio integralmente realizzato da un’associazione di pazienti, con la collaborazione degli enti istituzionali e con fonti primarie dei dati.
“Grazie alla nostra federazione i rappresentanti delle associazioni possono sedersi a tutti i tavoli di lavoro, in una situazione di parità rispetto agli altri soggetti coinvolti, e portare i risultati delle numerose attività svolte sul territorio per ascoltare e diffondere la voce dei malati”.