L’Adhd, il disturbo da deficit dell’attenzione e dell’iperattività, è una patologia poco conosciuta e spesso sottodiagnosticata in Italia. La testimonianza di Erika Zidko, che ha anche raccolto in un libro le storie delle altre mamme
Mancano numeri precisi, ma le stime parlano del 4-5% della popolazione pediatrica. Significa che in una classe di 25 bambini, almeno uno ne è affetto. Stiamo parlando dell’Adhd, il disturbo da deficit dell’attenzione e dell’iperattività, una patologia poco conosciuta e spesso sottodiagnosticata e per la quale, almeno in Italia, è difficile avere delle informazioni.
Bambini con Adhd, i genitori lasciati soli
“Quando ho vissuto direttamente questo problema con mia figlia, mi sono accorta di quanto i genitori, e in particolar modo le madri, siano lasciati soli”, afferma Erika Zidko, giornalista di origini brasiliane che abita in Italia da oltre 20 anni ed è mamma dal 2008: “Pur vivendo a Roma, avendo un livello di scolarizzazione alto ed essendo una persona che si informa, mi sono scontrata con le difficoltà legate prima di tutto alla conoscenza di questa patologia”, racconta.
Sebbene chi vi soffra possa iniziare molto presto a comportarsi in modo anomalo, spesso le preoccupazioni dei genitori sono minimizzate: “Pediatri e maestre di solito parlano di vivacità, un elemento che è senz’altro presente, ma purtroppo non è l’unico. Prima di arrivare a una diagnosi vera e propria, di solito, bisogna attendere l’inizio della scuola primaria”.
Il libro: “L’amore non basta”
Zidko ha raccolto in un libro le voci delle tante madri che spesso si trovano a dover affrontare questo percorso a ostacoli. “In Italia siamo noi a passare la maggior parte del tempo con i nostri figli e spesso è difficile fare capire ai nostri stessi compagni che ci sono dei problemi. E poi c’è il senso di colpa: quello legato al timore di non essere un bravo genitore, per esempio. L’aspetto peggiore per una madre è non avere piacere di trascorrere del tempo con i propri figli”.
Questo perché l’iperattività è solo una delle tante sfumature dell’Adhd, che in oltre il 70% dei casi si presenta con un’altra comorbidità: il disturbo oppositivo-provocatorio è il più frequente, ma ci sono anche i disturbi di apprendimento, gli attacchi di ansia, i comportamenti ossessivi-compulsivi e la sindrome di Tourette.
Il titolo del volume che raccoglie le tante testimonianze è “L’amore non basta”: “Non è sufficiente voler bene al proprio figlio per aiutarlo – afferma Zidko – Ho deciso di scrivere questo libro perché ho sempre avuto molta difficoltà a spiegare alle persone, soprattutto a quelle vicine a me, che le difficoltà legate all’Adhd per mia figlia andavano ben oltre la sua vivacità e che se lei era così non significava che io avessi fallito come madre. Le persone non mi prendevano sul serio e a un certo punto ho realizzato che stavo allontanando me e mia figlia dai contesti sociali. Ho quindi preferito che fossero altre persone a parlare”.
Il volume non è un libro tecnico, ma offre uno spaccato di vita quotidiana dalla quale emerge tutto il dolore di queste madri che non riescono ad aiutare i propri figli.
Che cos’è l’Adhd
L’acronimo inglese Ahdh sta per Attention deficit hyperactivity disorder e indica una patologia il cui tratto caratterizzante è l’instabilità dell’attenzione. “Non è che questi bambini non riescano a concentrarsi, ma fanno fatica a decidere quando farlo – spiega Zidko – All’inizio possono succedere episodi simpatici: dimenticano di chiudere il frigorifero, per esempio. Il campanello d’allarme è la frequenza di questi avvenimenti e il fatto che riguardino una serie di compiti esecutivi, come il legarsi le scarpe, il lavarsi o il vestirsi da soli”.
Il disturbo non dipende da un deficit cognitivo, ma mina le basi dell’autostima e contribuisce a creare un senso di frustrazione che spesso viene sfogato con attacchi di rabbia improvvisi. Essere sempre l’ultimo a essere scelto quando si fanno le squadre per giocare a qualcosa, essere continuamente respinto dai compagni per i lavori a gruppo e magari ripreso in classe per la propria vivacità alla lunga fanno sentire chi soffre di Adhd come “sbagliato”.
“Purtroppo nessuno dice ai genitori che certi comportamenti sono normali e le persone spesso si vergognano a raccontare cosa succede tra le mura domestiche”, prosegue Zidko.
Affinché avvenga la diagnosi, poi, il bambino deve far registrare comportamenti anomali almeno in due ambienti diversi, tipicamente a casa e a scuola. Affinché questo avvenga, però, possono passare anni.
Quali soluzioni per l’Adhd?
Per l’Adhd in Italia la situazione è variegata: spesso manca la presa in carico precoce del bambino e nessuno si preoccupa della salute mentale dei genitori: “È un problema che mette in crisi la coppia e in generale rovina le relazioni familiari e amicali – racconta Zidko – Per quella che è la mia esperienza, una città come Roma non ha saputo fornire le risposte e il sostegno necessario. Io e mio marito ci siamo rivolti a centri privati, ma in questo modo si fa gravare tutto il peso (economico e non solo) sulle spalle delle famiglie. Sarebbe bello se della salute mentale delle persone si occupasse l’ente pubblico, supportando le persone quando ne hanno bisogno, senza far sì che queste si rivolgano in modo proattivo altrove”.
Avere un figlio con Adhd è difficile prima di tutto da accettare: “Anch’io, prima di viverlo sulla mia pelle, pensavo si trattasse di un disturbo legato all’eccessiva vivacità, che passasse crescendo e che dipendesse in buona parte dall’educazione ricevuta. Non è così, purtroppo”.
Chi soffre di Adhd ha anche una fortissima carica empatica: “Quando si riesce a canalizzare tutta questa energia nel modo corretto, la sua qualità di vita migliora in modo sensibile. Bisognerebbe riuscire a farlo il prima possibile”, conclude Zidko.
Foto in alto: Yan Krukov da Pexels