Kenneth Shinozuka progetta e crea dispositivi dotati di sensori per aiutare gli anziani: «Il mondo che immagino è quello dove la tecnologia è davvero in grado di migliorare la vita di tutti noi».
«All’età di quattro anni, mio nonno e io camminavamo in un parco in Giappone e lui, di colpo, si perse. Fu uno dei momenti più spaventosi che abbia mai vissuto. Fu anche il primo episodio che ci fece capire che mio nonno aveva il morbo di Alzheimer».
Kenneth Shinozuka ha 16 anni e nella vita ha un obiettivo: progettare e creare dispositivi che possano migliorare la vita delle persone anziane. Come suo nonno. Nonostante il cognome che rivela le sue origini, Kenneth vive e studia a New York. Nel 2014 ha vinto il premio Scientific American Science in Action Award della Google Science Fair. Ha diverse passioni come il trekking e il nuoto ma, sopra ogni cosa: «Mi piace trovare soluzioni ai problemi».
Un calzino speciale per combattere l’Alzheimer
«Qual è la peggiore minaccia che incombe sulla salute degli americani? Cancro? Attacchi cardiaci? Diabete? No, è il morbo di Alzheimer» spiega Kenneth «Ogni 67 secondi, a qualcuno negli Stati Uniti viene diagnosticato l’Alzheimer. Il numero dei malati triplicherà entro il 2050, e assisterli, così come assistere il resto della popolazione anziana, diventerà un’insormontabile sfida sociale».
Kenneth è cresciuto in una famiglia con tre generazioni e il rapporto con suo nonno è sempre stato molto forte. «Dopo l’evento del parco le sue condizioni sono andate sempre peggiorando. Si alzava la notte e vagabondava. Più volte si è fatto male nonostante mia zia si prendesse cura di lui. Ho iniziato a temere per la salute di entrambi».
La soluzione al problema si manifestò nel 2013 quando Kenneth, badando al nonno, lo vide poggiare il piede per terra per scendere dal letto: «Perché non mettere un sensore a pressione sotto il suo tallone? Se avesse messo il piede sul pavimento e fuori dal letto, il sensore sarebbe stato in grado di rilevare un aumento di pressione dovuto al peso corporeo e avrebbe mandato un allarme sonoro allo smartphone del badante».
Come funziona il sensore
Così è nata l’idea del calzino smart che, finora, ha segnato la vita e la crescita, umana e professionale, di Kenneth: «Quando stesi il progetto, mi resi conto di tre sfide principali: primo, creare un sensore; secondo, progettare un circuito; terzo, sviluppare un’app per il cellulare».
Il sensore che il giovane scienziato avrebbe dovuto creare era abbastanza inusuale: «Doveva essere abbastanza sottile e flessibile da essere portato comodamente sotto il piede del paziente». Dopo aver scartato materiali come la gomma, troppo spessa per essere indossata comodamente sotto il piede, la scelta è ricaduta su un sensore a pellicola con particelle elettroconduttive di inchiostro sensibili alla pressione: «Applicando pressione, aumenta la connettività fra le particelle. Così, ho potuto progettare un circuito che misurasse la pressione misurando la resistenza elettrica».
Ma non era certamente finita qui: «Il circuito, invece, doveva essere indossabile senza fili. Ma trasmettere il segnale wireless è un’operazione che consuma molta energia e richiede batterie pesanti e scomode». La soluzione? Il Bluetooth. «Una tecnologia che consuma poca energia e può essere alimentato da una batteria a bottone». In tal modo il sistema rimane sempre attivo e non si rischia che si scarichi durante le ore notturne.
Terzo e ultimo passo: un’applicazione per smartphone facile da usare ed efficace. «L’ho programmata in modo che lo smartphone del badante si trasformi in un monitor remoto». Intuitivo per tutti. Anche per chi non è così amico della tecnologia.
I test e il mercato (arriverà nel 2016)
Attualmente esistono due prototipi del calzino: nel primo il sensore è incorporato nell’indumento; nel secondo il sensore può essere smontato e attaccato in qualsiasi punto a contatto con la pianta del piede del paziente. «Ho testato il dispositivo su mio nonno per circa un anno con una percentuale di successo del 100 per cento nell’individuare gli oltre 900 casi conosciuti dei suoi vagabondaggi». Ora il sistema di Kenneth viene testato in molte case di riposo della California.
Nel 2016, dopo aver ricevuto tutti i feedback e migliorato alcuni dettagli, il calzino dovrebbe essere pronto per la sua commercializzazione. «Ma sto studiando anche altre soluzioni. Non tutti, ad esempio, amano indossare i calzini durante la notte». In più tutti i dati che sono stati raccolti possono contribuire allo studio della malattia: «Per esempio sto studiando la correlazioni fra la frequenza dei vagabondaggi notturni del paziente, l’attività diurna e l’alimentazione».
Tutto per cercare di essere davvero utili e di mettere i propri talenti a disposizione del mondo: «Non dimenticherò mai quando il sensore segnalò per la prima volta il vagabondaggio notturno di mio nonno. Il mondo che immagino è quello dove la tecnologia è davvero in grado di migliorare la vita di tutti noi».