Il presentatore e conduttore radiofonico ha recentemente svelato di soffrire di aritmie cardiache, raccontando il percorso di accettazione del defribillatore che da 17 anni porta impiantato nel petto. “Credo molto nel potere della condivisione e spero di poter essere di ispirazione per chi sta affrontando qualcosa di simile a quello che ho passato io”.
“Libera!”. Quante volte nei film abbiamo visto arrivare un paziente su una barella con tutt’attorno i medici che cercano di rianimarlo dandogli delle scosse con due piastre simili a due ferri da stiro. Quello strumento, che si chiama defibrillatore, serve per far ripartire un cuore fermo oppure per stabilizzarne il battito.
Qualcuno lo porta sempre con sé, in formato “mini”, impiantato sottopelle. Gianluca Gazzoli, classe 1988, è uno di questi. Presentatore, conduttore radiofonico, youtuber, sui suoi canali social è un distillato di entusiasmo, energia e positività. A fine marzo ha annunciato di vivere da 17 anni con un defibrillatore portatile, un compagno silenzioso che si attiva all’occorrenza, quando il cuore inizia a battere troppo forte. Per ritrovare il giusto ritmo, il dispositivo fa partire delle scosse fortissime, che scaraventano a terra il proprietario, ma lo mantengono in vita.
Gazzoli ha raccontato la sua storia in un libro recentemente uscito per Mondadori, Scosse. La mia vita a cuore libero: “Parlo di un aspetto che non ho mai condiviso con nessuno, a parte gli affetti più stretti – spiega –. Per 17 anni ho temuto il giudizio altrui e ho avuto paura di essere trattato con compassione”.
Quella di Gazzoli è un’aritmia cardiaca: il suo cuore, quando è sottoposto a un mix di stress fisico ed emotivo, inizia a battere forte, troppo forte. Il defibrillatore che porta impiantato nel petto gli serve per rallentare la corsa. Aritmie come la tachicardia o la fibrillazione atriale possono portare all’arresto cardiaco, che ogni anno provoca circa 60.000 decessi solo in Italia (nel 2020 si è registrato un +40%).
“Spesso purtroppo leggiamo di persone che muoiono improvvisamente su un campetto di periferia. Atleti apparentemente sani e in forma che si accasciano e non si rialzano più”, ricorda Gazzoli. E il problema non riguarda solo i dilettanti: “Proprio qualche giorno fa il giocatore Nba LaMarcus Aldridge ha annunciato il suo ritiro dal basket per uno scompenso cardiaco. È incredibile come un problema del genere possa essere scoperto a quell’età in un atleta professionista. Spero che la mia storia possa spingere le persone a farsi controllare, a non prendere sottogamba le visite mediche e a cercare la causa del loro malessere. Non è sempre facile: a me per oltre un anno non hanno trovato nulla”.
Il potere della condivisione
Le prime avvisaglie che ci fosse qualcosa che non andava Gazzoli le ha durante il primo anno delle superiori, durante l’ora di educazione fisica. “Stavo correndo il test di Cooper, 12 minuti percorsi al massimo della velocità possibile, quando d’improvviso sento il cuore partire a mille – racconta – È strano: non sono stanco né affaticato, eppure sono costretto a rallentare, poi a fermarmi, la testa inizia a girare, mi si annebbia la vista”. Quell’episodio si ripresenterà molte volte nei mesi successivi, in un campo da calcio, al campetto del basket.
Dopo un anno passato a fare test senza alcun risultato significativo, arriva la diagnosi: aritmia ventricolare. Le conseguenze sono lo stop a ogni tipo sport e l’impianto del defibrillatore. Questo strumento è poco più piccolo di un pacchetto di sigarette e va portato a vita. Ogni 8-10 anni suona per avvisare che le batterie sono scariche. A quel punto serve un nuovo intervento per la sostituzione.
“Da quando è uscito il libro per la prima volta mi sto confrontando con persone che hanno la mia stessa patologia o qualcosa di simile. Vedo che tanti sono bloccati, non accettano di avere un problema. L’ho fatto anch’io per tanti anni, sfidando il mio defibrillatore. Ho poi iniziato ad accettare tutto questo quando ho capito che quello che mi stava succedendo mi rendeva speciale e diverso dagli altri, in modo positivo. Credo che sia un percorso che tutti quelli che hanno un problema di salute devono compiere e con la condivisione della mia storia vorrei dimostrare che si possono girare a proprio vantaggio anche situazioni in partenza molto negative. Penso che l’energia che oggi metto nelle cose dipenda anche da questo mio vissuto particolare”. Per anni Gazzoli ha temuto di avere un attacco su un palco o durante una diretta alla radio: “Ce l’ho ancora, ma negli anni ho imparato a gestirla. E poi se dovesse succedere ormai tutti conoscono il mio segreto!”, sorride il presentatore.